TIG inaugura un nuovo capitolo dell’esclusiva survey annuale sulla Digital Business Transformation con un focus sul canale IT. La sua presentazione all’ICT Ecosystem Summit del 19 maggio.
Un bel periodo, diciamolo, proprio non è. Le piaghe bibliche sembra si stiano abbattendo sul mondo intero e su tutti i suoi aspetti più sensibili, dal fronte sanitario a quello economico, che si è visto essere direttamente e strettamente dipendente. Come immediatamente dipendente l’economia è, ovviamente, rispetto ai tragici aspetti geopolitici, con scenari di guerra sempre più vicini, coinvolgenti, che influiscono prepotentemente sui modelli di business cui eravamo abituati, allontanando o ridefinendo quel disegno di economia globalizzata valido fino a oggi.
Eufemistico chiamarli cambiamenti. Stravolgimenti, ecco, forse è il termine che si adatta meglio, anche e soprattutto al concetto e ruolo di utilizzo e abilitazione al business che le tecnologie si stanno via via ritagliando. Le parole d’ordine sono efficientamento, ottimizzazione, crescita e innovazione del business. E per ottenere questi risultati non ci vogliono prodotti, ma strategie. Strategie abilitate dalle tecnologie digitali e dalle capacità dei fornitori IT di fare da interpreti delle esigenze dei clienti, attuali e future, e tradurle in strutture e soluzioni in grado di soddisfarle. Fornitori IT che stanno quindi rapidamente reimpostando il proprio rapporto con i clienti da un lato e, dall’altro, anche con i produttori primari delle tecnologie di cui si fanno tramite.
Un canale che è quindi da ridisegnare, dovendo sviluppare competenze che prima non erano così espressamente richieste. Un identikit che è stato chiesto di tratteggiare a un panel di oltre 200 aziende operanti in Italia, inaugurando da quest’anno un nuovo capitolo dedicato al canale IT della “Digital Business Transformation Survey”, l’esclusiva indagine annualmente svolta da The Innovation Group che copre i più importanti aspetti toccati dalla digitalizzazione delle imprese e del Paese stesso.
Ancora gli effetti/timori derivanti dalla guerra in Ucraina non sono calcolati nella survey, che è stata effettuata lo scorso mese di febbraio, ma già l’impronta della pandemia si è fatta sentire nelle intenzioni di spesa sul digitale espresse dalle aziende, che nel giro di un anno hanno aumentato le aspettative sugli effetti delle tecnologie sulla crescita del proprio business (56% degli intervistati rispetto al 48% del 2021) e sull’innovazione dei propri processi (51% nel 2022, mentre era il 43% l’anno prima). Due obiettivi che hanno prevalso nel giro di un anno sulla maggiore efficienza e riduzione dei costi operativi (39% contro il 57% del 2021).
Cambio di rotta, quindi, che riserva nuovi ruoli al digitale, meno conservativi e più orientati a uno sviluppo del business basato sulle proprie caratteristiche. Ci vogliono quindi nuovi partner per affrontare queste nuove sfide.
Il 56% delle aziende intervistate ha dichiarato che i partner preferenziali per le proprie iniziative digitali sono le società di consulenza IT, seguiti (49%) dalle software house e dai service provider (32%). I system integrator, nella loro connotazione più tradizionale, evidentemente sono meno identificati come innovatori digitali, visto che solo il 28% del panel li nomina. Ancor meno, poi i rivenditori a valore aggiunto (VAR), un tempo in auge per le grandi forniture di hardware ma che oggi sono considerati digital oriented solo dal 16% delle aziende.
Solitamente i protagonisti della digitalizzazione sono indicati essere fornitori fidelizzati da anni (70% dei casi), segno di una positiva evoluzione che il canale è stato in grado di compiere in questi ultimi anni, adattandosi alle esigenze anche verticali dei propri clienti e sviluppando un’anima consulenziale che li ha affrancati da un business basato sui margini derivanti dalla vendita di prodotti. E anche la logica dell’ecosistema, a fronte di un atteggiamento di concorrenza che caratterizzava il passato, sta iniziando a farsi sentire, avvalorata dal fatto che il “fornitore digitale” è stato, per il 21% dei casi, consigliato dall’esperienza di altre aziende.
La competenza e il ruolo consulenziale nell’approccio alla risoluzione delle esigenze mostrate sono di gran lunga le doti più apprezzate dalle aziende nella scelta di un partner di servizi digitali, come sottolineato dal 59% degli intervistati. Ma ovviamente è poi la qualità dei servizi stessi a rappresentare un discrimine, essendo indicato come elemento essenziale dal 53% del panel. Competenze che devono certamente essere di tipo tecnologico ma, sempre nella logica di una enfatizzazione del rapporto di fidelizzazione e consulenziale che si sta instaurando tra cliente e fornitore, sempre di più vengono apprezzate le conoscenze delle dinamiche di mercato e i business model tipici del settore verticale di appartenenza del cliente stesso (35%).
Capacità di personalizzazione (32%) e condivisione degli obiettivi con il cliente (28%) completano il quadro di un nuovo modello di partnership che il cluente intende instaurare con il proprio fornitore IT, che vuole sempre più addentro nelle proprie dinamiche, facendolo di fatto sedere al suo fianco al tavolo decisionale sugli investimenti ritenuti critici per il futuro dell’azienda stessa.
Diversi altri aspetti sono stati considerati dalla survey di The Innovation Group, ma mi fermo qui.
L’intera indagine sarà uno degli argomenti di discussione che caratterizzeranno l’ICT Ecosystem Summit, l’evento dedicato al canale delle terze parti ICT che si svolgerà il 19 maggio all’Enterprise Hotel di Milano.
Un evento dal vivo, in presenza, che darà finalmente la possibilità di un confronto diretto, proattivo, spontaneo, tra gli operatori del canale e quelli che oggi, a differenza di un tempo, sono diventati veri e propri nuovi colleghi: dai vendor, gli analisti, giornalisti, distributori e, addirittura, i concorrenti competitor. Già, perché anche attraverso il confronto e lo scambio di esperienze di altri che si riesce a crescere e affrontare le nuove sfide che sempre più frequentemente il mercato deve affrontare.
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