Joe Biden dichiara di voler prestare particolare attenzione all’economia digitale: dagli interventi per arginare il potere delle big tech alle attività relative alle tecnologie emergenti fino alla questione con la Cina. Nel frattempo anche l’UE si fa avanti ed è pronta a collaborare per scrivere insieme agli USA le nuove regole della digital economy.
***Mercato digitale***
Grazie allo smart working e alla didattica a distanza, ma anche grazie ai vaccini per il covid-19) che creano speranza di poter guardare al futuro, le aziende e i consumatori quest’anno aumenteranno i loro acquisti in tecnologie. Secondo i calcoli di Gartner, nel 2020 il mercato IT globale è calato del 3,2%, scendendo sotto i 3.695 miliardi di dollari, ma per il 2021 si prevede un incremento del 6,2% che porterebbe il giro d’affari a quasi 3.923 miliardi di dollari. Per poi salire, se tutto va bene, a 4.105 miliardi di dollari nel 2022, con un incremento del 4,6% anno su anno.
In particolare, nel 2021 cresceranno dell’8%, le vendite di dispositivi (705,4 miliardi di dollari) e di software aziendali (505,7 miliardi di dollari), mentre si attende un incremento del 6% per i servizi IT (1.072 miliardi di dollari) e del 6,2% per i sistemi per data center (228,3 miliardi di dollari). Il segmento più importante, a valore, continuano a essere i servizi di telecomunicazione, che saliranno del 4,5% fino a 1.410 miliardi di dollari dopo il calo (-1,7%) del 2020.
Ma il 2021 segna davvero un nuovo capitolo, o soltanto inaugura un nuovo anno solare? «I chief information officer», commenta John-David Lovelock, distinguished research vice president di Gartner, «nel 2021 dovranno fare un esercizio di equilibrismo: risparmiare denaro ed espandere l’IT. Mentre l’economia ritorna a livelli di sicurezza, le aziende stanno investendo in tecnologia informatica coerentemente con le loro aspettative di crescita, non con i loro attuali livelli di fatturato. Le attività digitali, trainate da progetti con un rapido Time to Value, otterranno più risorse e un maggior livello di attenzione nel corso del 2021».
A detta di Gartner, la tendenza dominante del 2021 (cominciata già sul finire dell’anno scorso) sarà il digital business, in aree come il cloud computing, le applicazioni core business, la sicurezza e la customer experience.
Oggi quasi due terzi delle organizzazioni presentano le competenze digitali (60%) e di leadership (62%) necessarie per implementare con successo un percorso di trasformazione digitale, un dato in netto aumento rispetto al 36% registrato in entrambi gli ambiti nel 2018. È quanto emerge dal report Digital Mastery 2020: How organizations have progressed in their digital transformations over the past two years, condotto dal Capgemini Research Institute tra maggio e giugno 2020 e basato su un campione di 1.000 dirigenti di aziende con almeno 1 miliardo di dollari di fatturato attive in diversi settori.
Per capire come le organizzazioni hanno sviluppato le loro competenze digitali negli ultimi due anni, Capgemini ha analizzato i punteggi medi in quattro categorie: talento e organizzazione, operations, innovazione del business model e customer experience (CX).
Rispetto al report del 2018 incentrato sulla digital mastery, l’edizione 2020 della ricerca ha evidenziato come, sebbene tutte le organizzazioni abbiano riportato progressi nei loro percorsi di trasformazione digitale, si stia allargando il divario tra i digital master – ovvero le aziende con un elevato livello di padronanza delle competenze digitali e di leadership – e i loro competitor. La pandemia è stata un potente acceleratore di questa tendenza, dal momento che ha richiesto l’introduzione di cambiamenti con una certa urgenza, spingendo le aziende a diventare più convinte e ottimiste in merito alla maturità delle proprie competenze.
***Cloud Computing, Infrastrutture e data center***
Nonostante la sicurezza rimanga un fattore di preoccupazione, secondo un’ indagine commissionata dal fornitore di soluzioni di sicurezza cloud enabled, Barracuda Networks, sta crescendo la fiducia nel cloud pubblico da parte dei professionisti IT.
L’indagine, condotta dalla società indipendente di ricerche di mercato Censuswide, ha coinvolto decisori IT di tutto il mondo per cogliere atteggiamenti e opinioni nei confronti del cloud pubblico, nonché i vincoli all’accesso, i problemi di sicurezza, le soluzioni emergenti e diversi altri temi ad essi collegati.
In particolare, dai risultati emerge che oltre tre quarti degli intervistati usa più di un fornitore cloud, quali Amazon Web Services, Microsoft Azure e Google Cloud Platform. Inoltre, le organizzazioni si trovano a fronteggiare una serie di vincoli relativamente all’accesso al cloud: il 56% degli intervistati sta lavorando intensamente per poter garantire disponibilità continua e accesso “always on” alle applicazioni cloud.
A poco più di un anno dall’adozione del Green deal europeo, i principali esponenti dell’industria del cloud e gli operatori di data center scendono in campo per il pianeta. Nel dettaglio, 25 società e 17 associazioni hanno siglato il Patto per la neutralità climatica dei data center, un’iniziativa di autoregolamentazione creata in collaborazione con la Commissione europea e volta a rendere tali infrastrutture a impatto zero dal punto di vista climatico entro il 2030.
Ma a che punto è l’Europa sul fronte del cloud computing? Secondo un’indagine di Eurostat, il 98% delle imprese dell’Unione con 10 o più dipendenti ha accesso a Internet, ma solo il 36% sfrutta la “nuvola” (sebbene tale quota risulti quasi raddoppiata rispetto al 2016, quando si parlava del 19%). Nel dettaglio, il 76% delle aziende dichiara di utilizzare tale tipologia di architettura per i servizi di posta elettronica, il 67% per archiviare file, il 58% per l’utilizzo dei software aziendali e il 47% per ospitare i propri database. Ma c’è anche chi ne usufruisce per accedere ad applicazioni software più avanzate per gli utenti finali, come la gestione finanziaria o contabile (45%) e la gestione delle relazioni con i clienti (27%).
Non sorprende, scrivono i ricercatori, che la percentuale più elevata di imprese che utilizzano servizi di cloud computing appartenga al settore dell’informazione e della comunicazione (71%), mentre per gli altri comparti si parla di una forbice compresa tra il 27 e il 43%. Inoltre, rispetto al 2018, l’incremento dell’utilizzo ha riguardato principalmente il settore manifatturiero (+19%) e l’immobiliare (+14%). Sul versante dimensionale, invece, il 65% sono grandi imprese, in crescita di 12 punti percentuali rispetto al 2018, mentre meno del 50% sono piccole e medie imprese (seppur sempre in crescita di 12 punti percentuali).
***USA&Cina: le novità attese con la nuova amministrazione USA***
- Politica e tecnologie: Biden continuerà la battaglia antitrust contro Google?
L’American Economic Liberties Project, gruppo antimonopoli guidato da Sarah Miller, che sta lavorando con il team di transizione del presidente eletto, ha realizzato un report che definisce regole più severe contro le posizioni dominanti dei big dell’economia digitale, auspicando una nuova indagine anche contro Amazon. L’analisi in un articolo del Sole 24 Ore.
PER APPROFONDIRE – Dai social alle big tech: cosa prevede l’agenda digitale di Biden
Nel campo delle norme sull’economia digitale l’Ue «ha così tanto da offrire alla nuova Amministrazione di Washington: il percorso che abbiamo intrapreso in Europa può essere un modello a livello internazionale. Come è stato a lungo il caso del regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR)». Ad affermarlo è stata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, intervenendo al dibattito della plenaria dell’Europarlamento sull’inaugurazione della nuova presidenza Usa di Joe Biden. Von der Leyen ha prospettato un’iniziativa congiunta Ue-Usa per creare nuove regole democratiche basate sui valori comuni e valide a livello mondiale, «posso immaginare, ad esempio, un Consiglio comune per il commercio e la tecnologia, come primo passo». «Insieme -ha aggiunto- potremmo creare un regolamento sull’economia digitale valido in tutto il mondo: dalla protezione dei dati e della privacy alla sicurezza dell’infrastruttura tecnica. Un corpo di regole basato sui nostri valori: diritti umani e pluralismo, inclusione e tutela della privacy».
***Digital Italy***
Tra i diversi temi affrontati nel suo discorso al Senato, il premier Giuseppe Conte ha dichiarato che «nel settembre 2019 avevano lo Spid 4 milioni di persone, adesso siamo a 16 milioni e centomila. L’app Io oggi ha 9 milioni e 365 mila cittadini iscritti, non esisteva nel settembre 2019». «Il nostro obiettivo – ha aggiunto- è ridurre le diseguaglianze per uguaglianza di partenza: un grande fattore di diseguaglianza è il digital divide, dobbiamo lavorare in questa direzione».
Per 15 anni è stato ignorato l’allarme sui rischi legati ad una pandemia, ora gli effetti rischiano di pesare sul mondo delle imprese, del lavoro e sulle giovani generazioni sulle quali si sono abbattute due crisi economiche globali. È l’allarme lanciato nel Global risks report 2021 del World Economic Forum in cui vengono elencati i rischi sugli effetti a breve, medio e lungo termine del Covid-19.
Il Wef avverte che la pandemia rischia innanzi tutto di ampliare le disparità d’accesso alle tecnologie e alle competenze digitali, e questo in futuro potrebbe “mettere in discussione la coesione sociale”. A pagarne gli effetti infatti saranno “in particolare i giovani di tutto il mondo, perché si trovano ad affrontare la seconda crisi globale della loro generazione, che li potrebbe escludere dalle opportunità del prossimo decennio”.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha una nuova versione. Come commentato dal Governo, «le riforme previste (da finanziare con gli oltre 200 miliardi dei fondi messi a disposizione dalla Ue come risposta alla crisi indotta dalla pandemia) impatteranno positivamente sulle principali variabili macroeconomiche e sugli indicatori di inclusione, equità e sviluppo sostenibile attraverso i maggiori investimenti che verranno attivati direttamente e indirettamente e le innovazioni tecnologiche che introdurrà e stimolerà». Tra le nuove disposizioni, si prevede in modo particolare che:
- 25,8 miliardi vengano dedicati all’ innovazione delle imprese (prosecuzione piano Transizione 4.0), al 5G, nonché al completamento del Piano Banda Ultra Larga, integrati con 800 milioni del ReactEU.
- 19,7 miliardi vengano utilizzati per la Sanità digitale, dei quali 7,5 miliardi ad “Assistenza di prossimità e telemedicina”, a cui si aggiungono 400 milioni di ReactEu, e 10,5 miliardi ad “Innovazione dell’assistenza sanitaria”, a cui si aggiungono 1,3 miliardi di ReactEu.
- 11,3 miliardi di euro saranno destinati a digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA.