Come è cambiata la mobilità nell’era Covid?
Prima della definitiva evidenza di una crisi di scala mondiale, con tutti gli effetti che stiamo oggi vivendo, il nostro Paese viveva una condizione già di evidente complessità sul tema della mobilità. Secondo i dati della Commissione Europea, in media, i cittadini italiani rimangono nel traffico circa 37 ore l’anno e nell’80% degli spostamenti fanno ricorso al proprio veicolo personale. Nella fase pandemica che stiamo vivendo si è assistito ad un ulteriore diminuzione nel ricorso ai mezzi pubblici ma anche a una notevole crescita nell’utilizzo di servizi di micro-mobilità condivisa, in particolare, monopattini e biciclette. Secondo l’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility, da giugno a settembre 2020, i monopattini elettrici sono quintuplicati e le città coperte dal servizio sono passate da quattro a 17.
L’attuale contesto rende ancora più centrale il tema delle tecnologie e dei dati: solo una conoscenza tempestiva e immediata della domanda dei servizi di mobilità consente una migliore pianificazione e gestione dei servizi ai cittadini.
Diventa dunque fondamentale raccogliere in maniera diffusa, sicura e nel rispetto della privacy, dati sui comportamenti degli utenti per creare dei modelli e prevederne l’evoluzione, ad esempio, in base alla finalità di spostamento (spostamenti casa-lavoro, tempo libero, turismo) tipologia di utenza (famiglie, anziani, disabili) e contesto ambientale (grandi città, piccoli comuni, aree rurali).
Un ulteriore bisogno evidenziato ancora di più dalla pandemia è la necessità di una gestione flessibile e differenziata dell’accesso a diverse aree urbane (o territori). Anche in questo caso, piattaforme digitali e sensoristica avanzata consentono una gestione dinamica dell’accesso, transito e sosta, ad esempio, permettendo all’utente di spostarsi su diversi mezzi di trasporto e con tariffe differenziate in base all’impatto ambientale (footprint) o con diversi livelli di autorizzazioni e limiti di spostamento. I dati consentono non solo di pianificare meglio le infrastrutture di mobilità ma anche di modificarle dinamicamente: si pensi, ad esempio, alla possibilità di utilizzare i parcheggi elettronici in cui il numero di spazi disponibili su porzioni di strada può aumentare o diminuire in base al reale fabbisogno.
Infine, non soltanto è utile conoscere i fabbisogni, ma anche saperli indirizzare, orientando la domanda verso scelte di spostamento sostenibili. Anche in questo caso la tecnologia permette, ad esempio, di proporre meccanismi incentivanti (tariffe agevolate, premi) agli utenti che scelgono comportamenti sostenibili come l’abbandono del mezzo privato per l’ingresso in determinate zone della città a favore di mezzi collettivi (anche bus on demand), lenti (biciclette), condivisi, a basso impatto ambientale (veicoli elettrici, anche condivisi).
Tali soluzioni, di tipo tecnologico, trovano poi il proprio naturale completamento all’interno del cosiddetto paradigma “Mobility as a Service” (MAAS) secondo il quale la mobilità è considerata come un servizio fruito in modo assolutamente dinamico e flessibile, a seconda degli specifici fabbisogni degli utenti, garantendo in modo trasparente a questi la gestione di processi condivisi e collaborativi tra diversi operatori di trasporto (pubblico, privato, ecc..). Secondo il paradigma MAAS l’utente può quindi pianificare dinamicamente i propri viaggi (anche ricevendo suggerimenti e proposte nell’ottica della maggiore sostenibilità) prenotare mezzi e pagarli attraverso un’unica piattaforma e in modalità assolutamente flessibile.
Tutti questi esempi fanno già parte di ciò che può essere realizzato oggi, la mobilità di domani, invece, sarà caratterizzata da un più ampio utilizzo di tecnologie di Intelligenza Artificiale come nel caso delle auto a guida autonoma o alla Urban Air Mobility.
Per accelerare e favorire lo sviluppo di tali fenomeni e passare, dunque, dalla fase sperimentale a quella industriale, è fondamentale che l’attore pubblico definisca strategie di lungo periodo: solo in questo modo le imprese desiderose di investire, potranno individuare modelli di business e ipotesi di ritorno dei propri investimenti che siano realmente sostenibili. In questo senso bisogna, dunque, intervenire per eliminare limiti non tanto di natura tecnologica, quanto strategica.