In un’economia digitale è fondamentale cambiare la percezione sul dato, non considerandolo più un fattore marginale (altrimenti non ne viene colto pienamente il valore) ma piuttosto come fattore primario di produzione, al pari del capitale e del lavoro, una consapevolezza che deve essere assunta sia nelle aziende sia nell’ambito dei servizi che vengono erogati al cittadino. Una volta compresa tale centralità si riuscirà anche ad attribuire le giuste priorità di spesa, aspetto che diventa ancora più rilevante se contestualizzato nell’ambito dei cambiamenti relativi all’urbanizzazione: si stima che entro il 2050 circa il 70% della popolazione umana vivrà nelle città, un dato che pone sfide in diversi ambiti (trasporti, infrastruttura, pubblica sicurezza, energia).
Oltre alla capacità di erogare servizi on-line, bisogna considerare anche la dotazione tecnologica già al momento disponibile come, ad esempio, il cloud (dalla capacità computazionale quasi illimitata) o l’ Internet of Things (sensoristica distribuita all’interno delle città che crea milioni di tracce digitali): ad avere successo sono le aziende che hanno ben compreso come utilizzare tali strumenti e che li reputano fattore primario di produzione.
Lo stesso discorso deve essere fatto in relazione ai servizi che vengono erogati ai cittadini: anche in quest’ambito si avverte la necessità di utilizzare i dati, per estrarne valore e creare nuove attività, aspetto che sarebbe impensabile senza il ricorso all’Intelligenza Artificiale che ha abituato le persone a vivere nuove esperienze di interazione digitale.
In questo contesto Microsoft ha svolto, insieme ad altri player del mercato, una ricerca sviluppando il concetto di hyper connected city, una città che si caratterizza, più che per l’erogazione del singolo servizio digitale, per la creazione di un’infrastruttura di interconnessione fra tutti i componenti dell’ecosistema della città. In questo modo si potrebbe far crescere il benessere economico della città, cambiandone del tutto il paradigma, non considerando, come avviene adesso, la città intelligente sulla base dell’offerta dei servizi digitali ma immaginando un ecosistema interconnesso, avendo assunto la consapevolezza che il dato rappresenti il fattore primario di produzione. Tale iper connessione permetterà, inoltre, di sviluppare un ambiente che favorisce lo sviluppo del benessere sociale ed economico.
Con riferimento all’adozione delle tecnologie, si rileva che il 64% delle hyper connected cities si occupa di infrastrutture IT, il 53% dei pagamenti mentre ancora solo il 12% e il 19% sono attive in ambiti quali building, scuole, gestione dell’acqua e dell’energia. Dallo studio emerge, inoltre, che tali investimenti possono comportare un ROI del 3-4%, un calcolo che include anche i benefici ambientali e sociali.
In particolare, le hyper connected cities possono avere un impatto sostanziale su tre aree:
- interazione con i cittadini che, grazie alla fruizione di servizi multicanale, viene semplificata.
- Modernizzazione della Pubblica Amministrazione che adesso diventa capace di erogare servizi evoluti (la PA ha già dimostrato di saperlo fare durante il lockdown con l’implementazione del lavoro agile che è stata più semplice del previsto).
- Dati e Intelligenza Artificiale che, oltre a semplificare lo svolgimento di attività già in atto, abilitano la creazione di nuovi servizi nonché l’ottimizzazione di attività relative al trasporto, al consumo di energia, acqua, ecc…