27.07.2023

La rivoluzione della customer experience, tra canali, formati e valori

Il Caffè Digitale

 

Il concetto di customer journey non è nuovo ma è in continua evoluzione. Lo scenario odierno è segnato dall’ibridazione tra i canali, da nuovi format, da nuovi punti di contatto e da un consumatore che potremmo definire “smart” ma anche “viziato”, e che si muove sulla spinta di elementi sia razionali sia irrazionali. Dal 2018 la SDA Bocconi insieme a Jakala e ad altri partner sta portando avanti una ricerca sulla Signature Customer Experience, analizzando il contesto in cui si forma l’esperienza del cliente. La signature experience, una definizione introdotta dalla nostra ricerca, è l’approccio unico e personalizzato, guidato dai dati, che ogni azienda dovrebbe avere rispetto al disegno di tutti i punti di contatto con il cliente, umani, fisici e digitali. L’approccio evolve in funzione dello scenario tecnologico, valoriale e competitivo; e lo scenario degli ultimi anni è stato complesso e ibrido.

Nel saggio Contactless Signature Experience, pubblicato nel 2022 su dati 2020-2021 ci interrogavamo su quello che pensavamo essere lo scenario del “new normal” post pandemia e avevamo identificato tre trasformazioni intese alla stregua di un cambiamento di stato tra prima e dopo.

  • La prima a livello di value proposition per il cliente tra emozione e razionalità. Alcuni settori, come quello della moda e del lusso, da tempo offrono emozione, novità, il cosiddetto “effetto wow”. La pandemia ha un po’ riportato tutti con i piedi per terra con una richiesta di razionalità, semplificazione del journey, richiesta di informazioni.
  • La seconda transizione è avvenuta a livello di geografie e mercati innestandosi su una dinamica di deglobalizzazione cominciata già prima della pandemia, e quindi su un nuovo  rapporto tra “centro” e “periferia”. Da qui la parola glocal, che portava la richiesta di attenzione al contesto locale a livello di contenuti, attivazioni, culture.
  • La terza transizione riguarda le organizzazioni, e il tema era quello di trovare una sintesi tra “hardware” e “software”. In questo caso l’hardware è inteso sostanzialmente come l’infrastruttura tecnologica, mentre il software sono le persone. Dalla sintesi di questi due elementi deve emergere non solo la definizione di una customer experience ma anche la necessità di concepire una people experience, pensando al capitale umano aziendale. Senza una people experience è difficile, in effetti, consegnare ai clienti una customer experience autentica.

Negli ultimi due anni stiamo osservando molte nuove tendenze. Dalle nostre ultime ricerche ritroviamo i temi dell’ibridazione dei canali e dei formati, la moltiplicazione dei punti di contatto con il cliente, la richiesta di personalizzazione e, sempre di più, di esperienza. Rispetto al passato osserviamo per i retailer una generale contrazione dei margini e anche della fidelizzazione dei clienti. E poi l’importantissimo tema delle risorse umane nel retail: la mancanza di personale, il bisogno di nuove competenze, la grande fuga da modelli di lavoro considerati obsoleti. A questo scenario si somma l’evoluzione del cliente, che sull’onda della pandemia – un po’ per necessità e un po’ per opportunità – è diventato smart, ovvero gioca ruoli multipli in funzione dei bisogni e delle attitudini che ha sviluppato in un ambiente multicanale. Ma è diventato anche, per certi versi, più viziato ricercando nello stesso momento nelle marche uno stile di vita, valori di autenticità, il brivido della novità ma anche l’affare.

Guardando agli ultimissimi sviluppi, oggi il new normal per brand e retailer è uno scenario sempre più “ibrido”, come risultato di forze contrastanti, tra le quali va trovata una sintesi signature per ogni azienda:

  • Nella nostra nuova analisi abbiamo cambiato le parole chiave, quindi nel definire la value proposition per i clienti invece di razionalità ed emozionalità parliamo di una nuova sintesi tra arte e scienza, tra creatività, emozione e ispirazione e un modo di leggere il cliente che è sempre più scientifico.
  • Resta la necessità di sintesi tra dimensione globale e locale ma attraverso un approccio gLocal (anziché Glocal), con ancora maggiore enfasi sulla componente locale, perché le comunità, le culture, le attivazioni e gli assortimenti locali diventano sempre più importanti per avere successo. Sempre con la necessità di mantenere forte l’identità aziendale.
  • Infine, osserviamo la necessità di una sintesi tra hardware e software che evolve in una sintesi tra automazione e umanità, con la necessità di capire come integrare la tecnologia nella people experience all’interno dell’azienda. La tecnologia non dev’essere considerata come una commodity ma va approcciata anch’essa in logica signature, definendo la tecnologia giusta per la singola azienda, per il singolo brand, per il singolo journey. Nella cultura delle aziende deve entrare il tema del digital trust, della fiducia digitale, pensando che la tecnologia serve per migliorare la qualità della nostra vita e delle nostre interazioni. Infine, molto investimento andrà fatto sulle strategie di employer branding per rispondere ai bisogni di una forza lavoro in profonda evoluzione.

(Intervento estratto dal contributo di Stefania Saviolo per il Rapporto Digital Italy 2023, a cura di The Innovation Group, edizioni Gruppo Maggioli, di prossima uscita)

 

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