N. Luglio 2019
a cura di Ezio Viola
Managing Director, The Innovation Group
Qualche giorno fa Facebook ha annunciato il lancio (previsto per l’anno prossimo) di Libra una moneta digitale che si propone di essere non speculativa, di semplice utilizzo per scambiare e comprare beni e servizi, sicura (perché basata su un’infrastruttura tecnologica che utilizza la Blockchain) e “garantita” da riserve che verranno messe a disposizione in modo paritario dai partner dell’ecosistema in formazione (ad oggi 28, tra cui VISA, Mastercard, Paypal, Uber e Spotify etc.) intorno e all’interno della Libra Association: di fatto Libra vuole essere un’ infrastruttura finanziaria resa disponibile a livello globale a miliardi di persone tra cui molti di questi non ancora bancarizzati e molto presenti in paesi in via di sviluppo.
La risposta della comunità finanziaria e dei regolatori, dei media e di alcuni fondamentalisti della blockchain e del bitcoin è stata immediata e a volte approssimata. Da un lato, infatti, viene sottolineato (anche correttamente) che Libra non è una vera valuta digitale come il Bitcoin, che non utilizza una vera blockchain ma alcune caratteristiche della DLT e che il modello permissioned (che sarà quello disponibile da subito) non garantisce una completa disintermediazione e una governance completamente decentralizzata delle transazioni come quello promesso in futuro. Allo stesso modo la possibilità di trasferire denaro a livello transazionale senza avere un conto corrente e a costi più bassi è già possibile con alcune fintech quali Revolut e Transferwise. Dall’altro ci sono state le preoccupazioni degli enti regolatori, dei rappresentati di alcune banche centrali e, soprattutto, di analisti e media che hanno definito l’iniziativa eccessivamente dirompente e potenzialmente distruttiva per il sistema finanziario globale, ragione per cui deve essere fermata.
Ad oggi possono essere fatte solo delle ipotesi su quello che potrà accadere se quest’infrastruttura partirà concretamente.
Sicuramente Libra tenta di rispondere a bisogni e opportunità reali: esiste un mercato globale di servizi digitali e non reso possibile da internet attraverso semplici app su smartphone ma non un’ infrastruttura di servizi finanziari e di pagamento globale integrata e a costi accessibili a tutti. L’infrastruttura dei servizi finanziari oggi è paragonabile al sistema delle Telecomunicazioni nell’era “pre-internet” dove trasferire un messaggio ha un costo quasi azzerato mentre il costo medio per un trasferimento di denaro è ancora uguale a quello di vent’anni fa. Inoltre i servizi finanziari attualmente sono disponibili solo a clienti bancarizzati mentre quelli potenziali già connessi a internet e che utilizzano uno smartphone sono molti di più: Libra vuole essere una moneta digitale e un’ infrastruttura finanziaria che renda possibile tutto questo attraverso una nuova criptovaluta, una tecnologia quasi blockchain con l’obiettivo di realizzare un ecosistema finanziario che, di fatto, possa rappresentare un’alternativa a quello attuale avendone la forza e gli attori giusti.
Libra sarà quindi una moneta stabile e avrà un back-up di riserve “reali”, composte da depositi bancari in monete di “corso legale” per cui ogni “Libra” coin emessa avrà, come “sottostante”, una moneta o un titolo di credito “reale”; ogni “Libra” coin potrà così essere convertita, in qualsiasi momento, in moneta “reale”, applicando un valore di scambio prefissato che seguirà nel tempo il valore del paniere di asset sottostanti. Questo approccio sembra quasi riportare il sistema monetario al passato più che al futuro, quando le monete nazionali erano legate ad un “sottostante”, l’oro, asset con il quale era garantita la conversione, ad esempio, del dollaro.
Qui nasce il primo problema: come sarà la governance della convertibilità di Libra nelle altre monete? Chi deterrà questi asset sottostanti? Gli asset saranno detenuti da un centinaio di aziende (al momento ne sono individuate una trentina), consorziate nella “Libra Association”. Questa associazione avrà due obiettivi primari:
- detenere le “riserve” (monete e titoli di stato) per mantenere stabile il valore di “Libra”;
- gestire i nodi della blockchain che sarà la piattaforma di scambio di “Libra”.
La “Libra Association” svolgerà, quindi, da una parte un ruolo simile ad una Banca Centrale, che anziché aggregare Stati membri, come la BCE, aggregherà aziende prevalentemente multinazionali e, dall’altra, un ruolo simile a quello dei sistemi di pagamento gestiti dai circuiti bancari. Qui il problema può nascere se la governance dell’associazione non sarà di fatto paritetica. Parafransando il vecchio detto che gli “azionisti non si contano ma si pesano”, sorge infatti subito il timore che Facebook possa assumere un ruolo più importante sia economico che tecnico nell’ associazione perché gli sviluppi tecnologici saranno guidati da FB e il primo borsellino per scambiare Libra Calibra sarà quello di FB e permetterà di utilizzare Libra con le piattaforme di messaggistica come Whatsapp e Messenger ad esempio. Molto rimane da capire, nei prossimi mesi, circa le modalità di realizzazione di questo progetto e quanto descritto nel “whitepaper”[1] lascia molti punti aperti sui dettagli implementativi (su come, ad esempio, verrà garantita la sicurezza delle transazioni, la privacy delle informazioni raccolte e i meccanismi per evitare frodi e riciclaggio di denaro, etc..).
Ci sono inoltre almeno tre attori che, al momento, sono esclusi dal progetto e che dovranno prendere posizione.
- Le banche e il sistema bancario che sono quelli che più rischiano di essere impattati e penalizzati perché potrebbero perdere la gran parte delle commissioni oggi applicate sui sistemi di pagamento transazionali. Inoltre, in prospettiva, nel caso in cui “Libra” si affermasse come moneta di scambio diffusa a livello globale, le banche potrebbero perdere il loro ruolo centrale nell’erogazione del credito al consumo e del micro credito; in questo caso però Libra dovrà sottostare alle normative attuali in vigore che sono molto stringenti e che metterebbero in discussione il modello proposto.
- Gli Stati nazionali, i Regolatori e le banche centrali dovranno prendere una posizione coerente e sperabilmente unanime; a tal proposito particolarmente significativa è la scelta di discuterne al prossimo G20. Da una parte c’è un’organizzazione che si muove cross-border e con logiche globali, dall’altra istituzioni che si muovono individualmente e con logiche nazionali che non sempre sono allineate per diversi interessi in gioco.
- Gli altri Big Tech Players (Amazon, Google, Apple, Alipay, Wechat ..) che dovranno decidere se trovare un posizionamento in questo progetto o contrastarlo ( magari proponendone uno proprio).
“One more thing”, e forse la più importante, bisogna chiedersi se Facebook abbia, da un lato, ancora la fiducia dei suoi clienti in termini di protezione della privacy dei dati e se potrà offrire garanzie solide per la separazione dei dati delle transazioni finanziare da quelli raccolti nell’utilizzo della piattaforma social e dall’altro se sistemi di moneta privati sono o meno un fattore di rischio della stabilità economica dei Paesi: infatti, le modalità con cui vengono strutturate la moneta di scambio e i pagamenti rappresentano anche una questione di salvaguardia della democrazia, e qualsiasi azienda grande e forte abbastanza per lanciare una sua propria moneta può essere troppo grande.
Come si può intendere, lo scenario dei prossimi mesi sarà particolarmente interessante e movimentato. Non è detto che la reazione delle Banche, dei Regolatori, degli altri Big Players, non ponga seri ostacoli sul percorso di Libra. Quel che è certo è che FB ha lanciato un grande sasso nello stagno che sta agitando il mondo digitale e finanziario perché ha realmente posto le basi per realizzare una valuta digitale e un’infrastruttura tecnico finanziaria ad oggi non esistente. “Stay tuned” perché questo sarà uno dei temi chiave del prossimo Banking Summit – Transfroming “Is is time for a post digital banking indutry” – che si terrà il 10-11 Ottobre.
[1] https://libra.org/en-US/white-paper/
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