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Il profit warning di Apple: accusare (solo) la Cina sarebbe fuorviante

N.  Febbraio 2019
        

a cura di Carmen Camarca 
Analyst, The Innovation Group 

 

Ancora tech war. Le due superpotenze mondiali USA e CINA, impegnate più che mai nell’interminabile duello tecnologico, continuano a far parlare di sé e stavolta al centro delle vicende è finita la “regina” delle tech company, la Apple.

Il 2019, infatti, non è iniziato nel migliore dei modi per la compagnia di Cupertino che ha annunciato un calo delle entrate per il primo trimestre fiscale, terminato il 29 dicembre e ritenuto il più importante dell’anno (considerando il Black Friday e le festività natalizie), tra i 6 e i 9 miliardi di dollari: nei risultati del quarto trimestre 2018, infatti, Apple aveva stimato per i 3 mesi attuali ricavi tra 89 miliardi e 93 miliardi, mentre, invece, adesso rivede le stime a 84 miliardi di dollari. Dopo l’annuncio, inoltre, le azioni sono scese di oltre il 7%, facendo scendere il valore di mercato a meno di 700 miliardi di dollari.

Cosa ha a che vedere tutto questo con la tech war? Secondo Tim Cook, a non far quadrare i conti sarebbe stato un calo della domanda in Cina ed altri mercati asiatici, nonché un contesto economico già abbastanza deteriorato e influenzato dall’aumento delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Secondo questa interpretazione Apple sarebbe, dunque, una vittima dello scontro commerciale Usa-Cina in atto.

Che il mercato high tech, e in particolar modo quello degli smartphone, stia risentendo delle tensioni commerciali americane e cinesi non è una novità, ma probabilmente ricondurre il rallentamento delle vendite degli iPhone solo alla tech war non permetterebbe di comprendere del tutto le dinamiche di un fenomeno che potrebbe rilevarsi invece molto più ampio. Secondo diversi analisti, infatti, le stime disattese della Apple sarebbero conseguenza di fenomeni macroeconomici e di una vera e propria “crisi degli iPhone”. Gli analisti hanno individuato in particolare i seguenti elementi che spiegherebbero la flessione:

  • il prezzo di mercato degli iPhone troppo elevato, soprattutto a fronte della concorrenza di Huawei e Xiaomi,
  • un calo delle vendite da attribuire principalmente alla volubilità dei consumatori cinesi,
  • un mercato degli smartphone, soprattutto di quelli di fascia alta, ormai saturo e caratterizzato da tassi di sostituzione sempre più lunghi.

Il tema è quindi quali saranno le prossime mosse della Apple. Da un lato, è vero che le entrate di Apple legate ai servizi (iTunes, iCloud) potrebbero rappresentare un business sicuro, in grado di compensare la diminuzione delle vendite degli iPhone (non si dimentichi che proprio di recente Apple ha annunciato il suo ingresso nel mercato dello streaming). Dall’altro lato, invece, è possibile che il profit warning impatterà anche sui servizi: proprio adesso, oltretutto, Netflix ha deciso di rimuovere dalla sua app per iPhone l’opzione di pagamento via iTunes evitando, così, di pagare la commissione ad Apple, e potrebbe essere seguita da altri.

Già di recente Apple aveva affermato di voler incrementare e migliorare la propria offerta di servizi ad alto valore aggiunto (che attualmente pesano circa un 16% sul totale delle vendite), per non concentrarsi solo sulle soluzioni hardware, ma per anni la sua più grande fonte di ricavo sono stati gli iPhone (nel Q4 2018 hanno pesato per un 60% sul totale delle vendite del trimestre), e un’eccessiva dipendenza dalle vendite di questo prodotto può rappresentare una debolezza. Il timore è che l’azienda rimanga intrappolata nei suoi stessi successi precedenti, senza riuscire a creare nuovi prodotti altrettanto fortunati.

Per l’azienda, dunque, la sfida sarà cercare di individuare soluzioni strategiche che possano farla tornare a “regnare” sovrana sul mercato degli smartphone (e non solo).

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