Bankitalia e Istat continuano a rivedere al ribasso le stime del PIL per il 2020 mentre parte il contact tracing in Italia: se da un lato per Immuni è boom di download, dall’altro l’app non è compatibile con tutti gli smartphone.
[IMPATTO CORONAVIRUS]
Il Pil italiano diminuirà di almeno il 9,2% quest’anno per poi recuperare solo parzialmente nel biennio 2021-2022, con una crescita rispettivamente del 4,8% e del 2,5%. A riportarlo sono le stime di Banca d’Italia che prevede per l’andamento dell’economia italiana due scenari, uno “base” (appena descritto) ed uno “severo”. Nelle nuove stime vengono, inoltre, rivisti al ribasso i dati pubblicati lo scorso mese secondo cui nel 2020 il Pil sarebbe diminuito del 9% nello scenario base.
Nello scenario “severo”, invece, il Pil crollerebbe del 13,1%, rispetto al 13% stimato il mese scorso, per poi crescere del 3,5% e 2,7% nei due anni successivi.
Le misure messe in campo dal governo a sostegno dell’economia potranno aiutare a mitigare la contrazione del Pil quest’anno, con un contributo «valutabile secondo i moltiplicatori tradizionali in oltre 2 punti percentuali», si legge nella nota.
Il Pil calerà dell’8,3% nel 2020 con un rimbalzo del 4,6% nel 2021: sono le previsioni dell’Istat sull’economia italiana che tengono conto non solo dell’epidemia ma anche dei segnali di stagnazione già evidenti alla fine del 2019 (prima dell’emergenza coronavirus). Il lavoro seguirà lo stesso andamento: l’occupazione calerà quest’anno del 9,3% per poi aumentare del 4,1% nel 2021.
Ad ogni modo secondo l’Istat gli indicatori disponibili per il mese di maggio mostrano alcuni primi segnali di ripresa in linea con il processo di riapertura delle attività. «La ripresa delle attività di produzione e consumo è attesa sostenere – si legge in una nota – un miglioramento del clima economico con un effetto positivo sul Pil che, dopo una flessione ulteriore nel secondo trimestre, è previsto in aumento nel secondo semestre dell’anno».
La recessione globale innescata dalla pandemia impatterà in maniera significativa sul mercato mondiale dei personal computer e dei tablet, che chiuderà il 2020 con consegne in calo del 7% pari a 367,8 milioni dai 395,6 milioni del 2019. A prevederlo sono gli analisti di Canalys, secondo cui l’andamento sarà piatto nel 2021 per poi registrare una crescita del 2% nel 2022.
Per gli esperti, tuttavia, il periodo più critico dovrebbe essere superato: le flessioni che si registreranno nel secondo, terzo e quarto trimestre saranno, infatti, inferiori rispetto a quella, più marcata, rilevata nel primo trimestre. Ad affievolire il calo contribuiscono principalmente la ripresa della catena di produzione e approvvigionamento in Cina, e la domanda di dispositivi (soprattutto notebook) per il telelavoro e la didattica a distanza. Ad ogni modo l’impatto recessivo del coronavirus sulle economie globali non sarà lieve, ragione per cui «i consumatori, le imprese e i governi daranno la priorità alle spese vitali, prima di pensare all’aggiornamento del Pc», si legge nella nota.
Il pericolo maggiore proverrà dal mondo degli smartphone: dopo un dato estremamente negativo per i primi tre mesi del 2020 (-20% secondo Gartner che sottolinea come si tratti della più grave contrazione di tutti i tempi), il secondo trimestre di quest’anno si caratterizza per un’ulteriore contrazione delle vendite di cellulari, soprattutto nell’area EMEA.
Incentivi al digitale, strumenti per il consolidamento dell’impresa, rilancio degli investimenti pubblici e privati, sburocratizzazione. Questi alcuni dei sette punti chiave di un piano per la ripresa dopo l’emergenza coronavirus che il premier Giuseppe Conte ha elencato in una lettera al Corriere della Sera e al Fatto Quotidiano in vista della proposta della Ue di Recovery Plan, rispetto cui, il premier spiega, «l’Italia deve farsi trovare pronta».
In particolare, Conte ha affermato che il governo è «al lavoro per la modernizzazione del Paese» e che «verranno introdotti incentivi alla digitalizzazione, ai pagamenti elettronici e all’innovazione». Ha proseguito ricordando la necessità di sollecitare la diffusione dell’identità digitale, rafforzare l’interconnessione delle banche dati pubbliche e approvare un programma per realizzare quanto prima la banda larga in tutto il Paese.
Secondo i dati GfK Sinottica nelle prime settimane della crisi e durante il lockdown il tempo speso davanti alla TV è aumentato del 18% rispetto al periodo antecedente l’inizio dell’epidemia. Gli italiani si sono rivolti alla TV per cercare informazioni su COVID-19, ma anche per intrattenersi nel lungo periodo trascorso in casa. Ancora più significativo l’incremento di tempo dedicato alla TV tra i più giovani, con un +24% della Generazione Z tra il 21 febbraio e il 3 maggio.
Con la Fase 2 le cose sono però cambiate: dalle rilevazioni GfK Sinottica, nella prima settimana di maggio, il tempo speso davanti alla TV è cresciuto dell’ 1% e nella seconda del 3%, tornando quasi ai livelli precedenti l’emergenza. Una normalizzazione delle abitudini di fruizione che è dovuta probabilmente al ritorno al lavoro di molte persone e più in generale alla possibilità di uscire dalla propria abitazione. Il trend è ancora più marcato per la Generazione Z (14-24 anni) che nella seconda settimana della Fase 2 ha visto diminuire del -3% il tempo speso davanti alla TV.
Ad ogni modo con la crisi pandemica il digitale è entrato a far parte in maniera significativa nella vita quotidiana degli italiani: secondo le analisi GfK il tempo dedicato agli strumenti digitali è cresciuto del 25% nel periodo compreso tra il 21 febbraio e il 3 maggio 2020, del 20% nella settimana tra il 4 e il 10 maggio e del 24% tra l’11 e il 17 maggio. Questo incremento si riscontra anche nelle fasce più mature della popolazione, quelle che prima dell’emergenza avevano meno familiarità con il digitale. Ad esempio, tra i Baby Boomer (55-74 anni) la crescita è stata del 26% nelle prime settimane di emergenza e durante il lockdown, un trend proseguito anche nella Fase 2, registrando un +24% nella settimana compresa tra l’11 e il 17 maggio.
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[CONTACT TRACING]
L’app Immuni è ufficialmente disponibile negli store di Google ed Apple e potrà essere scaricata gratuitamente da tutti gli italiani sul proprio smartphone. L’app sarà, però, collegata al Sistema Sanitario Nazionale solo nelle regioni in cui sarà attivo il test, nelle altre invece si dovrà attendere alla chiusura della sperimentazione: potrà essere comunque scaricata anche se per il momento i servizi non saranno accessibili.
Il Commissario Domenico Arcuri in una conferenza stampa ha annunciato che l’app Immuni è stata già scaricata da un milione e 150 mila italiani, aggiungendo che dal prossimo 8 giugno sarà funzionante «a pieno regime nelle regioni pilota e dalla settimana successiva in tutta Italia». I risultati sono stati definiti «molto confortanti, in qualche modo inaspettati».
Tuttavia, al momento l’app non funziona su tutti i telefoni di Huawei e del suo brand collegato Honor. Il problema non è stato riscontrato solo sulle versioni più recenti dei dispositivi (quelle sprovviste dei servizi di Google a causa del divieto Usa) ma anche sui modelli precedenti, molto diffusi in Italia. La problematica non riguarda, però, solo i dispositivi Huawei: pare, infatti, che l’elenco degli smartphone non compatibili sia piuttosto ampio.
La ministra Pisano ha ribadito che il modello Google-Apple è stata la scelta più inclusiva che si poteva fare. Qualsiasi altra soluzione non avrebbe potuto includere i cellulari Apple che sono molto diffusi in Italia, aggiungendo che allo stato attuale non esiste una soluzione tecnologica migliore di quella adottata.
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