INTERVISTA di Simona Macellari, Associate Partner, The Innovation Group a Stefano Capaccioli, Dottore Commercialista
Ho discusso del tema con Stefano Capaccioli, Dottore Commercialista, qui di seguito la sintesi della discussione
I sistemi di valuta virtuale decentralizzati e i protocolli delle cripto valute (quali bitcoin) pongono sfide inimmaginabili che necessitano di risposte che tengano in considerazione lo sviluppo tecnologico e la tendenza alla decentralizzazione e disintermediazione in corso.
L’innovazione portata nel sistema finanziario è iniziata in maniera elitaria e sovversiva, solleticando prima gli interessi dell’intelligence, poi gli organismi internazionali, gli investitori ed infine, mantenendo una presenza sul mercato, anche del pubblico.
La potenzialità delle valute virtuale decentralizzate di trasferimento di valore senza intermediari ha quindi interessato autorità legislative e governative per analizzarne gli schemi e valutarne rischi e vantaggi.
Le istituzioni comunitarie hanno iniziato il percorso conoscitivo fin dal 2012, percorso che ha accelerato dopo gli tragici attacchi terroristici di Parigi che ha portato il Consiglio di Europa “Giustizia e affari interni” a svolgere un’analisi dei rischi di finanziamento del terrorismo proponendo misure sistemiche per mitigare il rischio.
In tale riunione, tra le altre misure, veniva richiesto di rafforzare i controlli sui metodi di pagamento non bancari, quali pagamenti elettronici/anonimi, rimesse di denaro, portavalori, valute virtuali, trasferimenti di oro o metalli preziosi e carte prepagate, in linea con il rischio che costituiscono.
Il Parlamento Europeo e la Commissione Europea hanno svolte le proprie analisi ed approfondito i vari schemi di valuta virtuali giungendo rispettivamente alla Risoluzione del Maggio 2016 e alla proposta di modifica della IV direttiva antiriciclaggio (2015(849)UE) del Luglio 2016.
Il Parlamento Europeo, molto sinteticamente, ha sottolineato che, pur sussistendo la possibilità che le valute virtuali siano utilizzate per finanziare attività terroristiche, la tracciabilità delle transazioni in contante tende a essere ancora più limitata. Europol, poi, ha smentito (18 gennaio 2016) le indiscrezioni giornalistiche relativo all’utilizzo di valute virtuali quali il bitcoin da parte dei terroristi per finanziare le loro attività.
Il Parlamento Europeo ha ritenuto auspicabile che gli exchanger diventino soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio.
La Commissione Europea ha svolto analisi ed incontri da cui è emerso come la maggior parte degli Exchangers già adottino politiche volontarie di Antiriciclaggio ma che tale attività risulta inutile e controproducente se non svolta all’interno di una normativa che permetta poi l’invio di Segnalazione di Operazioni Sospette (SOS).
Non per altro l’Exchanger, punto di contatto tra ecosistema delle valute virtuali e delle monete a corso legale, detiene i dati derivanti dagli strumenti di pagamento “tracciati” (bonifico, carta di credito, IMEL, etc.) e quindi già detiene detti dati.
La proporzionalità e la necessità di evitare di costituire un freno all’innovazione ha indotto la Commissione europea a proporre di modificare la direttiva 2015/849 estendendo gli obblighi di identificazione e segnalazione agli Exchanger (fornitori di servizi di scambio tra le valute virtuali e valute fiat) e dei fornitori di wallet di custodia per le valute virtuali.
Gli Exchangers sono chiaramente definiti – nuova lettera (g) in cui al punto (3) dell’articolo 2 (1) – come prestatori di servizi impegnati principalmente e professionalmente nel settore dei servizi di cambio tra valute virtuali e valute fiat.
La proposta cerca di dare chiare definizioni per avere un linguaggio comune definendo valute virtuali: si intende una rappresentazione digitale di valore che non viene emesso da una banca centrale o da un’autorità pubblica e non necessariamente collegato a una moneta a corso legale, ma è accettato da persone fisiche o giuridiche come mezzo di pagamento e può essere trasferita, immagazzinata o scambiata elettronicamente.”.
Nelle note esplicativa la Commissione mette in evidenza tuttavia che: “L’inclusione di piattaforme di Exchange virtuali e di fornitori di Wallet di custodia non risolverà totalmente la questione dell’anonimato collegato alle operazioni in valuta virtuale, dato che grande parte dell’ambiente delle valute virtuali rimarrà anonimo perché gli utenti possono anche effettuare transazioni senza utilizzare piattaforme di exchanger o di prestatori di wallet di custodia “.
Il protocollo Bitcoin contiene in sé il rischio potenziale della tracciabilità con riduzione della fungibilità dell’unità di conto: la tendenza del settore cerca di aumentare la fungibilità attraverso la diminuzione delle informazioni pubbliche.
In realtà non è l’anonimato l’obiettivo cui i sistemi tendono, né tantomeno la ricerca di totale riservatezza bensì la fungibilità dell’unità di conto.
Un mezzo di pagamento richiede, infatti, che l’unità di conto, l’unità di misura sia perfettamente fungibile, vale a dire che non sia possibile scegliere se accettarla o meno in ragione della sua provenienza pena la dissoluzione del sistema dato che, in tale caso, sarebbe possibile discriminare una unità di conto piuttosto che un’altra.
Analizzata da un diverso punto di vista solo l’ultima provenienza (wallet) o l’utente che invia la transazione che può determinare il discrimine, ma non certamente l’unità di conto o le modalità in cui è pervenuta. Il sistema deve, quindi, permettere che tutte le unità di conto abbiano eguale valore a pena di disgregazione.
Il Bitcoin è la dimostrazione di come un protocollo che tradizionalmente è stato identificato come “anonimo” permette invece di tracciare, sotto alcune condizioni, informazioni strategiche al punto che è nata la necessità di generare due nuove monete matematiche, nonché di modifiche al protocollo anche se dette innovazioni sono ancora troppo recenti per poter apprezzare l’impatto e valutare rischi.
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