Come le tecnologie digitali ci aiuteranno a ripartire? I cambiamenti a cui siamo stati abituati in questi mesi difficilmente saranno abbandonati. Alle aziende provider di determinati servizi e ai decision maker adesso spetterà un ruolo difficile: quello di accompagnare e favorire una ripartenza basata sugli shock positivi causati dal virus.
Si è tenuta lo scorso 30 giugno la web conference “Tecnologie digitali per chiudere l’emergenza e per la ripresa del paese – AI, Big Data, Robotics, Cloud”, quarto appuntamento del ciclo di incontri digitali organizzati da The Innovation Group da aprile ad ottobre 2020 nell’ambito del Digital Italy Program.
L’incontro si è focalizzato sui notevoli impatti che le tecnologie digitali stanno avendo in ambito sociale, culturale ed economico, una conseguenza del ruolo rilevante che hanno svolto nella gestione dell’emergenza Covid-19 e che stanno svolgendo, del resto, nella fase di ripartenza.
Come, infatti, riportato da Roberto Masiero, Presidente The Innovation Group, nella sua presentazione iniziale, «in mancanza di determinate tecnologie digitali nella fase di gestione dell’emergenza si sarebbe verificato un inevitabile collasso della nostra società».
Da questo punto di vista quanto vissuto in questi mesi ha dotato di una forte spinta accelerativa il processo di adozione ed utilizzo soprattutto di particolari soluzioni e strumenti tecnologici, una condizione dettata dalla necessità ma che di fatto ha creato dei cambiamenti irreversibili. Per Stefano Firpo, Intesa Sanpaolo, il Covid-19 ha rappresentato un momento di apertura, un’esperienza di cui il Paese deve fare tesoro se vuole porsi come territorio di rilancio e progresso. Al riguardo bisognerebbe comprendere come investimenti in tecnologie ed innovazione possano rappresentare un fattore di resilienza dell’economia, come potrebbero produrre ricchezza e creare valore aggiunto. Quali politiche implementare perché ciò accada? Per Firpo si deve trattare di misure che «esulano dalle logiche viste negli ultimi venti anni. Devono essere strumenti fiscali in grado di stimolare upgrading tecnologico. Soprattutto in questo periodo l’Italia non manca di risorse, la sfida è utilizzarle correttamente».
Adesso – ha affermato Marco Bentivogli, già Segretario Generale, FIM-CISL, la vera sfida sarà la costruzione di una rete nazionale dell’innovazione, un ecosistema digitale orientato alle imprese e al territorio. L’Italia vanta, del resto, la presenza di un grande tessuto industriale che va incentivato e accompagnato nello sviluppo con soluzioni sostenibili ed innovative.
Nel corso dell’evento si è discusso, inoltre, dello stato dell’arte in Italia del contact tracing. Allo stato attuale, l’app Immuni risulta essere stata scaricata da circa 4 milioni di cittadini, un dato che per Stefano Quintarelli, Member of the AI High Level Expert Group, European Commission, non può definirsi «un cattivo risultato», pari al 10% della popolazione target (in Italia sono circa 40 milioni le persone che posseggono uno smartphone). Secondo Valentina Frediani, Founder e CEO, Colin & Partners, il risultato «è figlio di equivoci giuridici» e va interpretato anche in relazione all’impatto psicologico che il concetto di tracciabilità può avere sulla popolazione. In realtà il modello proposto da Immuni non è stato particolarmente invasivo dal punto di vista della privacy, pur non essendo privo di alcune vulnerabilità.
Ad ogni modo l’acquisizione del dato, un fenomeno già rilevante prima della pandemia, è diventato durante l’emergenza estremamente fondamentale. Come, infatti, riportato da Mirella Cerutti, Managing Director, SAS Italy, effettuare analisi dei dati attraverso strumenti analitici e avanzati ha permesso in piena emergenza di creare modelli evoluti per comprenderne l’evoluzione nelle diverse strutture ospedaliere e nei Paesi. Sul tema sono intervenuti anche Sergio Romoli, Direttore Divisione Cloud & Enterprise, Microsoft e Mirko Mapelli, Senior Systems Engineer, Nutanix Italia secondo cui il dato è un fattore primario di produzione ed elemento da comprendere per competere, reagire a fenomeni esterni e garantire l’efficacia delle prestazioni.
L’applicazione delle soluzioni tecnologiche sarà, inoltre, estremamente utile anche nel post pandemia, in modo particolare negli ambienti lavorativi, per garantire – come riportato da Rodolfo Rotondo, Sr. Business Solutions Strategist, VMware Italia – una User Experience forte, all’altezza delle aspettative delle persone.
Infine, Alessandro Piovano, Business Development Manager, Data Reply ha mostrato un caso esplicativo messo a punto dall’azienda in cui viene utilizzata l’Artificial Intelligence per il social distancing, garantendo la sicurezza sul lavoro e migliorandone la qualità.
Tutte le rivoluzioni del virus: la logistica degli atomi vs la logistica dei bit
La crisi epidemica – ha affermato Carlo Alberto Carnevale Maffè, Docente di strategia d’Impresa ed Economia Aziendale, SDA Bocconi – ha generato molteplici rivoluzioni, impattando su diverse sfere: salute, welfare, spazio, e-commerce, smart working.
Il lockdown – ha continuato Maffè – è stata un’importante occasione per fare training digitale, ridisegnando gli spazi di lavoro ed apprendimento, modificando il tempo a disposizione delle persone e la sintassi organizzativa. La gestione in remoto dell’azienda ha, inoltre, provocato una sua totale trasformazione in “outsourcing”.
Per Maffè, inoltre, con la diffusione del virus, il digitale è stato finalmente riconosciuto come fattore di stabilizzazione dell’economia, fenomeno in verità già in corso da diversi anni ma a cui solo nell’ultimo periodo è stata prestata la giusta attenzione.
Si tratta di shock positivi generati dall’emergenza che rappresentano un primo passo verso un cambiamento strutturale in cui l’auspicio sarà la conversione di ogni segnale del mercato dall’analogico al digitale.