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Una digitalizzazione a doppio binario, interna e verso i clienti

 

Giovanni Di Stefano

Nel mondo manifatturiero, la trasformazione digitale sta viaggiando sul doppio binario dell’evoluzione dei processi aziendali e degli ambienti di fabbrica. Se nel primo blocco ritroviamo temi comuni al resto del panorama industriale (dalla collaboration alle relazioni con la clientela, per fare degli esempi), il secondo è tipico di un comparto che fonda il corpo centrale del proprio business sulla produzione e sugli stabilimenti dove si realizza. Questi ultimi ambienti sono stati per diverso tempo un terreno quasi pionieristico di innovazione, a partire dall’automazione di fabbrica introdotta in molti casi oltre trent’anni fa. Gli sviluppi tecnologici dei tempi più recenti hanno quantomeno riequilibrato (se non ribaltato) il ritmo dell’innovazione fra il mondo IT e quello OT, non riuscendo però sempre a creare l’armonizzazione necessaria fra dipartimenti con priorità spesso differenti.

In questo contesto, comunque, gli ambienti di produzione si trovano oggi ad affrontare diverse sfide, che vanno dall’efficienza operativa dei macchinari e delle persone che le controllano all’introduzione dell’IoT industriale e dell’intelligenza artificiale. Su questi temi, ci siamo intrattenuti con Giovanni Di Stefano, Responsabile dell’Ingegneria delle soluzioni di automazione avanzata e della robotica di Comau, società del gruppo Stellantis che realizza prodotti e sistemi di produzione robotizzati, ma si occupa anche di project management, consulenza, manutenzione e formazione per una grande varietà di segmenti industriali.

Nella vostra realtà, quali sono i principali fattori che animano i progetti di trasformazione digitale, quali i processi maggiormente coinvolti e gli obiettivi che si intendono raggiungere nel breve e nel lungo termine?

Il business di Comau ha una doppia sfaccettatura. Da un lato siamo produttori di robot o altri prodotti industriali (esoscheletri o sistemi di visione, per esempio), mentre dall’altro svolgiamo un ruolo di integratori per i nostri clienti. Il percorso di digitalizzazione riguarda entrambe le anime dell’azienda e segue tragitti differenti, seppure con punti di convergenza non trascurabili. Basti pensare alla scelta del cloud, che serve a noi direttamente tenere sotto controllo il costo capitale dell’infrastruttura, ma anche di agevolare i processi di digitalizzazione dei nostri clienti attraverso la strada della servitizzazione. Sui nostri prodotti, il peso dell’innovazione è molto elevato e parte integrante della nostra value proposition, mentre nel rapporto con la clientela dobbiamo confrontarci con ogni specifica realtà, anche se ci sono temi come la cybersecurity, l’IoT industriale o l’intelligenza artificiale, che sono comuni, pur seguendo declinazioni diverse.

Quali use case descrivono meglio l’impatto dell’innovazione sul vostro modo di lavorare e dove occorre ancora fare sforzi aggiuntivi per migliorare?

Al nostro interno, possiamo citare l’utilizzo dei digital twin, che ha introdotto la possibilità di testare a monte gli impatti di ciò che andrà poi a essere integrato nei nostri sistemi industriali, portando a una velocizzazione del time to market e a una parallela riduzione dei rischi e dei costi di produzione. Verso la clientela, nodale è la possibilità di raccogliere ed elaborare i dati che provengono dalle macchine, soprattutto per poter fornire un servizio più efficiente e, con l’introduzione dell’intelligenza artificiale, passare dalla manutenzione preventiva a quella predittiva, che consente di intervenire, per esempio, su un componente prima di una possibile rottura già preconizzabile perché calcolata sulle serie storiche raccolte e analizzate a monte.

Visto che l’argomento è stato introdotto, quali sono gli ambiti sui quali state maggiormente studiando un’evoluzione dettata dall’introduzione dell’intelligenza artificiale?

Stiamo iniziando a introdurre queste tecnologie sui sistemi di visione e sulla gestione delle cinematiche dei robot. I nostri primi sistemi di image processing risalgono al 2017 e all’epoca era necessario scrivere algoritmi che poi diventavano resilienti in corso d’uso, monitorando tutti gli scostamenti funzionali. Ora con l’intelligenza artificiale questa resilienza può essere ottenuta automaticamente. In generale, però, ci stiamo muovendo con prudenza perché occorre tenere sotto controllo i risultati che l’AI produce e che non sempre sono affidabili, per cui procediamo innovando piccole componenti software all’interno di sviluppi più complessi. La reportistica fatta in generative AI è un altro sviluppo certamente importante, stiamo ad esempio testando l’utilizzo di Chatbot basati su AI per agevolare l’utilizzo e la consultazione dei nostri manuali di uso e manutenzione[1] . L’image Processing ha fatto un notevole balzo in avanti e questo si può verificare sulle capacità di movimento efficace dei robot e sull’ispezione di qualità, In questo caso potendo insegnare all’intelligenza artificiale quando un determinato prodotto contiene le corrette caratteristiche e non presenta difettosità. On top, stiamo testando l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sulle cinematiche dei robot per insegnare alle macchine come muoversi al meglio.

Quali sono i progetti più interessanti sui quali state lavorando per il futuro?

Stiamo cercando di andare il più possibile sul generative design, poiché una parte significativa del nostro lavoro è fatto di analisi di accessibilità e conformità sulle componenti che via via andranno a costituire Il prodotto finale. L’analisi delle compenetrazioni fra solidi porta      via parecchio tempo e si costruisce sulle regole che ci servono per disegnare. Riuscire a trasferire queste regole a una AI sarebbe un bel passo avanti. Stiamo però parlando di sviluppi di frontiera, sui quali non è semplice individuare i partner corretti con i quali lavorare.

 

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