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Incubatori aperti per una crescita digitale del Paese

N.  Luglio
        

a cura di Francesco Manca 
Junior Analyst, The Innovation Group

 

All’interno dell’iniziativa “ Piemonte Digitale ” di The Innovation Group, edizione piemontese del programma nazionale Digital Italy finalizzato allo sviluppo di idee per una crescita ed innovazione digitale del nostro paese, si è parlato anche di formazione, ricerca e startup. Nel dibattito è emerso come le startup siano essenziali per la crescita e il progresso sia tecnologico che economico, in quanto sono parte integrante del tessuto imprenditoriale giovane ed innovativo del paese. Incubatori ed acceleratori dovrebbero quindi essere fondamentali fonti di progresso per un paese che, come il nostro, è al 50° posto nel ranking della ease of doing business della World Bank, dopo Mauritius Serbia e Moldova, paese in cui le vecchie generazioni detengono la maggior parte della ricchezza e che non ripone piena credibilità nei giovani. Al contrario, questi intermediari e programmi di sviluppo imprenditoriale non son ben diffusi o valorizzati su tutto il territorio nazionale. Ma perché bisognerebbe riporre fiducia in incubatori ed acceleratori e che cosa sono? Gli acceleratori “accelerano” lo sviluppo di una società, mentre gli incubatori “incubano” idee dirompenti con l’intento di costruire un business model e un’azienda: sono entrambe elementi essenziali per il sostegno all’innovazione (e quindi alla crescita) di un paese. Per formare un ambiente favorevole alla nascita e crescita di nuove realtà imprenditoriali è inoltre opportuno modellare un ecosistema innovativo sul territorio, in cui si devono sviluppare le future imprese: forgiare imprese su strutture che non rispecchiano le dinamiche del territorio non le abilita ad avere gli strumenti adatti al successo nel mercato reale. Imitare esempi di successo (es. Silicon Valley) ma appartenenti ad altre realtà non è quindi una strategia vincente e di successo.

 

Marco Cantamessa, presidente del principale incubatore universitario italiano i3P, a questo proposito propone un modello di incubatore che si fa forza dei network locali e rispetta le esigenze del luogo. Fondato nel 1999, i3P ha sede presso il campus principale del Politecnico di Torino ed è uno dei primi incubatori italiani di startup innovative. La mission di i3P è quella di contribuire alla crescita tecnologica del paese creando un ecosistema florido per le startup, fornendo ai loro fondatori spazi attrezzati, servizi di consulenza e un ricco network internazionale di partner, mentor, clienti, manager e investitori, nonché la possibilità di entrare facilmente in contatto con le competenze del Politecnico di Torino. La novità di un progetto del genere è quella di offrire un network all’interno di un contesto universitario anche ad imprenditori esterni, riconoscendoli attori concreti e non da escludere dell’ecosistema innovativo locale, uscendo così da un ottica autoreferenziale, di chiusura innovativa frequente in altri contesti di ricerca universitaria e di innovazione nazionale. i3P si rivolge infatti non solo a chi ha solo idee innovative ed imprenditoriali,  ma anche a startup in fase embrionale, ad investitori individuali e istituzionali che cerchino target di investimento qualificati ed innovativi, ed ad imprese, di qualsiasi dimensione, interessate all’innovazione che intendano interagire con le start up a livello commerciale o di investimento, o che intendano costituire propri spinoff. i3P propone quindi un modello di incubatore ad ecosistema, in cui lo spillover di competenze arricchisce il network ed il territorio in cui si trova tramite scambi informativi, formali e non, all’interno di un ambiente fisico (il campus del Politecnico di Torino), già tarato su questo obiettivo.

 

I numeri dell’incubatore piemontese confermano il successo di questa struttura aperta (49 imprese costituite e 145 progetti lanciati nel 2016), ma Cantamessa ha però sottolineato come a fianco di una struttura efficace come la sua si necessiti anche di una mentalità aperta da parte del territorio e delle imprese tradizionali. In Italia, e nello specifico in Piemonte,  sembra infatti che si debbano fare ancora passi in avanti in questa direzione, in quanto le imprese sono solo apparentemente interessate alle startup ma sono ancora molto reticenti a investire su di esse, non vedendole interlocutori diretti e qualificati su cui instaurare relazioni di business. La trasformazione della società e dell’economia contemporanea, finché non cambia questa mentalità, non inglobando realtà innovative, sarà sempre aleatoria. Al contrario lo stesso tessuto imprenditoriale, come anche le strutture degli incubatori, dovrebbe superare i modelli tradizionali chiusi di innovazione e crescita, sviluppando invece nuove logiche aperte di contaminazione dei saperi come quelle ad ecosistema proposte da i3P.

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