Lo scorso anno The Innovation Group aveva parlato di «Resilienza del Digitale», sottolineando l’importante ruolo svolto dal digitale nella fase più acuta della pandemia (evitando alla nostra economia e società di soccombere), aspetto che ha fatto sì che, a differenza di altri settori produttivi, quello digitale non registrasse alcuna flessione, ponendosi come fattore abilitante dell’accelerazione della trasformazione digitale delle imprese, della Pubblica Amministrazione, del Paese. Considerando, infatti, il 2020, anno in cui ha avuto inizio la pandemia e caratterizzato dall’applicazione del maggior numero di misure restrittive, The Innovation Group ha stimato per il mercato digitale rispettivamente una flessione dello 0,1% (a fronte di un tracollo del PIL del -9%).
Si tratta, tuttavia, di considerazioni che fanno riferimento ad uno scenario economico di gran lunga differente da quello attuale che non tiene conto, dunque, dei recenti sviluppi economici (costante aumento dell’inflazione, fenomeno che non può più essere considerato passeggero[1] e aumento dei prezzi dell’energia e del gas) e geopolitici (l’invasione russa in Ucraina e il conseguente impatto sui mercati internazionali delle sanzioni economiche imposte alla Russia); fattori che rendono incerto il futuro e inducono a porsi diversi interrogativi.
Innanzitutto, occorre precisare che, alla luce delle ultime vicende, è ragionevole ritenere che le stime sul PIL del 2022 (così come quelle per il 2023) saranno riviste al ribasso, aspetto che, se da un lato, induce a interpretazioni più caute anche per quanto riguarda le stime sul mercato digitale (sul cui andamento impattano anche altri fenomeni già manifestatesi lo scorso anno, ad esempio, la carenza di chip e semiconduttori), dall’altro, porta a chiedersi in che misura ciò accadrà: il mercato digitale reggerà l’urto e confermerà la tendenza anticiclica mostrata con l’impatto della pandemia? Se il mercato può essere considerato “estraneo” ad alcuni fenomeni che inevitabilmente rallenteranno la forte crescita della nostra economia a cui finora si è assistito, dall’altro non si può non considerare l’eventualità che questi possano avere un effetto (seppur indiretto) su alcuni settori verticali con possibili ricadute anche sul mercato digitale.
In questo contesto va, inoltre, contestualizzato anche il ruolo che avrà il PNRR sia all’interno delle dinamiche economiche sia nei trend osservabili nel mercato digitale. Al riguardo va precisato che, sebbene si ritenga che la maggior parte degli effetti degli investimenti del Piano si manifesterà sul mercato a partire dal 2023 (anno in cui si concretizzerà effettivamente la spesa di alcuni degli investimenti più innovativi quali, ad esempio, migrazione al cloud per le PA centrali, cybersecurity, reti ultraveloci e 5G), non va esclusa la possibilità che una parte di tali misure potrebbe iniziare ad avere degli impatti già a partire dalla seconda metà del 2022. Si tratta, ad ogni modo, di un’eventualità che dipende soprattutto dall’effettiva capacità del nostro Paese di rispettare tutte le scadenze del Piano: il raggiungimento degli obiettivi, si ricorda, è propedeutico al ricevimento da parte dell’Europa delle risorse finanziarie, ma si tratta di condizioni stabilite in un contesto, seppur complesso e difficile, del tutto lontano da quello attuale. E, inoltre, anche qualora si fosse in grado di rispettare le scadenze bisogna considerare altre variabili, quali, ad esempio, le modalità di governance (e soprattutto di execution) delle risorse attese dal Piano, probabilmente la partita più difficile di tutte. “Scaricare a terra” gli investimenti del Piano vuol dire, infatti, intervenire su alcune dinamiche che, oltre ad essere particolarmente complesse, hanno rappresentato a lungo fattori di rallentamento (e in alcuni casi di ostacolo) alla crescita economica e alla competitività del Paese. Si pensi, ad esempio, alla Pubblica Amministrazione che, come noto, sconta lentezze e ritardi che derivano da un eccesso di burocrazia, procedure farraginose, mancanza di competenze e che sarà chiamata a gestire direttamente alcuni importanti progetti del Piano. In questo senso, dunque, bisognerà lavorare per semplificare la complessa impalcatura amministrativa del Paese che rende difficile la rapidità attuativa di cui necessitano i progetti del Piano e promuovere all’interno della PA un nuovo approccio “user-centred”, volto a soddisfare l’utente e le sue esigenze, superando la visione “normocentrica” che finora sembra aver caratterizzato maggiormente l’agire pubblico.
Inoltre, va tenuto conto che il Piano richiama all’essenzialità delle riforme, riforme che devono essere effettuate “endogenamente”, all’interno del nostro Paese, osservato speciale da parte dell’Europa, considerando sia l’entità delle risorse ricevute sia la necessità di allocarle in maniera efficiente.
Dopo la ripresa «eccezionale» ed inaspettata della nostra economia nel 2021 sono, dunque, numerose le incognite (sia per l’andamento dell’economia che del mercato digitale) attese per il 2022 e il 2023. Come rendere il rimbalzo dell’economia a cui si è assistito finora una crescita costante per i prossimi anni nonostante i numerosi fattori di rischio e minaccia? Come assecondare una trasformazione digitale che sappia anche essere resistente a shock esterni (ed imprevisti) garantendo un relativo stato di equilibrio e duraturo nel tempo? E, soprattutto, come rendere il PNRR un importante strumento di risposta a tali domande e non l’ennesima occasione mancata? Ne parleremo il prossimo 24 marzo in occasione dell’evento “Lo scenario economico e del mercato digitale” organizzato da The Innovation Group durante il quale sarà presentato il Programma TIG/Digital Italy 2022.
[1] Secondo l’Istat a febbraio 2022 l’inflazione è aumentata del 5,7% su base annua, trainata soprattutto dai prezzi dei beni energetici.
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