Dall’osservatorio Microsoft si sta assistendo alla grande diffusione di alcune tematiche (smart working, cloud) soprattutto in Italia, uno dei Paesi che è cresciuto di più sia in termini di utilizzo degli strumenti sia di investimenti dedicati.
Con riferimento allo smart working, le grandi aziende hanno effettuato l’immediato deployment su tutti i dipendenti di progetti che erano già stati avviati, trasferendoli in smart working in breve tempo e ottenendo benefici soprattutto in termini di miglioramento di produttività.
Nelle aziende sta nascendo la consapevolezza che si sta ridisegnando un “new normal” in chiave digitale: in questo senso il digitale potrebbe realmente svolgere una funzione anticiclica rispetto all’economia reale. Va, tuttavia, compreso che lavorare in maniera digitale e smart non implica semplicemente aver completato il rollout degli strumenti ma soprattutto aver accompagnato questo processo con un radicale cambiamento del modo di lavorare. Ciò implica, innanzitutto, modificare la struttura della leadership aziendale, adottando una nuova visione, accompagnando le persone in un percorso di autonomia e ragionando sul raggiungimento di determinati obiettivi e risultati.
Le aziende non sono più solo focalizzate sul recovery: ad uscire più forte dalla crisi sarà chi, sin da ora, rifletterà su tematiche che saranno sempre più strategiche, quali, ad esempio, la sicurezza, il Customer Engagement, come utilizzare i Chatbot o l’Artificial Intelligence in azienda, come rimodulare la supply chain e più in generale il modello di business complessivo.
Per quanto riguarda i contesti scolastici e universitari, anche in questi ambiti si è assistito all’introduzione di nuove modalità di istruzione e formazione: al riguardo si riporta l’esempio dell’Università di Bologna che in tempi record ha trasferito tutte le proprie attività online. Ad apprezzare l’e-learning sono stati soprattutto gli studenti, un trend che inevitabilmente induce a riflettere sulle modalità con cui ristrutturare e ridisegnare le attuali offerte formative. Un forte interesse è stato mostrato, inoltre, anche dagli insegnanti (al riguardo Microsoft, attraverso i propri programmi, ha avviato e concluso programmi di formazione su circa 100.000 docenti).
Tuttavia, i casi di eccellenza finora menzionati rappresentano esperienze sporadiche: sono ancora numerose le realtà indietro nel percorso di trasformazione digitale che di fatto non sono riuscite ad affrontare la situazione di emergenza con la stessa efficacia dei contesti più avanzati.
Diverse best practices possono, inoltre, essere rilevate anche all’interno della Pubblica Amministrazione: si pensi, ad esempio, all’Inail, all’Istituto Spallanzani e ad altre strutture ospedaliere all’avanguardia in cui si riportano esperienze di interesse come il rilascio di un chatbot che effettua un triage digitale. Grazie alla piattaforma Microsoft Teams si è potuto assistere, inoltre, alle prime esperienze di telemedicina. Si tratta di attività che generalmente avrebbero richiesto tempi molto più lunghi e che invece adesso sono state realizzate con una velocità inaspettata.
Oltre al recovery, per l’Italia la vera sfida sarà riflettere sul “reinvent”, riuscire a pensare al futuro in modo accelerato: innanzitutto sarà necessario creare roadmap strategiche che vedano nella riduzione dei tempi di pianificazione e controllo delle imprese il principale presupposto. Nella ripartenza non bisognerà, inoltre, dimenticare le realtà che hanno affrontato la crisi partendo da una situazione di già notevole svantaggio: è soprattutto a questi contesti che bisognerà dedicare il maggiore impegno.
L’Italia è uno dei Paesi più esposti al mondo, che ha affrontato la crisi con delle ben note fragilità pregresse, sia economiche sia sociali essendo dotata di una struttura sociale e produttiva intrinsecamente più esposta a determinati rischi: si ricorda che in Italia il 65% delle mansioni lavorative non può essere svolto in smart working, un fenomeno dovuto principalmente all’elevata percentuale di occupati nelle PMI (un dato che va ben oltre la media dei Paesi industrializzati) e all’alto impatto in termini di GDP di settori quali hospitality, retail e transportation.
In questo scenario è, dunque, necessario iniziare a riflettere quanto prima sul futuro del lavoro, una tematica che dovrà essere affrontata da tutti gli stakeholder, cercando di comprendere come gestire al meglio un processo di cambiamento radicale tale per cui alcuni lavori inevitabilmente scompariranno ed altri verranno reinventati. È un processo complesso ma allo stesso tempo dalle grandi opportunità, che impone innanzitutto di sviluppare, a livello di ecosistema, attività di reskilling ed upskilling.
“Reiventare” non vuol dire solo tutelare chi oggi non possiede un lavoro ma anche iniziare a pensare, sin da ora, quali saranno i lavori del futuro e come crearli: ciò sarà necessario soprattutto in un Paese, come l’Italia, che soffre di un gravissimo gap di competenze digitali.