Continua il processo alle Big Tech. Accanto al Congresso USA e alle attività dell’Unione Europea anche il governo cinese di recente ha minacciato di intervenire contro colossi quali Alibaba e Tencent mentre in Spagna si dà avvio alla cosiddetta “tassa Netflix”. In Italia, invece, prende piede il fenomeno “south working”.
Future Disrupted: tutti i trend tecnologici per il 2021
Con il report Future Disrupted: 2021, NTT illustra le proprie previsioni sui trend tecnologici. Sulla base delle tendenze previste, fondamentali per guidare il cambiamento, e con il supporto della visione degli esperti di NTT, questi trend servono da guida per tutte le aziende che vogliono cogliere le opportunità e sfruttare i benefici insiti delle tecnologie protagoniste.
Le tecnologie, pronosticate oltre il 2021, riflettono l’impatto che la pandemia COVID-19 ha avuto sull’accelerazione della trasformazione digitale della società. NTT individua cinque trend tecnologici chiave in grado di aiutare le organizzazioni a realizzare gli obiettivi di sicurezza e incolumità, di supportare una crescita sostenibile e ridurre la pressione ambientale:
- Le reti completamente fotoniche (APN) spingeranno le comunicazioni globali: le APN consentiranno una trasmissione end-to-end delle informazioni tra i terminali e i server e permetteranno di operare in un ambiente comunicativo sostenibile a bassissimo consumo energetico.
- La tecnologia di Cognitive Foundation (CF) avrà il potere di connettere e controllare qualsiasi cosa: la gestione centralizzata e l’allocazione agile delle risorse ICT fornirà l’abilità necessaria per integrare le diverse informazioni dei sensori – voce, video o altro – per supportare le iniziative di IoT.
- Il Digital twin computing (DTC) fornirà l’analisi predittiva integrando il mondo reale e virtuale: il DTC analizzerà differenti ambienti copiando, combinando e scambiando liberamente i vari digital twins di “cose” e persone. Queste informazioni verranno integrate all’interno di applicazioni come i sistemi di previsione per la congestione del traffico e potranno fare predizioni più accurate nell’ambito del controllo delle malattie.
- L’evoluzione dovuta a utenti sviluppatori e robotic process automation modificheranno il panorama delle applicazioni di business: grazie alle piattaforme di low-code/no-code molte applicazioni di business verranno create direttamente dagli utilizzatori e grazie all’automazione scaricheranno i dipendenti dai task ripetitivi in modo che il loro tempo venga speso su attività a maggior valore aggiunto.
- Il quantum e l’edge computing inaugureranno una nuova era per l’elaborazione: molti attività di elaborazione potranno essere eseguite localmente piuttosto che su cloud centrali che potrebbero causare ritardi. Per esempio, i sistemi visivi computerizzati delle automobili potrebbero processare e riconoscere le immagini immediatamente anziché inviarle al cloud per verifica.
L’ecommerce è diventata la terza value chain italiana
La value chain dell’ ecommerce sale al terzo posto tra le 99 attività economiche per incidenza sul fatturato del settore privato in Italia nel 2019 (nel computo dei settori ATECO sono stati esclusi i settori dell’edilizia, dell’energia e dell’estrazione di prodotti petroliferi).
Lo fa con un peso del 19,2% sulla crescita di fatturato del totale delle attività economiche italiane.
Sempre nel 2019 la value chain legata all’ecommerce ha inciso sulla crescita dell’occupazione delle imprese italiane, contribuendo al 6,7% del totale, rivelandosi anche terzo settore economico per variazione dell’incidenza sull’occupazione italiana.
A riportarlo sono i dati contenuti nel report realizzato da Netcomm in collaborazione con The European House – Ambrosetti, “Il ruolo e il contributo dell’e-commerce e del digital retail alla crescita e alla trasformazione digitale” secondo cui gli acquisti online in Italia nel 2020 stanno generando un incremento di ricavi per 3,5 miliardi di euro (+6,3% sul 2019, con un trend più contenuto rispetto al tasso medio del +18% degli ultimi 5 anni).
Dall’analisi emerge, inoltre, che quasi il 70% degli operatori ecommerce, ossia merchant e brand che hanno attivato canali di vendita diretta online, e il 60% delle aziende che forniscono servizi alla filiera prevedono di rafforzare la propria forza lavoro per il canale ecommerce nel 2020, per un settore che in Italia nel 2019 contava oltre 290mila lavoratori.
Spesa IT nel 2021 in area EMEA: previsto un aumento di quasi il 3%
Secondo le ultime previsioni di Gartner la spesa IT in area EMEA dovrebbe diminuire del 6,5% nel 2020, per poi recuperare parzialmente nel 2021, anno in cui dovrebbe crescere del 2,8%.
Per quest’anno è prevista una diminuzione della spesa in tutti i segmenti analizzati. Tuttavia, nel 2021, quando le organizzazioni inizieranno a riconfigurare i propri modelli di business e operativi per una nuova realtà, le aziende aumenteranno i loro livelli di spesa. Le organizzazioni devono rispondere agli interventi di sanità pubblica causati da COVID-19 e una parte di questi sforzi riguarderà la spesa per i dispositivi nel 2021 che passerà da un calo del 15,1% nel 2020 a un aumento dell’1,7% nel 2021. La spesa per notebook sottili e leggeri è destinata a crescere del 10%, mentre quella per piattaforme desktop-as-a-service raggiungerà un forte aumento del 60%.
A incidere su tale crescita sarà in particolare lo smart working: gli investimenti nella fornitura di tecnologie per supportare i lavoratori remoti alimenteranno la spesa per queste tecnologie del 5%. Le organizzazioni EMEA aumenteranno infine la loro spesa totale per la collaborazione e le piattaforme di contenuto (17%), il software di sicurezza (11%) e le comunicazioni unificate di cloud conferencing (4%).
[IL SOUTH WORKING]
Svimez, 45.000 lavoratori del Nord in smartworking al Sud
Sono 45.000 i lavoratori delle grandi aziende del Nord che dall’inizio della pandemia lavorano in smart working dal Sud. E’ quanto emerge da una indagine sul ‘southworking’, realizzata da Datamining per conto della Svimez su 150 grandi imprese, con oltre 250 addetti, che operano nelle diverse aree del Centro Nord nei settori manifatturiero e dei servizi.
«Il dato – prosegue la ricerca – potrebbe essere solo la punta di un iceberg. Se teniamo conto anche delle imprese piccole e medie (oltre 10 addetti), si stima che il fenomeno potrebbe aver riguardato nel lockdown circa 100 mila lavoratori meridionali». Lo studio ricorda che attualmente sono circa due milioni gli occupati meridionali che lavorano nel Centro-Nord. Dall’indagine emerge inoltre che, considerando le aziende che hanno utilizzato lo smart working nei primi tre trimestri del 2020, o totalmente o comunque per oltre l’80% degli addetti, «circa il 3% ha visto i propri dipendenti lavorare in southworking».
***PA e governo digitale***
[USA & CINA]
Big Tech cinesi: l’ombra dell’Antitrust si abbatte sulle azioni
Le Big Tech sono messe sotto pressione dall’Antitrust che le accusa di esercitare una posizione dominante sul mercato, a discapito della concorrenza. Mentre Unione Europea ed USA già da tempo discutevano su come arginare il potere delle Big Tech, adesso anche la Cina minaccia di intervenire su giganti quali Alibaba, Tencent e JD.Com.
Secondo le Autorità di Pechino, il libero mercato è messo seriamente in pericolo dallo strapotere dei colossi online che stanno eliminando la concorrenza ed impedendo la crescita produttiva nel Paese.
La reazione dei mercati è stata violenta, con il titolo di Alibaba che a Hong Kong ha lasciato quasi il 10%.
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La novità principale del progetto di Legge Generale sulla Comunicazione Audiovisiva presentato lo scorso 6 novembre dal governo spagnolo, riguarda la previsione della cosiddetta “tassa Netflix”, ovvero l’obbligo di un contributo economico delle piattaforme online che operano in Spagna al cinema e alle serie televisive europee e nazionali.
Nel dettaglio, la proposta di legge prevede che piattaforme online audiovisive on demand, come Netflix, HBO, Amazon Prime Video o Rakuten TV, che emettono serie e film nel paese guadagnando dagli abbonamenti del pubblico spagnolo, concorrano con il 5% dei redditi generati in loco al finanziamento di cinema o serie europee, appoggiando nella misura del 70% produttori indipendenti e destinandone il 40% a film di produzione in castigliano o in una delle lingue co-officiali.
Amazon nel mirino dell’antitrust Ue: concorrenza sleale a danno dei rivenditori
La Commissione europea ha contestato ad Amazon di essere responsabile di una concorrenza sleale nei mercati al dettaglio in rete. L’accusa arriva direttamente dalla commissaria Margrethe Vestager, “guardiana” della concorrenza nell’Ue dal 2014 e già protagonista di diverse battaglie legali contro altri giganti dell’economia digitale. Questa volta la politica danese punta il dito contro la natura “duale” dell’impresa fondata da Jeff Bezos, allo stesso tempo padrona del negozio online più grande del web e anche rivenditrice al dettaglio di prodotti e dunque in concorrenza con le altre imprese venditrici.
La posizione dominante dell’impresa americana deriverebbe, secondo Bruxelles, dalla sua natura di fornitore di servizi. Amazon ha infatti accesso a una serie di dati non pubblici sugli affari dei rivenditori terzi, come ad esempio il numero delle merci ordinate e spedite ai clienti o il numero di visite alle offerte. Le evidenze raccolte dalla Commissione in un primo parere di contestazioni indicano che quantità “molto grandi” di dati non pubblici relativi ai rivenditori sono disponibili ai dipendenti del servizio di vendita al dettaglio di Amazon e affluiscono direttamente nei sistemi operativi che aggregano i dati, venendo, poi, utilizzati per calibrare le offerte al dettaglio e le decisioni strategiche. Tutto a scapito dei rivenditori stessi.