N. Marzo 2021
a cura di Carmen Camarca
Analyst, The Innovation Group
Il mercato digitale prosegue il trend positivo rilevato nell’ultimo anno e continua a crescere. A confermarlo sono anche le ultime rilevazioni dell’istituto di ricerca GfK relative al settore della tecnologia di consumo che nel 2020 è aumentato del 5,5%, raggiungendo un valore complessivo di 15,5 miliardi di euro.
Lo studio rileva, inoltre, che se da un lato le vendite nei negozi tradizionali hanno registrato una leggera flessione (dovuta principalmente alle chiusure e alle limitazioni alla mobilità), dall’altro il canale online è aumentato in maniera significativa, arrivando a rappresentare il 24,4% del totale delle vendite.
A trainare la crescita è la performance positiva del comparto IT Office (+32,5%), che a fine 2020 è arrivato a generare il 23,9% del valore complessivo del mercato italiano dei Technical Consumer Goods. Il fenomeno viene confermato anche dall’ultima trimestrale della piattaforma Zoom da cui emerge come il software di video communication abbia terminato l’intero 2020 con un fatturato di 2,65 miliardi di dollari, in aumento su base annua del 326%, con profitti a 995,7 milioni, pari a 3,34 dollari per azione. I risultati hanno superato anche le più rosee aspettative e sono stati trainati dal forte ricorso all’home/smart working rilevato nell’ultimo anno (una tendenza che comunque non si è fermata anche quando sono state allentate le misure restrittive e che si stima continuerà a caratterizzare le modalità di svolgimento di lavoro anche nel «New Normal»).
Trend in crescita anche per il piccolo elettrodomestico (+15,5%), per l’elettronica di consumo (+4,7%) e il grande elettrodomestico (+3,4%).
Rallenta, invece, il comparto della Telefonia (-5,2%) che si conferma comunque il più importante per il mercato italiano della tecnologia di consumo, con una quota pari al 34,6%. Più negativo il risultato del comparto Home Comfort (-16,2%) e quello della Fotografia (-36,9%), che sembra aver sofferto in maniera particolare le restrizioni legate al Covid-19 e il forte ridimensionamento di viaggi, eventi e altre occasioni di socialità.
A livello globale aumentano gli abbonamenti alle SIM e il traffico internet
Soltanto nel quarto trimestre 2020 gli abbonamenti alla telefonia cellulare sono cresciuti di 19 milioni di unità. A riportarlo è l’ Ericsson Mobility Report, che ha preso in esame i dati aggiornati a fine 2020, un anno che si è chiuso con circa 8 miliardi di SIM nel mondo.
Il maggior contributo trimestrale proviene dall’India (+4 milioni), seguita da Indonesia (+4 milioni) e Pakistan (+2 milioni). Secondo l’analisi è ormai assodato che le SIM in circolazione superino la popolazione umana mondiale, con un tasso di penetrazione pari al 102%. Il numero di abbonati alla telefonia cellulare unici è invece pari a circa 6 miliardi. Il divario tra utenti unici e SIM totali è in buona parte dovuto alla presenza di più SIM per persona o di abbonamenti inattivi.
Insieme alla crescita della telefonia cellulare, il report registra altresì un incremento anche dell’utilizzo di Internet da mobile: nel quarto trimestre 2020 il numero di abbonamenti di tipo mobile broadband è aumentato di quasi 100 milioni, per un totale di circa 6,5 miliardi, con un aumento del 5% anno su anno. Non si dimentichi, del resto, che ad oggi il 77% dei telefonini in circolazione è uno smartphone.
Verso un’Italia Digitale e Green
Quella tra l’Italia e il Recovery Fund è una partita ancora tutta da giocare e per il nostro Paese la strada è impervia. Tuttavia, qualcosa si sta iniziando a muovere.
Lo scorso 17 febbraio, nel suo discorso al Senato, il neo Presidente del Consiglio Mario Draghi ha annunciato il programma del proprio Governo, focalizzando l’attenzione su pochi aspetti chiave: People, Planet, Prosperity e Digitale, indicando l’innovazione come lo strumento principale su cui occorre investire per ripensare il Paese: è questa la prospettiva con cui le riforme devono essere scritte, il paradigma su cui occorre pensare ai traguardi che ci si prefigge. Come, infatti, dichiarato dallo stesso Presidente, «le Missioni del Programma potranno essere rimodulate e riaccorpate, ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente, ovvero l’innovazione, la digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l’equità sociale, di genere, generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva».
Sulla stessa linea è anche Enrico Giovannini, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che sta lavorando al ridisegno del suo Ministero, promuovendo un suo sviluppo in chiave appunto digitale e sostenibile. Al riguardo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il regolamento di organizzazione del nuovo ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims), volto a potenziare la capacità del dicastero di programmare e realizzare infrastrutture e sistemi a rete sostenibili. Come affermato dal Ministro, «la nuova organizzazione è coerente con l’approccio di programmazione a medio termine e di integrazione tra le diverse dimensioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza relative alle infrastrutture e alla mobilità sostenibile».
Anche Renato Brunetta, Ministro per la semplificazione e la Pubblica Amministrazione, di recente ha annunciato cambiamenti radicali nella PA, schierandosi a favore dell’introduzione di nuovi approcci all’interno degli uffici pubblici. Tra le principali novità, si cita l’insediamento della Commissione tecnica dell’Osservatorio nazionale del lavoro agile composta da 12 esperti tra interni alla Pubblica Amministrazione ed esterni. Nel dettaglio, compito della Commissione sarà verificare l’avanzamento delle amministrazioni nella stesura dei Piani organizzativi del lavoro agile (Pola), pubblicati sinora da 54 amministrazioni statali sulle 162 monitorate attraverso il Portale della performance del dipartimento della funzione pubblica. La Commissione è chiamata, altresì, a ragionare sugli strumenti di organizzazione del lavoro agile in vista del superamento della fase legata all’emergenza sanitaria. Non si dimentichi, del resto, che è proprio di questi giorni la notizia che il Presidente del Consiglio e i segretari general Cgil (Maurizio Landini), Cisl (Luigi Sbarra) e Uil (Pierpaolo Bombardieri) hanno siglato il “Patto per l’Innovazione del Lavoro pubblico e la coesione sociale”, volto a porre «le basi per la costruzione di una nuova Italia», nella consapevolezza che, come affermato da Draghi «il buon funzionamento del settore pubblico è al centro del buon funzionamento della società».
Sempre nell’ambito delle iniziative che si stanno promuovendo per digitalizzare i processi e le procedure pubbliche, l’Unione Europea ha approvato e finanziato il progetto “A data driven approach to tax evasion risk analysis in Italy” presentato dall’Agenzia delle Entrate e che prevede l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale e altre tecniche di analisi per contrastare l’evasione e l’elusione fiscale e valorizzare l’ingente patrimonio informativo dell’Agenzia delle Entrate. Grazie all’analisi delle reti è, inoltre, possibile scoprire con maggiore facilità «le relazioni indirette e non evidenti tra soggetti che possono essere correlate a schemi di evasione o elusione fiscale difficilmente individuabili con le tradizionali tecniche».
Ma quanto giova ai Paesi promuovere un’ampia trasformazione digitale dei propri servizi? Per l’UE il PIL potrebbe incrementare di circa 1.000 miliardi di euro entro il 2027. A dirlo è lo studio “Digitalisation. An opportunity for Europe” realizzato da Deloitte e dal Gruppo Vodafone. In particolare, lo studio parte dai cinque livelli misurati anche dall’indice DESI e relativi a: connettività, capitale umano, utilizzo e diffusione dei servizi internet, grado di integrazione delle tecnologie digitali e dei servizi pubblici digitali.
Attualmente, un aumento del 10% del punteggio DESI complessivo per uno Stato membro è associato a un PIL pro capite più alto dello 0,65%. I ricercatori hanno ipotizzato che l’utilizzo massiccio dei fondi del Recovery Plan per lo sviluppo tecnologico e soprattutto l’accelerazione della transizione digitale potrebbero favorire un aumento dell’indice DESI a 90 entro il 2027, con un incremento medio del +7,2% del Pil pro capite.
L’analisi mostra, infine, come i Paesi con il Pil pro capite più basso nel 2019, dovrebbero essere i maggiori beneficiari della transizione, dal commento ai dati si legge che: «se la Grecia aumentasse il suo punteggio Desi da 31 a 90 entro il 2027, si avrebbe un aumento del PIL pro capite del +18,7% e della produttività a lungo termine del +17,9%. Un numero di Stati membri significativi, tra cui Italia, Romania, Ungheria, Portogallo e Repubblica Ceca, vedrebbero tutti un aumento del PIL superiore al 10%».
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