Questo mese abbiamo fatto colazione con: Gianfranco Scocco, CIO di Coopservice
Coopservice è una delle realtà di riferimento nel panorama italiano dei servizi integrati di facility. Una realtà labor-intensive, forte di un organico di gruppo pari a circa 26mila dipendenti, dove però la trasformazione digitale è entrata a pieno titolo e sta incidendo sui processi e sulle abitudini stesse delle persone. Ci aiuta a capire in quale modo il Cio della società, Gianfranco Scocco.
Cosa significa fare innovazione in una realtà come la vostra?
L’innovazione è un concetto per noi pervasivo tanto da esserci dotati di una funzione interna specifica, integrata nei servizi di progettazione e indipendente dall’It. Se questa entità ha una natura prettamente creativa e rivolta soprattutto al mercato, per noi primario, della Pubblica Amministrazione, poi occorre mettere a terra le idee generate e qui entra in gioco la parte digital. In pratica, dietro ognuno dei servizi che offriamo, troviamo strumenti tecnologici a supporto, sia che si tratti della tracciabilità di quanto offerto sia della sua rendicontazione. Un’operazione, quest’ultima, per noi particolarmente complessa a causa della polverizzazione delle entità che operano sul territorio e soprattutto della diversità della nostra clientela.
Come si coniuga la necessità di seguire il business nelle sue evoluzioni con le iniziative che l’It deve mettere in campo per migliorare le proprie prestazioni e i processi che la riguardano?
Si tratta di due aspetti correlati fra loro e anche il rinnovamento strettamente infrastrutturale richiede un adeguato collegamento con le esigenze del business. Nel 2018 abbiamo fatto la scelta di campo del cloud ibrido, consci dell’esigenza di dover mantenere componenti on premise, ma decisi a migrare il possibile e a sviluppare le nuove soluzioni in logica cloud-first. La trasformazione è stata importante ed è stato da subito evidente che, per mantenerla nel tempo, era necessario affrontare il tema della revisione applicativa, in particolare delle metodologie di sviluppo, che noi facciamo internamente ancora in larga misura. Abbiamo abbracciato il modello a container e microservizi e abbiamo scelto una piattaforma che ci consentisse di mantenere lo stesso modello sia on premise che in cloud. Di lì a poco abbiamo sviluppato un primo progetto, per noi rivoluzionario, basato sull’introduzione di un portale e di una app, a disposizione di tutti i dipendenti, per consentire il collegamento e la comunicazione fra i lavoratori sul campo e l’azienda. Su questa piattaforma, non solo il dipendente può visualizzare tutto ciò che lo riguarda, dalle informazioni anagrafiche ai cedolini, ma riceve informazioni sulla vita aziendale e istruzioni operative sulla pianificazione del proprio lavoro, rendendo possibile una completa tracciabilità delle attività. Il tutto con una interfaccia semplice e immediata che ha facilitato notevolmente l’adozione di questi strumenti anche da parte di persone con una limitata attitudine tecnologica.
A che punto siete oggi lungo questo percorso?
Abbiamo ulteriormente sviluppato nel tempo il modello a microservizi e di progettazione delle applicazioni, mentre ultimamente stiamo andando in direzione della componentizzazione. Già usavamo le Api per far parlare tra loro le applicazioni, ma ora esse arrivano a esporre vere e proprie funzioni di business, in modo tale che tutto diventi un patrimonio dell’azienda. Questo ci ha portato ad accelerare notevolmente l’integrazione dei processi di rendicontazione e la relativa emissione degli ordini di vendita e delle fatture, potendo recuperare i requisiti contrattuali del nostro ecosistema.
Come si sviluppa nel vostro caso il rapporto fra It e funzioni di business?
Partecipando ai comitati di direzione nel mio ruolo di Cio, l’It è coinvolta in tutti i processi di trasformazione che l’azienda decide di affrontare. Viviamo una dialettica piuttosto comune nelle imprese strutturate, con inevitabili discussioni su tempi e modalità di introduzione di determinati servizi o innovazioni, ma anche una sostanziale condivisione di requisiti e obiettivi dei progetti. Abbiamo definito un piano di digitalizzazione che sta procedendo per passaggi strutturati e che ha già prodotto risultati concreti, come quelli che abbiamo già accennato, sul fronte del ciclo attivo e passivo e della rendicontazione. Ma abbiamo progettato e implementato anche un sistema di Enterprise Service Management, estendendo un concetto tipico dell’It anche ad altre funzioni aziendali e supportando le risorse umane nel progetto di smart working, che si sta avviando a diventare strutturale.
Quali sono le aree di innovazione e di frontiera che state analizzando in questo periodo?
Ci stiamo muovendo in due direzioni principali. La prima è l’introduzione del concetto di DevSecOps, per concentrarci sulla sicurezza del codice rilasciato, la sua qualità e l’agilità nel rilascio delle applicazioni. La seconda concerne l’implementazione di una data platform, seguendo la logica datalakehouse, in linea con l’assunto dell’ultimo piano industriale di spingere verso un’azienda data-driven per il supporto decisionale, abbattendo così i silos informativi e creando le giuste correlazioni nell’eterogeneità delle fonti di provenienza dei dati.
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