Sullo smart working, le opinioni sullo scenario che si verificherà una volta terminata l’emergenza sono diverse. Da un estremo c’è chi ritiene che verrà ripristinato lo status quo (in cui il lavoro smart coinvolgeva principalmente alcune grandi imprese), dall’altro chi propone di continuare tutti a lavorare da remoto. Probabilmente ciò che avverrà sarà la costituzione di un nuovo equilibrio tra il lavoro in sede e quello da remoto, un lavoro “ubiquo” da poter svolgere ovunque.
Le applicazioni del lavoro ubiquo, smart o agile sono in realtà opportunità o necessità per cambiare profondamente le organizzazioni e il lavoro: al management delle organizzazione spetta di avviare e condurre i processi profondi di cambiamento necessari, con i supporti professionali appropriati; alle Istituzioni di predisporre le infrastrutture materiali, finanziarie e formative per favorire questi sviluppi.
La sfida principale sarà quella di estendere in maniera adeguata lo smart working anche alle PMI e alle organizzazioni della Pubblica Amministrazione di minori dimensioni (che, si ricorda,insieme rappresentano la grande maggioranza degli occupati e del PIL italiano), realtà che prima del lockdown avevano una percentuale di dipendenti in smart working pari rispettivamente al 15% e 16% . Perché ciò accada bisognerà innanzitutto supportare chi intende intraprendere un tale percorso di cambiamento, tenendo conto soprattutto delle differenze che caratterizzano queste imprese e Pubbliche Amministrazioni .
Partendo dall’assunto che lo smart working debba essere progettato e gestito nel migliore dei modi nei singoli contesti, proponiamo 12 aree di azione da seguire per condurre correttamente questi sviluppi.
- Concezione dello smart working. Bisogna innanzitutto convenire su cosa sia realmente lo smart working per il management, se lavoro da remoto, oppure una nuova filosofia manageriale oppure un nuovo modo di gestire l’impresa.
Aspetti legali. Occorre tener conto di molti aspetti legali (si pensi, ad esempio, la sicurezza dei dati, la protezione della privacy dei lavoratori, le responsabilità del datore di lavoro per eventuali incidenti e molto altri). - Infrastrutture. Oggi sono inegualmente disponibili nelle diverse aree del Paese. Le connessioni al centro di Milano non sono uguali a quelle dei paesi dell’entroterra ligure: occorre progettare gli sviluppi considerando realisticamente la disponibilità di infrastrutture
- Tecnologie di supporto e cybersecurity. Senz’altro i cambiamenti in atto non potrebbero avvenire senza l’attività dei provider di tecnologia ma non va dimenticato che oggi sono dominanti sul mercato e propongono strumentazioni necessarie ma non sufficienti: occorre disporre di competenze sull’impresa, l’organizzazione , il lavoro, la formazione , il bilanciamento vita lavoro e molto altro che i provider per lo più non hanno.
- Modalità di gestire equilibrio fra vita e lavoro. In questi mesi è avvenuto un esperimento di ricombinazione di lavoro svolto in casa vita personale che ha coinvolto oltre 8 milioni di persone. Alcuni ne sono stati felici, altri hanno dichiarato gravi problemi di sovraccarico, interferenza tra vita e lavoro, stress. Sono stati penalizzate le donne con bambini e chi abita in case piccole. Un nuovo modo di lavorare che concili vita e lavoro nello stesso luogo va concepito, progettato, negoziato e condiviso nei singoli contesti , attivando percorsi di formazione dei dirigenti e di partecipazione dei lavoratori
- Mindset. Smart worker non si nasce ma si può diventare. Lo smart working non può essere “improvvisato”: lavorare secondo queste modalità richiede formazione e apprendimento
- Proporzione fra lavoro in sede e remoto. Una volta terminata l’emergenza, la occorrerà riproporzionare queste sfere, coinvolgendo inevitabilmente dimensioni economiche strutturali imponenti: utilizzo degli spazi aziendali, trasporti, gestione dei servizi di ristorazione e alberghieri intorno alle sedi aziendali e molto altro. Questa è materia di politiche pubbliche ma forte è il ruolo delle rappresentanze delle imprese
- Concezione degli uffici. L’”ufficio-professionale” composto da esperti e professionisti è già da tempo avvezzo a lavorare in remoto, così come l’”ufficio direzionale” in cui è possibile fornire indicazioni e orientamenti anche a distanza. La vera problematica è rappresentata dagli ”uffici-fabbrica “ che poco si prestano a lavorare per obiettivi e competenze . Si verifica ora un’importante occasione per ridurre il peso degli uffici fabbrica e muoversi verso assetti organizzativi autoregolati e professionalizzazione delle persone.
- Interior design degli uffici. Le esigenze di distanziamento fanno sorgere nuove idee di come organizzare il layout degli uffici, oltre gli uffici singoli e oltre gli open space.
- Ridisegno degli spazi casalinghi. Molti lavoratori hanno bisogno di consulenza e di risorse per ristrutturare gli spazi casalinghi.
- Organizzazione e sistema socio-tecnico. Occorre sviluppare forme organizzative differenti da quelle concepite finora basati sull’idea che l’ufficio sia solo una porzione di un organigramma in cui vengono gestiti compiti e mansioni . Occorrono forme di sistemi socio-tecnici che gestiscano processi e risultati dotati di meccanismi di continuo adattamento all’ambiente esterno. Questo richiede una riconfigurazione dei processi, delle tecnologie della cooperazione, della concezione delle microstrutture, dei sistemi di controllo di gestione e di visual management. Senza tali cambiamenti sarà ben difficile concepire il lavoro sulla base del raggiungimento di risultati ed obiettivi (in chiave smart, come si vorrebbe).
- Lavoro e sistema professionale. Vanno modificate le attuali modalità di svolgimento del lavoro, soprattutto negli uffici-fabbrica, basate su compiti, mansioni, livelli, indennità. Andrebbe sviluppata una concezione del lavoro basata su ruoli caratterizzati da risultati, da controllo sui processi, da forme di cooperazione autoregolata, dal padroneggiamento delle tecnologie, da competenze di dominio e competenze sociali. In molti casi il lavoro va fatto evolvere verso mestieri e professioni a larga banda, con un potenziale di flessibilità e di adattamento al variare dei ruoli e dei contesti.
- Relazioni industriali. Le relazioni industriali dovranno diventare “propositive”: il sindacato o le rappresentanze dovranno partecipare attivamente ai processi di cambiamento e non affrontarli quando sono già in corso.
Per agire sulle su queste aree occorre attivare percorsi progettuali volti a modificare le strutture dell’organizzazione, del lavoro e delle relazioni . Sì ad alcune (poche) norme e (pochi) accordi cornice, ma soprattutto molti “cantieri di progettazione innovativi e partecipativi.
A livello di politiche generali.
- Occorre attivare una ricerca multidisciplinare sull’ “esperimento smart working” di questi mesi per comprendere che cosa è avvenuto veramente . L’attività dovrebbe essere il risultato dell’azione sinergica di CNR, Università, grandi imprese.
- Lo smart working (o il lavoro ubiquo) è una grande opportunità per programmi pubblici di finanziamento alle iniziative cantieri di cambiamento dell’organizzazione del lavoro sia all’interno delle imprese sia nella Pubblica Amministrazione: una sorta di piano smart working 4.0.
- Bisogna sviluppare un nuovo assetto normativo . Ma frattanto agire.
- Occorre dedicare forti investimenti nelle reti telematiche (anche in base alle risorse attese dall’Unione Europea).
- Riflettere su quali incentivi fiscali introdurre per trasformare gli uffici, gli ambienti domestici, e la configurazione delle città.
- Supportare le realtà (sia imprenditoriali sia pubbliche) che si mostrano più lente in questo percorso. Bisogna attivare i supporti professionali per le PMI e per la Pubblica Amministrazione offerti da università, società informatiche e di consulenza, ecc., abilitando per queste realtà attività di formazione con modalità e costi sostenibili.
Si è, dunque, davanti ad un’opportunità straordinaria di ridisegnare il lavoro e l’organizzazione per il futuro. Così come la rivoluzione fordista è stata un’occasione di riprogettazione non solo dei macchinari ma anche delle relazioni industriali, del rapporto tra vita e lavoro e dei redditi, allo stesso modo oggi si stanno verificando delle trasformazioni in grado di impattare notevolmente il modo sia di lavorare sia di fornire servizi ai propri clienti. La pandemia , oltre ai suoi effetti disastrosi, ha creato una finestra di opportunità per gli innovatori, un’occasione da cogliere: se da un lato le grandi imprese ed amministrazioni hanno dimostrato di saperlo fare, dall’altro bisogna supportare le realtà che hanno riscontrato e stanno riscontrando maggiori difficoltà per far sì che tali cambiamenti diventino cultura diffusa.
*© Federico Butera e Fondazione Irso