A cura di Roberto Masiero, President, The Innovation Group
Un Paese dove non mancano positive energie di trasformazione, ma dove gli innovatori rischiano di annegare per la resistenza dei vecchi poteri e per la turbolenza della politica.
Dal DIGITAL ITALY SUMMIT 2016 di Roma è emerso il quadro di un Paese che si muove a diverse velocità sul terreno della crescita digitale.
Sarebbe impossibile fornire un quadro esauriente di 60 interventi che hanno costellato questa appassionante “due giorni”: scusandomi in anticipo, mi limiterò quindi a citare alcuni dei temi principali che hanno alimentato il ricchissimo dibattito.
Secondo Elio Catania, Presidente di Confindustria Digitale, “ 12 mesi fa sembrava di essere missionari nel deserto; abbiamo chiesto a viva voce che scendesse in campo la leadership pubblica e privata; abbiamo promosso una chiamata alle armi delle PMI per far passare il messaggio, sottolineando la centralità della manifattura per l’economia del nostro Paese: ed ora, con Industria 4.0, vediamo per la prima volta un piano di innovazione centrato sul digitale”. Sullo stesso tema hanno insistito con accenti diversi il Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, Marco Gay, e Alberto Baban, Presidente della Piccola Industria, che ha annunciato la costituzione di 20 ”Digital Innovation Hub” sull’intero territorio nazionale.
Ma altri interventi hanno espresso preoccupazione perché, come ha detto Carlo Purassanta, CEO di Microsoft, “Stiamo in realtà perdendo terreno mentre gli altri stanno accelerando”. E ha incalzato: “La digitalizzazione è quanto accadrà nei prossimi 10 anni. I dati raddoppiano ogni anno: li stiamo usando? NO. Le PMI si stanno muovendo, le grandi NO. L’intelligenza artificiale la stiamo usando? NO. Il 3d sarà completamente interattivo. Siamo pronti? NO. E vediamo molte Città che hanno un Gap di ecosistema. A fronte di tutto ciò, dobbiamo promuovere una innovazione aperta, collaborativa e di piattaforma”.
Il Direttore Generale di AGID, Antonio Samaritani, ha sottolineato che “La PA deve essere un pezzo del motore di trasformazione del Paese. Di qui la scelta di focalizzazione su alcune piattaforme, veicolo di trasformazione per il cittadino e l’impresa”. Samaritani ha molto sottolineato anche il carattere evolutivo della trasformazione digitale, che richiede di affiancare al percorso di persuasione il discorso del nuovo: “non possiamo essere talebani della digitalizzazione, ma creare delle logiche della digitalizzazione che siano multicanale”: il che lascia aperto il problema di definire dove sia opportuno accelerare lo switch-over e dove applicare invece un approccio misto multicanale.
Su questo tema è intervenuto con forza il prof Carlo Alberto Carnevale Maffè, che nel suo intervento intitolato “ All you need il LAW” ha affermato che “ Lo switch-over digitale è la continuazione della politica con mezzi tecnologici”, e sottolineato che il problema non è tanto l’execution, quanto la delega: “Scrivete regole semplici, e lasciate fare a noi ( ovvero al mercato).. La futura PA si chiama cittadinanza digitale”.
E il Prof Alfonso Fuggetta ha articolato con chiarezza cristallina nel suo intervento alcuni punti chiave del dibattito che ha caratterizzato l’intero Summit, che può essere riassunto nella frase: “Non dobbiamo solo correre più veloci, dobbiamo cambiare modo di correre”. Dunque:
- I servizi pubblici non sono e non saranno mai un driver per la banda larga perché non richiedono elevate velocità di trasmissione, non sono acceduti quotidianamente dai cittadini e molti sono spesso solo adempimenti richiesti dalle amministrazioni, che andrebbero cancellati, non digitalizzati.
- I “veri” driver per lo sviluppo della banda larga sono invece l’”Entertainment & Social”, le imprese e le filiere di impresa, la “ domanda aggregata e quella che egli definisce semplicemente “Impazienza”.
- Una strategia di sviluppo lungimirante deve prevedere infine una proficua interazione pubblico-privato:
- il pubblico (anche attraverso in propri fornitori) deve concentrarsi sullo sviluppo dei sistemi di back-end, dei servizi infrastrutturali di base (vedi SPID e ANPR) e di pochi essenziali servizi di front-end;
- il privato deve sviluppare i front-end integrando servizi (e API) del pubblico e del privato (per esempio, un cruscotto digitale per le cure sanitarie in famiglia, che integri servizi pubblici e servizi privati).
Questo approccio è stato ampiamente ripreso e sviluppato da alcuni rappresentanti delle cosiddette “imprese-piattaforma” invitate a intervenire nella discussione.
In particolare Anna Pia Sassano, Responsabile Architetture Digitali e Servizi per la PA di Poste Italiane, ha affermato che “molti di noi fanno APP e non API”: puntualizzando che le APP sono tendenzialmente verticali, mentre le API devono esser orizzontali, sottolineando così la natura delle APP come tools tattici, a fronte delle API come enablers strategici di nuovi ecosistemi. Il modello di innovazione prefigurato dalla d.ssa Sassano è quello di un insourcing dei modelli di business che vengono da altri settori, tenendo conto che il baricentro si sposta dalla parte della supply a quella della domanda e della necessità di cambiare la cultura aziendale in quella di un’azienda-piattaforma.
Tra i moltissimi interventi che hanno affrontato il tema della trasformazione dei modelli di business abilitati dalla trasformazione vorrei citare infine quello di Gianluigi Castelli, Direttore Centrale Innovazione e Sistemi Informativi, Ferrovie dello Stato. Castelli ha delineato l’evoluzione dello scenario della mobilità dal possesso allo sharing: in considerazione della fortissima competizione che qualunque azienda di trasporti si trova di fronte, ha prospettato l’evoluzione della strategia della sua Azienda in direzione della “Mobility as a service” e di quella che egli ha definito: “Mobilità integrata multimodale: dal treno agli autobus, al car sharing al bike sharing si tratta di prepararsi rapidamente alla “ripianificazione dinamica del viaggio”. Secondo Castelli, dal punto di vista tecnologico, le APP come interfaccia col cliente non rappresentano più dello 0,1% della complessità tecnologica. Quali sono invece i veri enablers strategici che dovranno consentire lo sviluppo di questi nuovi ecosistemi? La struttura di Castelli sta valutando un’architettura di integrazione che ritiene superiore al modello delle API: egli ritiene infatti che nuove tecnologie derivanti dai BOTS e dal Conversational Commerce consentano una integrazione più raffinata.
In conclusione il quadro complessivo che emerge dal Summit è assai variegato:
- Le forze più dinamiche del Paese – alcune grandi Aziende-piattaforma, il cuore più dinamico e già ampiamente internazionale delle PMI, alcuni “Innovatori locali” della PA – hanno capito che, se non si accelera, il gap con la competizione internazionale rischia di divenire rapidamente incolmabile e si stanno muovendo in conseguenza, sostenute dalle forze più dinamiche di Confindustria e di Confindustria Digitale.
- Il Commissario Straordinario Piacentini deve ancora palesare le direttrici principali della sua azione concreta: ha ampi poteri previsti dal suo Decreto di Nomina, ma la turbolenza politica non lo aiuta, e la rottura dell’asse privilegiato con Renzi potrebbe avere un impatto significativo sull’efficacia della sua azione.
- L’AGID è impegnata nel difficile ruolo di costruire infrastrutture immateriali e piattaforme orizzontali che abilitino lo sviluppo di ecosistemi pubblico privato, affrontando allo stesso tempo le resistenze dei silos che provengono da svariate parti della PA Centrale e locale.
- Industria 4.0. particolarmente dopo l’approvazione della “Legge di Bilancio”, appare finalmente come una politica industriale solida che, date le modalità con cui è costruita, dovrebbe produrre i suoi effetti in relativa indipendenza dalle evoluzioni dello scenario politico.
- E infine Il Piano Ultra-Broadband, condizione necessaria perché la digitalizzazione si sviluppi realmente, rischia qualche rallentamento, anche se il Sottosegretario Giacomelli al Summit ha solennemente dichiarato: “La strada imboccata sulla banda ultralarga non si fermerá, se qualcuno lo immagina si sbaglia”
Siamo appesi almeno in parte alle turbolenze della politica: ma la competizione internazionale non si ferma, e tutto il sistema pubblico-privato del nostro Paese è chiamato a muoversi rapidamente.
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