Dopo l’Unione Europea anche il Regno Unito scende in campo per rivendicare la supremazia sul settore dell’ AI e annuncia investimenti da 1 miliardo di sterline. L’ obiettivo è aumentare le partnership pubblico- privato in questo ambito.
Lo scorso 26 aprile il Governo inglese ha pubblicato il “Sector Deal for AI”, la nuova strategia sull’ intelligenza artificiale, che trae spunto dalle raccomandazioni della professoressa Wendy Hall della University of Southampton, e di Jérôme Pesenti, vice presidente di Facebook AI Research, e attraverso cui il Regno Unito mira ad assumere la leadership nel settore.
Nell’ annuncio il governo britannico afferma che l’intelligenza artificiale porterà a cambiamenti epocali e che il Regno Unito si impegna a massimizzare i benefici economici e sociali derivanti dall’attuale rivoluzione tecnologica globale: secondo la strategia industriale, infatti, l’intelligenza artificiale ha il potenziale di incrementare il valore dell’economia britannica di 630 miliardi di sterline entro il 2035.
L’accordo, finalizzato ad aumentare la produttività dei diversi settori industriali attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e delle analisi predittive, fonda i propri presupposti su cinque pilastri:
- “Ideas”, con l’obiettivo di fare della Gran Bretagna l’economia più innovativa del mondo
- “People”, nell’ottica di affrontare la sfida della “disoccupazione tecnologica” e creare nuovi posti di lavoro aumentando il potere di guadagno
- “Infrastructure”, per apportare importanti modifiche alle infrastrutture del Regno Unito
- “Business Environment”, per rendere la Gran Bretagna il posto migliore per far crescere attività economica
- “Places”, con l’obiettivo di creare comunità prospere in tutto il Regno Unito
Per raggiungere i suddetti obiettivi il governo ha messo a disposizione 300 milioni di sterline per nuove attività nel settore pubblico e sta lavorando a stretto contatto con aziende private e con il mondo accademico (ad esempio con l’Università di Cambridge) per generare investimenti dal valore di 700 milioni di sterline e creare quindi un programma nazionale da 1 miliardo di sterline.
Le risorse saranno destinate ad una rete di centri di ricerca per l’innovazione e ad attività di ricerca e sviluppo per implementare nuove applicazioni dell’AI in settori sperimentali (come ad esempio quello dell’energia nucleare) e volte alla creazione di un fondo GovTech da 20 milioni di sterline che supporterà imprese tecnologiche e startup.
Considerato l’irrefrenabile sviluppo dell’AI, l’accordo stabilisce, inoltre, la creazione di un Consiglio per l’intelligenza artificiale, composto da esponenti di rilievo del mondo accademico e industriale, di un Ufficio per l’Intelligenza Artificiale, per sostenere tale Consiglio, e di un centro per l’etica e l’innovazione dei dati.
Il “Sector Deal” doveva già essere annunciato all’inizio di marzo, ma è stato poi rinviato per ragioni sconosciute. Il ritardo, che ha fatto sì che la dichiarazione arrivasse esattamente 24 ore dopo l’ Alleanza Europea per l’intelligenza artificiale della Commissione Europea, ha portato a pensare ad una possibile “competizione” tra Regno Unito e Unione Europea, due ex alleati che, adesso, dopo la Brexit, si contendono il dominio per un settore in costante sviluppo: si potrebbe ritenere, infatti, che l’ intento del Regno Unito sia quello di “disfarsi” dell’ Europa per poter affrontare poi i “veri competitor” (Cina, Giappone, Usa).
All’ interno di quella che è una vera e propria competizione a livello globale, il Regno Unito, che non gode della stessa quantità di capitale umano e finanziario dei suoi concorrenti, può fare affidamento solo sul settore privato: attualmente, infatti, può vantare del sostegno di player come Google, Amazon, Rolls – Royce (che collabora con l’Istituto Alan Turing per comprendere in che modo l’intelligenza artificiale possa essere applicata alla supply chain e all’ analisi predittiva) e Global Brain (gruppo giapponese di venture capital che aprirà a breve una nuova sede nel Regno Unito).
Sembra, dunque, che il mondo dell’ AI sarà caratterizzato da un panorama piuttosto complesso : il ruolo più difficile spetterà senz’altro al Regno Unito che, post Brexit, potrebbe non essere in grado di affrontare da solo questa nuova sfida.