Padova si sta affermando come centro di sperimentazione e incubazione di startup, ma è anche una “Mission City” che si prepara per la neutralità climatica entro il 2023.
Su quale sia, esattamente, la definizione di smart city il dibattito è aperto. Negli anni l’iniziale focus sulla digitalizzazione dei servizi (per esempio quelli di trasporto pubblico) si è allargato, e il concetto di “smart” si è sovrapposto all’idea di territori urbani più vivibili e anche ecologici, o se non altro meno grigi e inquinati. Gli sconvolgimenti della pandemia e dei lockdown hanno favorito la riflessione su nuovi modelli urbanistici e organizzativi, come l’ormai famosa concezione della “città in 15 minuti”, teorizzata dall’urbanista Carlos Moreno. E in molti contesti, anziché parlare di smart city, si parla ormai di smart community, includendo nelle ambizioni di trasformazione anche le periferie e la provincia.
La casistica è tanto ampia da rendere difficile e forse poco sensata la ricerca di una definizione univoca. Tuttavia esiste una città italiana che può fungere da riferimento, da esempio di territorio che si trasforma per diventare sempre più tecnologico ma anche vivibile, sostenibile e (aspetto non secondario) attrattivo per i famigerati “talenti” alla ricerca di un’occupazione: Padova. Città storica di arte e cultura, è sicuramente più nota per gli affreschi di Giotto della Cappella degli Scrovegni o per la sua antica università (70mila matricole iscritte ogni anno, tra cui 6.500 stranieri) che non per l’innovazione digitale. Ma forse non tutti sanno che Padova è anche inclusa tra le 136 candidate nella Intelligent Cities Challenge, iniziativa della Commissione Europea per la transizione digitale, verde e socialmente responsabile dei territori urbani.
Merito anche della visione di Margherita Cera, giovane assessora del Comune di Padova che tra le sue molte deleghe ha anche quelle per Programma Agenda Digitale, Servizi Informatici e Telematici, Soft City. Ospite sul palco dell’Esprinet Tour (evento organizzato lo scorso 5 ottobre in collaborazione con The Innovation Group), Cera ha illustrato la visione di una “grande Padova”, che trasforma non solo sé stessa ma funge da abilitatore per il territorio circostante, per aiutare i piccoli comuni nella trasformazione digitale. “La nostra città ha attratto mezzo miliardo di euro di risorse del Pnrr”, ha detto Cera. “La forza di Padova è il suo legame con l’Università, che insieme alla Camera di Commercio, a fondazioni, banche, associazioni e acceleratori di startup ha creato un ecosistema dell’innovazione”.
Questo ecosistema ha già prodotto risultati, come lo sviluppo di un “boulevard dell’innovazione”, un asse stradale su cui si susseguono il centro congressi cittadino, un competence center dedicato all’industria 4.0, le sedi della Camera di Commercio, dell’Università, di Assindustria, centri i innovazione per startup (Le Village by Ca Triveneto e Paradigma), il parco tecnologico Galileo Visionary District e il centro di trasferimento tecnologico di M31. Non è un caso che, pur contando soli 200mila abitanti, il capoluogo veneto sforni più di un terzo dei brevetti registrati in Veneto: nel 2022 sono stati 679, il 34,5% del totale regionale.
Padova è anche una della cento “Mission City” selezionate dalla Commissione Europea (in base al lavoro già svolto e ai progetti presentati) per raggiungere la neutralità climatica nel 2030, con vent’anni di anticipo rispetto all’obiettivo fissato per le altre città europee. E sono già stati reclutati 38 stakeholder che sottoscriveranno un accordo per arrivare al “net zero” entro la fine del decennio. “La dimensione digitale dev’essere coordinata con tutte le iniziative riguardanti la sostenibilità”, ha rimarcato Cera, “dunque anche con le piste ciclabili, con i mezzi pubblici e servizi di sharing. Ed è anche importante il collegamento con la piattaforma regionale MyData”.
Quest’ultima è un’iniziativa regionale di raccolta e integrazione dei dati relativi a trasporto pubblico, viabilità, parcheggi e livelli di inquinamento, sostenuta con risorse del POR FESR 2014-2020 (Programma Operativo Regionali finanziato con Fondo Europeo di Sviluppo Regionale). Oltre 200 sensori e videocamere di proprietà municipale, più altri appartenenti ai privati, vengono utilizzati per creare mappe interattive e sempre aggiornate, che mostrano dati sul passaggio di mezzi motorizzati e biciclette. Il progetto è in fieri e includerà in futuro altre fonti di dati Internet of Things e funzioni di analytics.
La smart city è dunque una città che raccoglie e valorizza i propri dati al servizio del cittadino, della qualità dell’abitare e anche della sostenibilità. Inoltre è una città attrattiva per investitori, startup e professionisti alla ricerca di un ambiente imprenditoriale e lavorativo fecondo. Un’utopia? Per le grandi metropoli del mondo concretizzare questa visione è certamente complesso, e allora forse il compito di mostrare la vita spetta alle città più piccole e fortemente votate all’innovazione. Come Padova.
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