L’attuale crisi della shared mobility (nelle diverse accezione, di car sharing, car pooling, ride sharing, ecc.) va imputata soprattutto alla riduzione della domanda di mobilità. Se questo è stato vero durante il lockdown, nella fase di ripresa c’è il timore che il trasporto in sharing possa essere meno sicuro rispetto a quello con il mezzo privato.
La stasi sul fronte della domanda ha dato poche possibilità agli operatori dell’economia delle piattaforme: ridurre i costi, disinvestire, lasciare a casa le persone, oppure, in alcuni casi, ripensare il proprio ruolo. Per lo più è stata seguita la prima strada: a inizio maggio Airbnb ha annunciato tagli del 25% alla propria forza lavoro, Uber il 14% sul totale, Lyft (App di ridesharing peer to peer) il 17%. Dara Khosrowshahi, CEO di Uber, a metà marzo aveva avvisato gli investitori che il lockdown avrebbe affossato le corse condivise (in calo del 70% a Seattle, una delle prime città americane a chiudere tutto). I risultati del primo trimestre di Uber hanno confermato questa tendenza al ribasso:
- Diminuzione del 13% delle corse con Uber: i viaggi sono passati da 1,9 miliardi nel Q4 2019 a 1,7 nel Q1 2020 (comunque un numero superiore al Q1 2019, quando erano stati 1,5 miliardi);
- Riduzione del 12,7% dei risultati a livello globale nel Q1 2020, per un totale di 3,3 miliardi di dollari, rispetto ai 3,7 miliardi di dollari del Q4 2019 (comunque in crescita rispetto ai 2,7 miliardi di dollari del Q1 2019);
- Perdite per 2,9 miliardi di dollari nel Q1 2020, in drastico aumento (+ 166%) rispetto agli 1,09 miliardi di perdite dei primi tre mesi 2019.
La diminuzione della domanda di servizi della shared economy potrebbe perdurare anche nei prossimi mesi, secondo un’indagine condotta da Ipsos all’inizio di aprile su un campione di persone residenti negli USA. Circa la metà dei consumatori abituati a questi servizi (ride sharing e car sharing, ma anche altre forme, come ad esempio il noleggio di abbigliamento), ha ridotto la ricerca di queste offerte, e per molti, la riduzione continuerà anche dopo la fine del lockdown. Come mostra la figura successiva, il 26% dei rispondenti dice che in futuro ne farà meno ricorso (rispetto al 19% che dice di usarli di più e il 49% che rimarrà invariato): il calo è evidente soprattutto nella fascia delle donne.
Fonte: Ipsos, Aprile 2020 “Sharing economy service use is down, could be slow to recover after coronavirus”
Nel caso di Uber però è in corsa anche una ricerca di soluzioni alternative: la società del ride-hailing, durante il periodo della pandemia da Covid-19 è cresciuta sul fronte delle consegne di cibo a domicilio grazie a Uber Eats, servizio che ha contribuito nel Q1 2020 al 30% di tutte le prenotazioni, registrando nel trimestre ricavi in crescita del 7%, per un valore di quasi 4,7 miliardi di dollari. È di inizio maggio poi la notizia che Uber vuole comprare GrubHub (al primo posto nel settore delle consegne a domicilio, con un 30% del mercato, mentre Uber Eats avrebbe una quota inferiore, del 20%), per creare un colosso in un settore in cui però le critiche sono sempre più diffuse, per i prezzi alti, le commissioni del 30% ai ristoranti, la scarsa sicurezza verso i lavoratori.
In aggiunta, sempre per seguire le necessità di questi tempi, e visto che per i prossimi mesi tutti scommettono sui servizi di micromobilità per ridurre la congestione sui mezzi pubblici Uber, (in questo caso insieme ad Alphabet) ha investito 170 milioni di dollari in una startup dei monopattini, Lime. Fondata solo 3 anni fa a San Francisco Lime è oggi già presente in tutto il mondo (in 120 città di 30 Paesi) grazie al servizio offerto tramite app di monopattini elettrici in sharing: in Europa è molto presente in Germania, mentre in Italia ha attivato il servizio in 3 città, Torino, Rimini e Verona. Come altri del settore, il 2019 è stato un anno di perdite, e a gennaio Lime aveva anche licenziato molti dipendenti: poi il Covid-19, il lockdown, il crollo dell’azione in borsa, e quindi l’investimento di Uber.
Un segnale che almeno per i trasporti su due ruote (alternativi sia al trasporto pubblico, sia al mezzo privato) potrebbe arrivare presto la ripresa, soprattutto in Italia, dove la Smart Mobility e la mobilità sostenibile hanno visto negli ultimi mesi una convergenza di iniziative favorevoli, dall’approvazione (dal primo marzo 2020) delle nuove norme che regolano la circolazione dei monopattini elettrici, all’arrivo di incentivi (pari al 60% sul prezzo finale del mezzo, fino a un massimo di 500€ di rimborso) per mezzi di micromobilità come biciclette elettriche, segway, hoverboard, monopattini e monowheel, e infine anche dal nuovo bando da 20 milioni di euro per la smart mobility (finalizzato alla ricerca e allo sviluppo di nuovi strumenti per prevedere e gestire i flussi di traffico).