Fino a qualche anno fa con alternative finance si intendevano tutte quelle iniziative legate al “terzo settore”, ovvero al finanziamento a scopo benefico di cooperative, comunità ed imprese che si avvalgono di particolari regole societarie, non direttamente legate al mercato del lavoro o ad istituzioni statali pubbliche.
Oggi il fenomeno è più diffuso e variegato, soprattutto grazie all’avvento dei Social e della Sharing Economy: pur continuando a comprendere attività di beneficenza (come ad esempio il micro-credito …), si è esteso a forme di finanziamenti ed investimenti legati al mondo del business, talvolta in diretta concorrenza con i servizi proposti dalle Banche tradizionali.
Un fenomeno quindi da conoscere, studiare e misurare. In UK, culla della finanza mondiale, dove esiste una lunga tradizione nel cercare di definire e quantificare fenomeni di cui è difficile definire l’effettiva portata, uno studio della società Nesta in collaborazione con l’Università di Cambridge ha analizzato l’impatto dell’alternative finance nel Regno Unito.
Il termine crowdfunding (con cui si intende quel processo collaborativo, di uno o più gruppi di persone, che utilizza il proprio denaro in comune per finanziare persone, organizzazioni e piccole imprese) è quello che appare con più frequenza, declinato in equity, rewards and donation, a seconda del ritorno atteso dal finanziamento effettuato: in denaro (equity crowdfunding); in un ritorno tangibile ma non finanziario, ad esempio nel caso di finanziamenti ad una cooperativa agricola che distribuisce i frutti del suo lavoro (rewards crowdfunding); senza attesa di un qualsiasi ritorno tangibile (donation crowdfunding).
A questo si sono aggiunte nel tempo altre forme di raccolta di finanziamenti, alcuni proprio grazie alla diffusione di nuovi strumenti in grado di mettere in contatto tra loro le persone, come appunto i siti Social: peer-to-peer business lending (nel caso di finanziamento ad imprese e/o startup); peer-to-peer consumer lending (nel caso di finanziamenti a privati cittadini).
Ma qual è il valore del mercato dell’alternative finance e quali sono i suoi tassi di crescita? Lo studio dà l’idea di un mercato che in valore assoluto non ancora in grado di concorrere con il mercato dei capitali, ma molto, molto dinamico in relazione ai tassi di crescita.
Il mercato dell’alternative finance è infatti più che raddoppiato, anno su anno, passando da 267 milioni di sterline del 2012 a 4,4 miliardi di sterline nel 2015.
I motivi di questa vertiginosa crescita sono da ricercare soprattutto nella spinta che la diffusione dei siti social e del mobile ha dato a questo tipo di finanza, mettendo in contatto diretto domanda ed offerta di capitali, e rendendo pubblici e partecipativi, anche dal punto di vista emotivo, fenomeni e fatti che una volta erano confinati nella sfera individuale o in una ristretta cerchia sociale. E’ un successo globale, simile a quello di iniziative come Airbnb, nel campo del turismo che si sviluppa al di fuori dei canali tradizionali, o di Uber, che ha incendiato il settore del trasporto pubblico in tutto il mondo.
Non a caso, se si analizzano i valori di mercato delle varie componenti dell’alternative finance ed il loro relativo tasso di crescita dal 2012 al 2014 ci si accorge come siano proprio le iniziative di peer-to-peer lending e dell’equity crowdfunding a fare la parte del leone. Queste motivazioni “social”, unite ad una maggiore ricerca di un ritorno finanziario dell’investimento, testimoniano la nuova caratterizzazione della finanza alternativa, accentuando lo spostamento da attività di beneficenza a nuova e concreta forma di finanza: fenomeno da valutare attentamente da parte dell’incumbent banking.
Per contestualizzare questi dati nel mercato complessivo della finanza UK, si deve tener conto che entro la fine del 2015 oltre 7.000 piccole e medie imprese riceveranno, dai canali della finanza alternativa, finanziamenti per circa un miliardo di sterline, pari al 2,4% dei prestiti bancari nazionali per le PMI per il 2013 (dati della Banca d’Inghilterra): non sono percentuali che oggi possono preoccupare le banche, ma i tassi di crescita a tre cifre dell’alternative finance sono sicuramente un campanello d’allarme per le Istituzioni finanziarie di tutto il mondo.
Per capire se questi tassi di crescita sono destinati a continuare, l’indagine condotta in UK ha affrontato il tema di quanti, su un campione di 2.000 individui, fossero a conoscenza di forme di finanza alternativa, e quanti se ne fossero serviti finora. Ebbene, il 42% ha risposto di non conoscerne nessuna, e, del 58% di chi ne è a conoscenza, solo il 14% l’ha usata. Percentuali poco dissimili tra le 506 PMI intervistate. Questi dati testimoniano che c’è ancora un vasto potenziale di crescita, che, se da un lato è aiutata dall’enorme spinta innovativa delle piattaforme della social economy, dall’altro deve fare i conti con l’immagine di fiducia e stabilità che le Istituzioni finanziarie tradizionali ancora ispirano nel mercato.
Rimangono, legati alla relativa recente diffusione di questi strumenti finanziari, alcuni interrogativi cui lo studio stesso si dichiara non in grado di rispondere:
- Oggi la finanza alternativa è utilizzata soprattutto da PMI, individui, startup con difficoltà a finanziarsi, progetti sociali: sarà così anche in futuro o si affacceranno nuovi player?
- Oggi un crescente numero di persone, organizzazioni e piccole imprese si rivolgono all’alternative finance perché non sono in grado di accedere ai tradizionali canali del credito: questa tendenza continuerà? I relativi tassi di crescita continueranno a salire?
- Oggi il principale driver del crowdsourcing è quello di essere parte di un progetto in cui si crede: il modello continuerà ad essere attraente, per chi vuole donare, prestare o investire soldi?
- Qual è l’impatto socio-economico della finanza alternativa e quali sono i risultati nel tempo di coloro che hanno raccolto fondi in questo modo?
- Come le persone vengono a conoscenza dei vari modelli di finanziamento alternativi e qual è il grado di soddisfazione nell’averli utilizzati?
E la situazione in Italia? Non è dissimile da quella UK, e i dati di diffusione dei Social Network sui nostri telefonini ci porterà sempre più ad interessarci e ad usare questi strumenti di finanza alternativa.
A cura di Franco Vigliano, The Innovation Group
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