È trascorso oltre un anno dal recepimento e dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 24/2023 in materia di whistleblowing e il tema resta di grande attualità. La normativa ha rappresentato un’evoluzione di grande portata nel panorama legislativo nazionale, segnando un passo significativo verso la protezione dei soggetti che segnalano illeciti all’interno delle organizzazioni e stabilendo al contempo procedure chiare e sicure per la gestione delle segnalazioni.
Ma a distanza di quasi 18 mesi, a che punto siamo sul tema? I recenti fatti di cronaca confermano che la strada da percorrere è ancora lunga e le procedure a tutela dei whistleblower sono tutt’altro che consolidate in molte organizzazioni.
Ad offrire lo spunto per questa riflessione è la Delibera n.380 del 30 luglio, pubblicata lo scorso settembre, con cui l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) si è pronunciata, “dichiarando la natura ritorsiva dei provvedimenti assunti nei confronti del dirigente che ha segnalato gli illeciti, sanzionando il direttore generale che aveva adottato le deliberazioni ritorsive, e procedendo con la loro annullazione”.
La vicenda vede protagonista un Dirigente che a seguito di una segnalazione di illeciti, rimasta inizialmente non gestita nonostante un sollecito da parte del soggetto segnalante, aveva comunicato all’ANAC di essere stato vittima di una serie di misure ritorsive ad opera del Direttore generale di un’agenzia di sviluppo e innovazione in agricoltura, il quale avrebbe attuato nei suoi confronti una serie di comportamenti discriminatori e vessatori. Come si legge nel testo del provvedimento sanzionatorio emesso dall’Autorità a seguito di un’attività istruttoria, il Direttore, per ragioni imputabili ad un malfunzionamento del sistema di protocollazione interna, sarebbe addirittura venuto a conoscenza della segnalazione a proprio carico e della stessa identità del segnalante.
Tali informazioni sarebbero state la causa scatenante di una serie di azioni ritorsive nei confronti del dirigente. In particolare, la posizione ostile del Direttore si sarebbe tradotta nella:
- riorganizzazione della struttura in quattro aree, tre di fascia A e una sola C, ponendo – a fronte di una chiara declassazione – a capo di quest’ultima il segnalante e attribuendo a tale area personale non idoneo e qualificato sia sotto il profilo numerico che professionale;
- collocazione presso una palazzina priva di agibilità e di dubbia qualità strutturale;
- attribuzione di obiettivi irraggiungibili, sia rispetto alla qualità che alle competenze del personale;
- valutazione penalizzante della performance del dirigente nell’anno precedente.
Proprio l’accertamento delle azioni discriminatorie nei confronti del whistleblower ha fatto scattare il provvedimento sanzionatorio con cui il Consiglio Anac ha deliberato “di irrogare, tenuto conto delle circostanze di specie, nonché del distorto uso della funzione esercitata dal citato responsabile, in qualità di Direttore autore delle richiamate misure ritorsive, la sanzione pecuniaria in misura pari a 10.000 euro”;
Oltre alla consistente sanzione di 10.000 euro al Direttore, l’istruttoria condotta dall’Autorità ha portato alla dichiarazione di nullità delle deliberazioni ritorsive nei confronti del dirigente whistleblower. Le misure adottate verso il soggetto segnalante sono state infatti giudicate contrarie all’art. 54-bis d.lgs. n. 165/2001, concepito proprio a protezione dei whistleblowers da azioni discriminatorie. Il Consiglio dell’ANAC ha inoltre rigettato la richiesta di accesso agli atti formulata dal direttore.
La vicenda sopra descritta conclusa con una sentenza esemplare riflette l’importanza attribuita dall’Autorità alla protezione da un lato dell’integrità degli ambienti di lavoro, dall’altra dei diritti e della riservatezza dei whistleblower.
L’ANAC – come si evince dalla sentenza – non mostra alcuna tolleranza verso le condotte in contrasto con le disposizioni previste dalla normativa sul whistleblowing e nemmeno verso le organizzazioni che non hanno adottato adeguati modelli organizzativi per la prevenzione dei reati.
Il provvedimento, inoltre, pone particolare accento sul tema dei canali di segnalazione e sulla procedura da implementare per la gestione delle segnalazioni. Il caso di specie ha evidenziato carenze non solo nella gestione non tempestiva della segnalazione ma, fatto ancor più grave, la possibilità di accedere al sistema di protocollazione esterna da parte di soggetti non autorizzati, violando il diritto di riservatezza del whistleblower.
A distanza di tempo dall’entrata in vigore della normativa è fondamentale che le organizzazioni continuino ad applicare e monitorare il tema whistleblowing: la conformità non si limita ad implementare le disposizioni in fase di avvio della legge, ma significa soprattutto restare allineati attraverso un controllo costante sia della forza lavoro della struttura che con la verifica degli strumenti e delle procedure in essere. Azioni preziose queste che contribuiscono alla creazione di un ambiente lavorativo etico e trasparente.
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