N. Maggio 2018
a cura di Ezio Viola
Managing Director, The Innovation Group
La rivoluzione tecnologica dell’industria finanziaria è – almeno in Italia – ancora in fase di sviluppo e si sta sviluppando a “macchia di leopardo”. I motivi possono essere ricondotti ai seguenti: i sistemi legacy esistenti, che si basano su un modello di distribuzione dei prodotti e di erogazione dei servizi finanziari ancora imperniato sulle filiali, l’onda lunga della crisi finanziaria, che ha assorbito risorse altrimenti destinabili all’innovazione ed infine un quadro regolamentare per necessità modellato sull’esistente più che sul futuro.
Le banche però oggi si vedono obbligate dalla normativa europea PSD2 a dover favorire l’ingresso in scena di nuovi giocatori, mettendo a disposizione i dati attraverso delle API: la normativa PSD2 prospetta quindi la nascita di un ecosistema competitivo sempre più ampio, composto da attori di servizi finanziari che, con l’impiego di nuove tecnologie, offrono customer experience innovative.
Così come ogni cambiamento, la normativa PSD2 suscita paure e incertezze nei confronti degli attuali operatori del mercato: le banche, che per tradizione detengono una certa esclusività nell’erogazione di servizi finanziari e proteggono la relazione con i propri clienti come asset esclusivo, oggi si vedono obbligate a favorire l’ingresso in scena di nuovi attori, potenzialmente capaci di aggredire la catena del valore dei servizi finanziari stessi.
Per poter pensare ad un nuovo modo di fare banca attraverso la creazione di piattaforme multiservizi le strade percorribili sono molteplici, in funzione del ruolo che la singola banca e le banche assumeranno nel business bancario: da distributrici di prodotti e servizi finanziari, nell’ipotesi più conservativa, a terminali di vere e proprie funzioni esternalizzate dalle banche.
In prima istanza, le banche potrebbero ritenere più conveniente monetizzare il patrimonio informativo della clientela, limitandosi a garantire l’accesso ai conti della clientela mettendo a disposizione le proprie API; In alternativa a questa scelta piuttosto elementare, le banche potrebbero trasformarsi in piattaforme di commercializzazione di servizi finanziari propri e di altri intermediari: le banche-piattaforma rivestirebbero un ruolo ancora preminente, specializzandosi nell’offerta di servizi “core” da offrire, anche in modalità integrata, con quelli di altri fornitori (ad esempio le società di assicurazioni, ecc.).
D’altra parte, se è vero che i consumatori avranno interessanti vantaggi dalle novità introdotte dalla normativa PSD2, che mirano a favorire la competitività, ampliando il campo da gioco, è altrettanto vero che le banche dovranno rivedere i propri modelli di business e di servizio per continuare ad essere competitive.
È pur vero che oggi in Italia i clienti delle banche, di tutte le fasce d’età (compreso i giovani), dimostrano ancora di avere fiducia nei servizi bancari a valore: in questo contesto, le risorse e la credibilità detenute dagli istituti finanziari potranno ancora fare la differenza all’interno dell’attuale situazione di mercato. Una customer experience consistente e fluida, resa possibile dalla normativa PSD2 e dalla gestione della banca come piattaforma, potrebbe generare, all’interno dell’ambiente bancario, grandi potenzialità che potrebbero esprimersi non soltanto nelle possibilità di cross e up selling ma anche e soprattutto di una maggiore loyalty.
Proprio in ottica di “Banca come Piattaforma” è importante assicurarsi l’opportunità di velocizzare e semplificare l’offerta di servizi al cliente: se la logica con cui la piattaforma fosse costruita permettesse a soggetti terzi di esporre ed erogare servizi, con un alto grado di libertà, sarebbe possibile, per la banca che la offre, sviluppare nuovi punti di contatto e servizi a valore aggiunto con un minor costo, soprattutto disponendo di informazioni che non sono tipicamente disponibili.
Sono queste strategie, orientate ad integrare tradizionali assets della banca con il nuovo paradigma di “Banca come Piattaforma”, che sembrano garantire alle banche la possibilità di preservare e ampliare il vantaggio competitivo rispetto ai nuovi players. In una certa misura ciò sta già accadendo in alcuni paesi (in particolare nel Regno Unito e in Germania, dove alcuni operatori si sono già attrezzati per offrire servizi che sfruttano le logiche di piattaforma sopra esposte.
L’ipotesi che si va quindi a configurare è l’offerta, da parte della banca, di un unico contesto gestito tramite API dove il cliente, una volta riconosciuto, possa usufruire in maniera sicura di tutti i servizi di pagamento e anche aggregare le informazioni di altri conti a lui intestati: il tutto visto come la proposizione di servizi con un valore aggiunto percepito, in grado di giustificare la condivisione delle proprie informazioni personali.
Va anche considerato che possano essere i grandi del web (Google, Amazon, Facebook, Apple) a sviluppare piattaforme proprietarie attraverso cui veicolare i servizi delle banche, con queste ultime che si potrebbero limitare ad aderire, soprattutto se di piccole dimensioni. Infine, potrebbe imporsi un modello basato su piattaforme aperte, nel quale le banche continuerebbero a commercializzare prodotti e servizi finanziari propri, eventualmente realizzati da sviluppatori esterni o da Fintech messi in condizione di accedere alle API delle stesse banche.
Ne discuteremo con vari protagonisti il 10 maggio alla nostra Open Banking Conference 2018
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