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Istruzione 2.0: le possibilità di innovazione dalla scuola alla formazione post-universitaria

A cura di Anna NocellaThe Innovation Group

L’innovazione tecnologica modifica anche l’istruzione, consentendo l’introduzione di nuovi strumenti e di nuovi modelli didattici.

L’istruzione si rinnova, a partire dalla scuola: negli ultimi anni l’impegno ministeriale per rendere la scuola digitale ha consentito di connettere alla rete il 70% degli istituti (sebbene spesso tale connessione sia inadatta alla didattica) e di dotare di Lavagne Interattive Multimediali e di proiettori interattivi rispettivamente il 41,9% e il 6,1% delle aule. Tali strumentazioni sono funzionali ad un rinnovamento della didattica: sempre più spesso infatti si sperimentano approcci più interattivi; un esempio sono le cosiddette “classi capovolte”, che grazie all’ausilio di computer e dispositivi mobili cercano di coinvolgere maggiormente gli studenti, attraverso video-lezioni consultabili in qualunque momento della giornata e rielaborandole in aula e lavorando su progetti per team.

Nella digitalizzazione della scuola anche i soggetti privati possono svolgere un ruolo importante, soprattutto nel finanziamento di progetti innovativi. In una recente iniziativa, l’Istituto comprensivo di Arcola Ameglia, in collaborazione con Google, ha avviato una sperimentazione in cui le aule sono state trasformate in laboratori e la didattica è assistita dall’utilizzo di lavagne interattive e di applicazioni come Google Drive, al fine di facilitare la condivisione di documenti anche tra diverse classi.

La digitalizzazione della scuola ha come obiettivo ultimo quello di rivoluzionare la didattica grazie all’utilizzo di strumenti tecnologici di ultima generazione, rendendo i modelli di insegnamento più adatti all’epoca attuale e più mirati alla comprensione critica e al problem solving – competenze sempre più richieste oggi dal mondo del lavoro. Sebbene le iniziative siano diverse in tutta Italia, diversi sono gli ostacoli che non permettono il rinnovamento della didattica, nonostante l’utilizzo di nuove tecnologie: innanzitutto, le competenze digitali del corpo docente sono spesso insufficienti; inoltre, in Italia è ancora scarsa la cultura dell’innovazione; infine, le diverse iniziative sono attuate da singoli istituti e manca la condivisione di best practice replicabili. In questo scenario appare evidente la necessità di azioni sistematiche e coerenti promosse a livello centrale dal Ministero dell’Istruzione; il nuovo Piano Nazionale Scuola Digitale, che propone quattro ambiti di lavoro e un elenco di azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi, è un primo passo in questa direzione.

Anche a livello universitario le tecnologie ICT hanno consentito di innovare: in particolare, grazie ad Internet è stata possibile la nascita delle università telematiche, introdotte nel 2003 dal Ministero dell’Istruzione. La peculiarità di tali atenei è lo svolgimento delle lezioni online, in video-conferenza, fruibili in diretta o in streaming; inoltre, tutto il materiale didattico è disponibile su piattaforme di e-learning e gli studenti hanno a disposizione un tutor personale per tutta la durata del corso. A disposizione degli studenti esistono anche delle filiali fisiche, utilizzate come sedi per gli esami e come punto di collegamento con gli atenei stessi, sopperendo alla mancanza di un contatto diretto con professori e colleghi universitari.

Il principale vantaggio delle università telematiche è rappresentato dalla flessibilità degli orari e per tale motivo appare preferita dagli studenti lavoratori. Inoltre i piani studio sono personalizzabili in base alle proprie preferenze ed esigenze.

Le università telematiche riconosciute dal Ministero dell’Istruzione sono 11 e il numero di corsi complessivamente attivati è di 74. Gli iscritti rappresentano il 4% del totale degli studenti immatricolati (63.625 studenti), ma il trend è di crescita.

In Italia si tende a sottostimare l’utilità e l’efficacia delle università telematiche ed esse sono percepite con scetticismo; tuttavia, in Europa le università telematiche costituiscono una realtà importante e consolidata.

Infine, anche l’istruzione post-universitaria ha visto la nascita di nuovi strumenti di formazione: negli ultimi anni hanno acquisito sempre più importanza i MOOC (Massive Open Online Course), corsi online di livello universitario, gratuiti e accessibili ad un vasto numero di utenti: i MOOC consentono di rinnovare e di sviluppare nuove competenze in un’ottica di “longlife learning” e in un’epoca nella quale il mondo del lavoro richiede un continuo aggiornamento.

Sono numerose le piattaforme che offrono MOOC in collaborazione con le più prestigiose università del mondo: ad esempio, Coursera offre centinaia di corsi in 28 specializzazioni e collabora con università come Stanford, Princeton, o le italiane La Sapienza e Bocconi.

I vantaggi dei MOOC risiedono nella qualità dei corsi, tenuti da esperti internazionali, nella flessibilità che caratterizza l’insegnamento online e nell’accesso ad un’istruzione di qualità anche se distanti dai centri culturali. In questo senso, i MOOC sono forti diffusori di cultura.

Nonostante l’importanza dei MOOC, in Italia essi sono ancora poco utilizzati. Il principale ostacolo alla loro adozione è la lingua: infatti, nelle principali piattaforme che offrono MOOC, sono ancora pochi i corsi in italiano, mentre molto più comune è la lingua inglese. Inoltre i MOOC, seppure equiparabili per qualità a corsi universitari, non forniscono crediti formativi, ma solo un attestato di partecipazione, e non hanno quindi un riconoscimento formale.

Le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dalle nuove tecnologie all’istruzione sono numerose e riguardano l’insegnamento a tutti i livelli. Mentre all’estero nuove modalità di didattica e strumentazioni innovative sono già ampiamente diffuse, in Italia vi è un evidente gap di adozione; d’altra parte, l’approccio italiano all’istruzione digitale riflette la situazione di scarsa cultura digitale e di cultura dell’innovazione del Paese, che spesso è causa di immobilismo e di ritardo nell’adozione di soluzioni innovative.

Una maggiore apertura nei confronti di un’istruzione più moderna e flessibile consentirebbe di migliorarne la qualità e di abbassarne i costi, contribuendo a rendere il sistema Italia più competitivo. Appare quindi necessario un maggiore sforzo, a livello sia pubblico che privato, per adottare soluzioni all’avanguardia.

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