Con il Data Act sono in arrivo nuove regole per viaggiare tra Europa e Stati Uniti, e non si tratta di restrizioni legate al covid, bensì del “viaggio” dei dati dal Vecchio Continente verso i server delle aziende nordamericane. La Commissione Europea, svela Reuters, pubblicherà a settimane il testo di una proposta legislativa che punta a “mettere le briglie” agli attuali diritti di utilizzo dei dati da parte di operatori statunitensi. Il pensiero va naturalmente, innanzitutto, ai colossi come Amazon, Google, Microsoft e Meta, e secondariamente a Apple: non perché l’azienda di Cupertino sia meno potente, ma perché da sempre ha sottolineato le proprie virtù in materia di rispetto della privacy. Il Data Act, tuttavia, non si occuperà solo di dati personali.
Dai documenti visionati da Reuters si apprende che le nuove regole fissano diritti e obblighi sull’uso di dati europei riguardanti, per esempio i macchinari industriali smart e i beni di consumo. Il Data Act fa parte di una bozza di legge mirata a “mettere le redini ai giganti tecnologici statunitensi” e ad aiutare l’Europa a “raggiungere i propri obiettivi green e digitali”, scrive l’agenzia di stampa. Nel documento si citano “preoccupazioni riguardanti un accesso non legittimo” ai dati da parte di governi extraeuropei, e si spiega che i servizi che accedono ai dati provenienti dall’Europa dovranno prendere “tutte le ragionevoli misure tecniche, legali e organizzative” per evitare che tale accesso sia in conflitto con le vigenti norme di protezione dei dati.
Che cosa prevede il Data Act
Le nuove misure di sicurezza dovrebbero “potenziare la fiducia nei servizi di elaborazione dati che in misura crescente sorreggono l’economia dei dati europea”. Accanto al potenziamento della sicurezza, si punta a favorire una migliore circolazione dei dati tra un settore e l’altro. Si cercherà, infatti, di definire degli standard di interoperabilità per consentire un migliore e sicuro passaggio di dati da un ambito di mercato all’altro.
Se approvato, il Data Act potrà colmare il vuoto legislativo creatosi in seguito all’invalidamento del Privacy Shield. Giudicato adeguato dalla Commissione Europea, nel 2016 il nuovo “patto transatlantico” sul trasferimento dati era entrato in vigore al posto del precedente Safe Harbor. Nel luglio 2020, però, la Corte di Giustizia Europea lo aveva invalidato con la sentenza Schrems II, annullando il giudizio di adeguatezza emesso dalla Commissione Europea. Dagli Stati Uniti Gina Raimondo, segretario al Commercio, ha ribadito che “l’amministrazione Biden considera come priorità numero uno la finalizzazione di un accordo Privacy Shield migliorato”. Per ora non sono state comunicate ufficialmente le tempistiche, ma secondo le indiscrezioni di Reuters la Commissione Europea potrebbe presentare il suo Data Act il 23 febbraio.
Il tema dei dati industriali è dunque molto attuale e connesso, tra le altre cose, agli obiettivi di sostenibilità che l’Europa dovrà raggiungere entro il 2030. Si parlerà anche di questo nel corso dell’evento di The Innovation Group titolato “Lo smart manufacturing sostenibile. Come conciliare impatto ambientale, sociale ed economico con la tecnologia”, in programma il 30 marzo a Milano.
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