A cura di Simona Macellari, Associate Partner, The Innovation Group
Il 2016 ha provato che le Fintech non è un hype, ma forse una e la sola possibile evoluzione del mondo finanziario. Sei mesi fa The Economist ha dedicato la pubblicazione alla rivoluzione fintech, che dai servizi di pagamento, al wealth management, dai prestiti peer-to-peer al crowdfunding, sta mirando al cuore del settore finanziario e a un bacino di ricavi che Goldman Sachs stima possa valere 4,7 miliardi di dollari.
Al di la dei 105 miliardi di dollari investiti nel settore nel 2016[1], le Fintech sono divenute mainstream in un contesto tecnologico che corre molto velocemente, in cui le banche scontano la zavorra, culturale/manageriale/organizzativa, degli ambienti “legacy e non riescono autonomamente a ripensare i propri processi per trasformarli digitalmente.
Anche se queste si aprono all’open innovation e fanno hackathon, per comprare cervelli, per trarre nuova forza vitale, non riescono a cambiare passo a diventare moderne: non hanno un DNA digitale ma analogico.
Le Fintech diventano abilitatrici della trasformazione digitale delle banche, in un modello a tendere in cui le Fintech, con una relazione “plug and play”, si pongono al centro di un ecosistema di servizi digitali via API(Application Programming Interfaces).
I segnali di mercato indicano che in Europa il 2017 sarà un altro anno di investimenti sostenuti in varie aree dei servizi finanziari:
- assicurazione: l’insurtech è la nuova corsa all’oro degli investitori nel fintech, che sono cresciuti del 225% tra il 2014 e il 2015 e nel il 2017 sarà il catalizzatore delle risorse del capitale di rischio. Perché questo boom? L’industria assicurativa vanta una organizzazione e dei processi obsoleti a fronte dei quali la digitalizzazione, che attraversa orizzontalmente tutti i mercati, e l’empowerment dei clienti, che esigono sia trasparenza sia essere messi al centro della relazione, mostrano molte criticità su cui si possono sviluppare aziende insurtech. Data la crescita dell’Internet delle Cose e della business intelligence, i processi/prodotti a più alto tasso di penetrazione sono la sottoscrizione delle polizze – specie le polizze su misura e l’elaborazioni reclami.
- blockchain: In principio era il bitcoin. Il bitcoin era il motore della distruzione creativa e, dopo l’affermazione della sua tecnologia abilitante – la blockchain – si è fatto realtà! L’attenzione mediatica e il dibattito hanno virato sulla tecnologia blockchain, che è diventata la “buzzword”del mondo finanziario, a cui sono stati attribuiti poteri salvifici a prescindere dai bitcoins. Il capitale di rischio è intervenuto tempestivamente scommettendoci più di 1,1 miliardi di dollari in soli 18 mesi; l’Economist gli ha dedicato la copertina e il capo consigliere scientifico del Governo inglese – Sir Mark Walport – ne ha raccomandato la sua adozione. Don Tapscott, ha appena pubblicato, con chiosa di tutte le maggiori società di consulenza direzionale, il libro la “Blockchain Revolution”, in cui teorizza che sia la “next – big – thing” dopo internet e che “cambierà radicalmente molti mercati verticali, dalla musica alla sicurezza logica, e al tempo stesso, ne creerà di nuovi.” L’intensa esposizione mediatica ottenuta ha determinato l’improvvisa e diffusa necessità di adottarla per i casi d’uso più disparati: il cosiddetto FOMO (fear of missing out) ha portato a numerosi progetti e creato alte aspettative, che non verranno probabilmente soddisfatte nel passaggio all’effettiva fase industriale. Parallelamente, si è creato il “Blockchain as an Excuse”, ovvero sulla spinta della buzzword si sono intrapresi, in grandi organizzazioni, quegli update tecnologici che nulla hanno a che fare con la tecnologia ma che ora possono venire approvati con l’inserimento di questa parola magica. Secondo i dati di CB Insights, i Venture capitalist hanno scommesso più di un miliardo di dollari, negli ultimi 3 anni e gli utenti finali, come banche, hanno già investito 290 milioni di dollari nel 2016. In America gli investitori, dopo massivi investimenti in start up che si occupano di blockchain alla ricerca di un business model, sono diventati più selettivi, mentre in Europa il 2017 sarà un anno di hype, che vedrà l’implementazione di questa tecnologia non solamente nel settore finanziario ma anche in altri mercati verticali, come ad esempio le utilities e il gambling.
- prestiti online: hanno guidato gli investimenti in fintech negli ultimi anni, ma ora gli investitori si sono raffreddati anche perchè molto è stato sviluppato, sia lato tecnologia sia lato modelli di business per cui, senza un nuovo salto innovativo, non ci sono opportunità di ritorni economici. Le aree in cui ci si aspetta una crescita è nel settore prestiti alle PMI, anche perché il prestito a questi soggetti ha dimostrato di avere ritorni superiori rispetto alle altre asset class tradizionali, crescita sostenuta soprattutto nei paesi afflitti dal problema del finanziamento alle piccole e medie aziende e in cui le Fintech muovono i primi passi, come l’Italia
- pagamenti: l’anno scorso in Italia, il mercato dei pagamenti digitali è cresciuto del 30% secondo i dati ABI – e in questo ambito, le banche tradizionali soffrono l’erosione del margine di intermediazione determinata dalla competizione da parte sia degli operatori online sia delle fintech specializzate su nicchie che, con strutture di costo molto più snelle, sono capaci di offrire un prezzo finale più basso. Anche se il mercato inizia ad essere affollato, nel 2017 continuerà il trend non solamente per le piccole e giovani startup ma anche per i big che, a livello mondiale, che da mercati contigui si rafforzano o entrano nel mercato (Es. Facebook) . L’offerta di prodotti diventerà ancora più ricca, con operatori che aggrediranno le nicchie, sulle orme dell’inglese Revolut o dell’italiana Satispay.
- robot advisory e intelligenza artificiale: nei primi sei mesi del 2016 hanno ricevuto circa 1,7 miliardi di dollari da Venture Capitalist, soprattutto i segmenti bot e software di intelligenza artificiale a supporto dei consulenti finanziari. L’attenzione delle istituzioni finanziarie è rivolta principalmente alle applicazioni per automatizzare i processi nel front, middle e back office, soprattutto in un’ottica di contenimento dei costi e il comparto del wealth management farà la parte del leone. I robot-advisor, strumenti che utilizzano una varietà di metodi e algoritmi, verranno utilizzati per automatizzare l’asset allocation degli investimenti relativi a target di clientela che, precedentemente, sarebbero stati poco profittevoli per la banca e dal segmento del trading ad alta frequenza, in cui sono in grado di effettuare operazioni di acquisto/vendita in micro-secondi.
Nel 2017 assisteremo molto probabilmente ad un consolidamento dell’offerta, armonizzando i robot con i consulenti in carne ed ossa, e allo sviuluppo di partnership tra incumbent e fintech per indirizzare sia il mercato di massa, individui che in precedenza non potevano permettersi tale consulenza, sia segmenti che cercano la personalizzazione.
- underbanked: il mercato potenziale di coloro che non sono all’interno del sistema bancario, non necessariamente persone a più basso reddito, che non usano la finanza tradizionale per il suo alto costo è un mercato molto interessante sia per l’ampiezza sia per la profondità. L’opportunità di utilizzare la tecnologia per migliorare il servizio al underbanked, fa si che sul panorama Europeo stiano emergendo Fintech interessanti per le aree delle carte prepagate, delle rimesse, e dei succedanei dei servizi bancari per l’accredito e spesa dello stipendio.
Il 2017 sarà in Europa, così come in Asia e medio oriente, l’anno della tecnologia per la finanza a tutto tondo. Ore che il business bancario esce dalle filiali, le banche non potranno che aumentare gli investimenti ed i rapporti con le startup fintech e sempre di più renderanno libero l’accesso alla propria piattaforma (API e Open Innovation).
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