La tecnologia è al servizio della ricerca sul cambiamento climatico, in molti modi. Lo fa, per esempio, attraverso la potenza di calcolo e le capacità di archiviazione dei grandi data center in cloud, oppure con i “supercervelli”, i sistemi di High Performance Computing utilizzati dai più importanti centri di ricerca mondiali. Tecnologie che però, come sappiamo, sono anche energivore e ancora lontane dagli obiettivi ideali di sostenibilità (nonostante il crescente ricorso alle energie verdi per alimentare e raffreddare le grandi infrastrutture del cloud).
E poi c’è il fondamentale ruolo del software: analytics sempre più avanzati, capaci di trattare grandi quantità di dati eterogenei (i famigerati Big Data), come quelli meteorologici e geografici. E algoritmi di intelligenza artificiale che trovano correlazioni e fanno previsioni sul futuro come mai potrebbero fare, da soli, gli studiosi del cambiamento climatico. Un’azienda come Ibm è arrivata addirittura ad acquistare un colosso dei servizi meteo quale The Weather Company per fornire su scala globale previsioni accurate, alimentate dal computing cognitivo della piattaforma Watson.
Ma oltre alla tecnologia un ruolo importante spetta alle alleanze di ecosistema, all’impegno a lavorare per un obiettivo comune. Risale addirittura all’amministrazione di Bill Clinton il lancio, negli Stati Uniti, della Climate Change Technology Initiative, tesa a favorire lo sviluppo di tecnologie (non solo informatiche) per la riduzione delle emissioni di gas serra e anche a introdurre cambiamenti normativi. Esistono altre iniziative di larga scala come il Climate Technology Centre and Network dell’Onu, e altre ancora portate avanti dai protagonisti dell’industria digitale mondiale.
L’impegno di Microsoft per la ricerca sul cambiamento climatico
Un esempio è la nuova Microsoft Climate Research Initiative (Mcri) appena lanciata dalla società di Redmond con lo scopo di creare una “comunità di ricercatori multidisciplinari” mettendo insieme aziende del settore digitale, governi, università e società civile. In sostanza, Microsoft mette a disposizione le proprie tecnologie avanzate e competenze in materia di analytics, mentre altri potranno portare il punto di vista delle scienze ambientali, della fisica, della chimica, dell’ingegneria e di altre discipline tecnico-scientifiche. I risultati delle ricerche saranno pubblicamente consultabili, così da poter alimentare futuri progetti e iniziative di lotta al cambiamento climatico.
Un esempio è la nuova Microsoft Climate Research Initiative (Mcri) appena lanciata dalla società di Redmond con lo scopo di creare una “comunità di ricercatori multidisciplinari” facendo convergere aziende del settore digitale, governi, università e società civile. In sostanza, Microsoft mette a disposizione le proprie tecnologie avanzate e competenze in materia di analytics, mentre altri potranno portare il punto di vista delle scienze ambientali, della fisica, della chimica, dell’ingegneria e di altre discipline tecnico-scientifiche. I risultati delle ricerche saranno pubblicamente consultabili, così da poter alimentare futuri progetti e iniziative di lotta al cambiamento climatico.
Tra le adesioni della prima ora spiccano il Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston e l’Università di Berkeley. Inizialmente i progetti si focalizzeranno su tre aree critiche della ricerca sul cambiamento climatico: superare gli attuali limiti della decarbonizzazione, ridurre le imprecisioni nel calcolo delle emissioni e valutare in modo più dettagliato i rischi connessi al surriscaldamento globale.
Qualche esempio concreto? Tra i progetti già pianificati c’è il monitoraggio in tempo reale della qualità dell’aria tramite reti neurali artificiali, oltre all’uso del machine learning per svariati scopi, come definire nuovi materiali (reticoli metallorganici) per la rimozione dell’anidride carbonica dall’aria, sviluppare composti polimerici facilmente riciclabili, e ancora accelerare la ricerca sui materiali green per l’edilizia. L’apprendimento automatico verrà usato anche per migliorare l’accuratezza delle previsioni meteo, e dunque del rischio di inondazioni e incendi. Interessante è anche il progetto Causal4Africa, che impiegherà l’inferenza causale per capire gli effetti di determinati interventi umanitari per la sicurezza alimentare in Africa.
Ricevi gli articoli degli analisti di The Innovation Group e resta aggiornato sui temi del mercato digitale in Italia!