Riformare la Pubblica Amministrazione vuol dire innanzitutto intervenire sulle figure professionali che la compongono. Come farlo? Se ne parla nel libro “E-leadership – Come guidare la trasformazione (digitale) della PA” di Giuseppe Iacono.
Tra le sue principali priorità, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede un’importante riforma della Pubblica Amministrazione (a cui, come si legge nella bozza del Piano presentata alla Commissione Europea lo scorso 30 aprile, vengono destinati 9,75 miliardi di euro) che si basa su quattro pilastri:
- Accesso, per snellire e rendere più efficaci e mirate le procedure di selezione e favorire il ricambio generazionale.
- Buona amministrazione, per semplificare norme e procedure.
- Competenze, per allineare conoscenze e capacità organizzative alle nuove esigenze del mondo del lavoro e di un’ amministrazione moderna.
- Digitalizzazione, strumento trasversale per realizzare meglio tali riforme.
In particolare, con riferimento alle competenze, gli obiettivi del Piano sono:
- definizione dei profili professionali quale “parametro di riferimento” per le politiche di assunzione;
- miglioramento della coerenza tra competenze e percorsi di carriera;
- attivazione di percorsi formativi altamente qualificati e certificati, individuati a partire dall’effettiva rilevazione dei gap di competenze rispetto ad ambiti strategici comuni a tutti i dipendenti;
- incremento della cultura tecnico-gestionale degli amministratori, con misure che stimolino l’adozione di un approccio consapevole e proattivo alla transizione digitale.
Il tema viene affrontato in maniera dettagliata nel libro “E-leadership – Come guidare la trasformazione (digitale) della PA” di Giuseppe Iacono che, prendendo in prestito le parole dell’autore, si pone lo «scopo ultimo di aprire una discussione intorno al ruolo della leadership nella pubblica amministrazione nell’era digitale».
Se, infatti, come più volte affermato, l’esperienza del Covid-19 ha mostrato la forte pervasività delle tecnologie digitali nella vita quotidiana e lavorativa delle persone, ciò che emerge è l’importanza di utilizzare con consapevolezza il digitale: in questo senso è fondamentale agire «con processi e organizzazioni strutturati in modo da sfruttare al massimo le opportunità delle tecnologie digitali, costruendo ecosistemi flessibili e resilienti».
Del resto, come ricorda Iacono, la rivoluzione digitale non è il risultato della mera applicazione «delle tecnologie digitali ai processi e alle dinamiche esistenti», comportando piuttosto una loro «trasformazione radicale e profonda». In Italia bisogna, dunque, scongiurare la possibilità che si proceda adottando la logica della “digitalizzazione dell’esistente”, un rischio che il nostro Paese rischia tuttavia di correre.
Ciò che bisogna assumere è, dunque, quella che nel libro viene definita «l’acquisizione della capacità di “pensare digitale”», obiettivo che si raggiunge «soltanto attraverso una profonda ristrutturazione delle competenze manageriali, e la chiave di volta è proprio la loro reinterpretazione, la transizione verso una nuova logica». Pensare digitale non vuol dire acquisire competenze informatiche, perlomeno non solo: si tratta piuttosto di competenze che consentono di utilizzare appieno le opportunità del digitale, affondando le radici in un nuovo modello culturale.
Tale cambio di paradigma assume rilievo se si pensa alla necessità di promuovere il passaggio da un modello di PA centrato sull’Amministrazione (ancora oggi prevalente) a uno centrato sul (o guidato dal) cittadino: la principale differenza tra i due modelli è che se nel primo i servizi sono articolati secondo l’organizzazione pubblica, «secondo una logica di universo autoconsistente», nel secondo, i servizi e i processi amministrativi sono strutturati secondo il bisogno e le esigenze di interazione del cittadino.
Un aspetto chiave per promuovere tale passaggio è l’introduzione all’interno della PA della figura dell’e-leader e l’acquisizione di quelle che Iacono definisce le competenze per l’e-leadership, attraverso il cui sviluppo «si possa contribuire a superare e ribaltare una concezione dell’amministrazione autoreferenziale a cui il cittadino deve rivolgersi per chiedere servizi». In questo senso, dunque, tramite la figura dell’e-leader bisogna costruire un’organizzazione «innovativa che ha ben chiara la propria missione, del tutto cittadino-centrica», guidata dal cittadino, come suggerito dal modello Oecd del 2014.
Che cos’è, dunque, l’e-leadership?
L’e-leadership è per sua natura interdisciplinare e trasversale: il suo sviluppo richiede il possedimento di competenze manageriali, di visione, di cambiamento, nonché di comprensione delle opportunità digitali, tenendo conto che non si tratta di una condizione congenita ma che piuttosto «va coltivata».
In questo senso, dunque, gli e-leader sono coloro che innovano, che cambiano in maniera duratura e con radici profonde la realtà in cui operano. Tale tipologia di manager deve possedere in particolare le cinque caratteristiche di: Visione, Curiosità, Collaborazione, Sperimentazione, Sfruttamento del networking.
Come si declina la figura dell’e-leader all’interno della PA?
Come si legge nel libro, per realizzare il cambiamento richiesto all’interno della PA le competenze chiave richieste all’e-leader per attuare le missioni strategiche devono consentirgli di occuparsi di:
- Tutela della cittadinanza digitale, contribuendo alla costruzione di un contesto in cui possano essere esercitati i diritti di cittadinanza digitale. In questo senso bisogna lavorare per creare le condizioni per un accesso aperto e decentralizzato ai dati da parte dei cittadini.
- Progettazione di servizi di digital government, attivando all’interno della propria organizzazione progetti di innovazione (dematerializzazione, interoperabilità, infrastrutture tecnologiche) e riorganizzazione (reingegnerizzazione dei processi), migliorandone le performance.
- Attuazione dei processi di open government, utilizzando la tecnologia come fattore abilitante per lo sviluppo di organizzazioni basate su trasparenza (accesso alle informazioni e dati aperti), partecipazione, collaborazione e accountability, migliorando così il rapporto con i cittadini.
Va, infine, ricordato che non si può promuovere una crescita digitale senza inserirla in un più ampio percorso di sviluppo sostenibile, «dove la partecipazione attiva della rete sociale diventa un pilastro indispensabile dell’architettura complessiva». Un aspetto, come si legge nel libro, che riprende la definizione di “progetto umano” del noto filosofo Luciano Floridi, secondo cui «il progetto umano per il secolo digitale è il verde e il blu», partendo dalla considerazione che «[..] oggi le soluzioni trovate dalla politica buona per perseguire il progetto umano devono essere sia verdi, riguardando l’economia ambientalista (ambiente naturale e sociale) e della cultura (ambiente mentale), sia blu riguardando l’economia digitale e dell’informazione» e che se «siamo entrati nell’economia lineare consumista grazie alla tecnologia, è sempre la tecnologia che potrà farci approdare alla sostenibilità intelligente della circolarità affluente». Come affermato da Iacono, «la responsabilità perché succeda (o meno) è di noi tutti».
Per ulteriori approfondimenti rimandiamo al libro E-leadership (ed. FrancoAngeli, 2021) https://www.francoangeli.it/Ricerca/scheda_libro.aspx?Id=26984