L’impegno della tecnologia per la sostenibilità si concretizza in molti modi, più o meno decisivi per il futuro del Pianeta, tra operazioni di green washing e reale cambiamento. Molte aziende, tecnologiche e non, oggi stanno orientando gli sforzi verso un miglioramento della sostenibilità del proprio business o di quello dei clienti e tra quelle più attive (almeno sul piano della comunicazione) c’è sicuramente Huawei. In un recente evento, tra i cui ospiti spiccava il premio Nobel per l’economia del 2018, William Nordhaus, la società cinese ha annunciato alcuni dei risultati raggiunti da Huawei Digital Power, una sua sussidiaria avviata la scorsa estate, la cui missione è quella di sviluppare sistemi tecnologici che permettono di tagliare i consumi di energie non rinnovabili e le emissioni di gas serra. Sistemi destinati, per esempio, ai data center, alle reti di telecomunicazione e alle automobili elettriche.
Finora le soluzioni di Huawei Digital Power già adottate hanno permesso alle aziende clienti di generare 443,5 miliardi kWh di energia pulita e di risparmiare 13,6 miliardi kWh di elettricità. Numeri che equivalgono a una riduzione delle emissioni di carbonio di 210 milioni di tonnellate e alla piantumazione di 290 milioni di alberi, secondo i calcoli di Huawei.
“Nell’arco dei prossimi 30-40 anni la digitalizzazione e la riduzione delle emissioni di carbonio acquisteranno sempre più importanza”, ha commentato Hou Jinlong, senior vice president di Huawei e presidente di Huawei Digital Power. “La trasformazione digitale richiede tecnologie digitali, mentre la riduzione delle emissioni richiede tecnologie dell’elettronica di potenza. Con l’ulteriore diffusione di questi trend, l’industria energetica globale si trasfomerà e, guidata dalla tecnologia, diventerà indipendente dalle risorse”. Il dirigente ha rimarcato che Huawei sta collaborando con clienti e partner in tutto il mondo per costruire case, fabbriche, campus, villaggi e città a ridotte emissioni di carbonio.
Durante l’evento, William Nordhaus ha fatto appello alle autorità governative di tutto il mondo, sottolineando come debbano aumentare i propri investimenti in ricerca e in tecnologie per la riduzione delle emissioni di carbonio. La richiesta avanzata da Neil Bush, presidente e fondatore della George H.W. Bush Foundation for US-China Relations, è stata invece quella di una maggiore collaborazione tra i due Paesi (i cui rapporti già storicamente tesi hanno risentito, negli ultimi anni, dell’inasprimento della rivalità economica e delle tensioni commerciali). “In molti stanno adottando una pericolosa mentalità a somma zero che sfida ogni buon senso”, ha detto il figlio di George W. e Barbara Bush . “Il successo della Cina non toglie nulla al nostro e viceversa. Soprattutto nel campo della tecnologia, se la Cina e gli Stati Uniti collaborassero, sarebbe possibile innovare in maniera radicale e rivoluzionaria”.
In direzione di una inedita collaborazione tra le due potenze mondiali va il recente annuncio fatto durante i giorni di Cop26: i due governi si sono impegnati a lavorare insieme per limitare a 1,5 gradi l’aumento di temperatura, come previsto dall’Accordo di Parigi del 2015. Il rispetto di questo impegno congiunto sarà cruciale per contrastare il surriscaldamento globale, poiché Cina e Stati Uniti sono in cima (rispettivamente, primo e secondo) alla classifica dei Paesi più inquinanti al mondo, come evidenziato da un recente report di Ipcc.