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Virtual Assistant e AI per rendere l’azienda smart

Si sta assistendo ad un paradosso interessante: nonostante l’ubiquità di Siri, Alexa e Cortana, i Virtual Private Assistant (VPA) – la nuova generazione di assistenti personali – restano ancora legati soprattutto alla sfera domestica, più che al luogo di lavoro.

Fortunatamente, lo spettro delle potenzialità legate a questa tecnologia, così come alle altre applicazioni smart basate su intelligenza artificiale, si sta aprendo al di là degli smartphone e dell’ambiente domestico, fino a giungere alla soglia di una radicale disruption dell’ambiente di lavoro.

Entro il 2021, Gartner prevede che il 40% delle nuove applicazioni aziendali proposte dai service provider includerà tecnologie AI: queste guideranno un processo trasformativo che aumenterà la produttività dei dipendenti e ridurrà i costi, ottimizzando i modelli operativi e i processi aziendali. D’altra parte, le applicazioni che utilizzano dati storici e in tempo reale per arricchire e personalizzare la customer experience sono da tempo viste, inevitabilmente, attraverso una lente consumer- centric. Di conseguenza, spesso si rischia di perdere di vista i vantaggi e le criticità legate all’applicazione di queste tecnologie anche nell’ambito della forza lavoro, che svolge un ruolo chiave proprio nel supportare la customer experience stessa.

Inoltre, il potenziamento dei dipendenti tramite applicazioni intelligenti in grado di semplificare il loro ruolo e, di conseguenza, di aumentare le loro performance, ottimizzare le comunicazioni, la collaborazione e il loro engagement, può incrementare in modo significativo il business value e influenzare positivamente gli standard dei servizi offerti.

Il mondo è cambiato in modo rilevante dagli albori dell’automazione delle mansioni e delle task sul posto di lavoro nei primi anni ’90, quando l’elaborazione delle fatture o la riconciliazione degli ordini di acquisto erano le principali capacità dei sistemi automatici. Attraverso le tecniche di machine learning – che permettono di trarre una conoscenza più approfondita dai dati – le nuove tecnologie possono ora svolgere compiti sempre più complessi e time- consuming, quel tipo di compiti che indeboliscono la concentrazione e “consumano” energia, minando così la produttività dei dipendenti.

Si pensi ad esempio all’attività di screening e lettura quotidiana delle mail. Uno studio di McKinsey & Co ha scoperto che i top manager trascorrono in media il 38% del loro tempo svolgendo questa attività. In questo ambito, l’utilizzo di VPA in grado di individuare le priorità all’interno della corrispondenza può avere ripercussioni significative, liberando tempo da dedicare alle proprie mansioni principali e agli sforzi più creativi.

Come accade per un assistente personale in carne ed ossa, i tentativi iniziali di gestione automatizzata della posta elettronica non saranno senza prove ed errori, dal momento che i VPA si trovano ancora lungo la curva di apprendimento. Tuttavia, i VPA sono pensati e progettati per imparare e migliorarsi continuamente: man mano questi approfondiranno la comprensione del comportamento dei dipendenti e delle loro task, si assisterà ad un’ottimizzazione e ad un raffinamento del loro agire in modo che il loro intervento diventi sempre più rilevante.

Si considerino inoltre i vantaggi legati alle riunioni e ai meeting, vantaggi che vanno oltre la pianificazione automatica. L’utilizzo di comandi vocali per registrare riunioni e incontri permette di compilare e inviare i verbali ai partecipanti più velocemente e con maggiore precisione, riducendo il tempo e gli sforzi compiuti nella trascrizione “manuale”. Allo stesso modo, la diffusione della realtà virtuale e delle esperienze immersive segnerà la fine dei giorni in cui le presentazioni di Power Point rappresentavano l’unica “distrazione” visiva durante le riunioni.

L’utilizzo di visori di realtà virtuale per consentire ai team interni di esplorare e discutere le strategie di produzione e di marketing utilizzando i prototipi digitali è solo un modo in cui i processi che ruotano attorno alla ricerca e allo sviluppo potranno essere notevolmente accelerati, aumentando notevolmente la collaborazione.

Così come l’AI sta diventando un prerequisito per i software ERP nelle aziende, con gli sviluppi a valanga degli ultimi anni, si sta assistendo anche all’aumento esponenziale dei dati non strutturati che le imprese possono trasformare in actionable insight.

È una sfida che richiede una gestione “astuta”, in termini sia di creazione di una cultura data- driven sia di implementazione di soluzioni di advanced analytics in azienda. L’applicazione di algoritmi di text-mining per scoprire le relazioni tra le fonti di dati renderà possibile infatti attenuare l’elevata complessità insita nei big data, mentre interfacce user- friendly e strumenti auto- esplicativi di visualizzazione dei dati porteranno “alla vita” questa intelligenza.

Pertanto, è fondamentale intendere le applicazioni intelligenti non come parte di un più vasto ecosistema di applicazioni, ma piuttosto come entità distinte, in quanto queste devono essere supportate da fondamenti architettonici agili e integrati in grado di condurre processi aziendali autonomi e adattabili. I microservice e la capacità di utilizzare in una logica plug-and-play i diversi modelli e servizi di machine learning per fornire funzionalità specifiche diventa quindi l’elemento più rilevante. Inoltre, dal momento che i dipendenti lavorano in modo più collaborativo, specializzandosi sempre più nei loro ruoli, i processi tradizionali devono allontanarsi dalla standardizzazione, in una logica di personalizzazione ad hoc e di contestualizzazione.

Ed è proprio il matrimonio di questi due trend distinti che porterà all’impresa veramente intelligente.

A cura di Maurizio Canton, CTO EMEA Region, TIBCO

Questo articolo è apparso ed è stato tradotto dal blog di TIBCO