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Customer service: l’AI è un alleato ma deve avere un volto umano

 

Nel servizio clienti è meglio trovarsi dall’altra parte dello schermo (o dell’app) un chatbot, pronto a rispondere in qualsiasi momento, oppure una persona? Le applicazioni di intelligenza artificiale nel customer service non sono qualcosa di nuovo, ma oggi si assiste a una transizione verso soluzioni più evolute, basate su large language model e su un più consapevole uso dei dati dei clienti. Le capacità linguistiche e interpretative dell’AI generativa consentono ai chatbot di nuova generazione di fornire risposte più complesse e contestualizzate, oltre che di dare supporto in più lingue (e addirittura nella lingua dei segni).  E si tratta di tecnologie che possono anche notevolmente migliorare il servizio clienti, renderlo più puntuale, sempre disponibile e più personalizzato.

Tutto bello? In realtà tra i consumatori permangono scetticismi e resistenze nei confronti dell’AI utilizzata nel customer service. Uno studio di Gartner di nuova pubblicazione, condotto lo scorso dicembre su 5.728 consumatori, svela che il 64% preferisce interagire con persone reali quando richiede informazioni o supporto. Il 53% addirittura potrebbe considerare di rivolgersi alla concorrenza se scoprisse che l’azienda in questione usa l’AI per fornire assistenza.

Le aziende si ritrovano un po’ schiacciate tra dinamiche opposte: da un lato, le perduranti resistenze dei clienti nei confronti dell’AI, dall’altro la pressione ad adottare queste tecnologie per ottenere efficienze e risparmi. Citiamo per esempio l’annuale report “State of Service” di Salesforce: l’81% delle società di servizi pianifica di incrementare gli investimenti in intelligenza artificiale nel corso di quest’anno (in Italia la percentuale scende al 75%).

“Il 60% dei leader del servizio e supporto clienti sentono la pressione di dover adottare l’AI nella propria funzione”, ha osservato Keith McIntosh, senior principal, research della practice Customer Service & Support di Gartner. “Ma non possono ignorare le preoccupazioni circa l’uso dell’AI, specialmente quando potrebbero significare perdere clienti”.

Le criticità emerse dal sondaggio di Gartner sono di vario tipo. Da un lato, molti temono che parlare con un addetto al servizio clienti sarà più difficoltoso e macchinoso se l’azienda in questione punta sulle chatbot. Inoltre, c’è una diffusa preoccupazione per i posti di lavoro che l’AI potrà “rubare” nell’ambito del servizio clienti. “Molti clienti”, ha proseguito McIntosh, “temono che la GenAI diventerà semplicemente un ulteriore ostacolo tra loro e un agente. Spetta ai leader del servizio e supporto dimostrare ai clienti che l’AI può ottimizzare l’esperienza”.

Le aziende, suggerisce Gartner, dovrebbero quindi lavorare per rafforzare la fiducia dei clienti nei confronti della GenAI. Come? Per esempio, tenendo sempre presente il famoso “customer journey”, cioè i percorsi e l’esperienza vissuti dal cliente. I chatbot dovrebbero dare accesso diretto agli agenti “umani”, comunicando questa possibilità agli utenti. Inoltre, gli agenti dovrebbero poter riprendere il filo del discorso direttamente da dove la conversazione tra utente e chatbot si era interrotta (senza quindi obbligare il cliente a ripetere la richiesta o a fornire dati ulteriori, perdendo tempo e pazienza).

Sarà banale sottolinearlo, perché è stato detto molte volte, ma il percorso di adozione dell’intelligenza artificiale dovrà compiersi tenendo conto delle logiche umane, relazionali, ancor prima di quelle tecnologiche. Se questo vale per qualsiasi ambito, ancor più sarà decisivo nel servizio clienti e più in generale nelle relazioni tra aziende (o marchi) e consumatori, dove fiducia e rispecchiamento valoriale sono ancora – anzi, forse oggi più che mai – delle forze determinanti.

Le relazioni contano ancora, eccome, ma le persone pretendono anche risposte tempestive: in sintesi, un’efficienza che non deve sfociare nella spersonalizzazione. In base a una recente analisi di Infobip, pubblicata lo scorso aprile e basata su oltre 473 miliardi di interazioni digitali tra aziende e consumatori, i clienti si rivolgono sempre di più alla messaggistica per ottenere informazioni e supporto, oltre che per acquistare prodotti e servizi. Messaggistica significa innanzitutto Whatsapp, strumento che nel 2023 ha registrato un incremento del 137% (rispetto al 2022) nel numero di interazioni tra consumatori e aziende. Stando ai dati di Infobip, crescono inoltre le interazioni conversazionali tramite le chat dei social media (+73% nel 2023) e di applicazioni (+63%).

“I nostri dati mostrano come le esperienze conversazionali si stiano rapidamente diffondendo in tutto il mondo con l’introduzione di casi d’uso per il marketing, le vendite e l’assistenza”, ha commentato Ivan Ostojić, chief business officer di Infobip. “Con l’emergere dell’AI interattiva, ci aspettiamo che i brand incorporino una serie di diversi chatbot e algoritmi di intelligenza artificiale che lavorano insieme per attivare azioni nei punti strategici del customer journey. Nel corso del prossimo anno, prevediamo un’adozione diffusa nel servizio clienti, nell’automazione del marketing e delle vendite e per casi d’uso operativi come la pianificazione delle consegne e la gestione dei pagamenti”.

Come emerso dal già citato report di Salesforce, l’89% degli addetti al customer service o customer support pensa che le aspettative dei clienti oggi siano più elevate che mai. Le persone si aspettano un servizio tempestivo, risolutivo e quindi efficace, ma anche personalizzato. Più di ogni altra cosa, i consumatori vorranno potersi fidare. L’intelligenza artificiale può far quadrare il cerchio per le aziende che ricercano tutto questo e contemporaneamente inseguono risparmi ed economie di scala. Tuttavia, l’AI è un oggetto da maneggiare con cura perché, come sappiamo, nel marketing la fiducia è il bene più prezioso, nonché il più facile da perdere e il più difficile da ricostruire.

 

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