Dallo “Smart Manufacturing Summit”, organizzato da The Innovation Group a Milano durante le giornate del 4 e 5 maggio 2023, sono emersi alcuni punti fermi: le opportunità economiche non mancano e l’Italia è una delle realtà più importanti all’interno del mondo manufatturiero, ma è necessario cambiare il paradigma nell’approccio alla complessità, ridurre lo “skill gap”, ripensare le filiere in ottica di ecosistema integrato, il tutto guardando alla sostenibilità come driver e al digitale come fattore abilitante.
Essere smart per l’industria manifatturiera significa essere sostenibili a livello economico, sociale e ambientale in un’ottica di evoluzione tecnologica: MES/MOM e integrazione con ERP, virtual e digital twin, AI, Industrial IOT, infrastrutture in cloud, cybersicurezza e processi data-driven, sono solo alcuni dei temi cruciali per ripensare il sistema produttivo italiano.
A livello di posizionamento globale, l’Italia si trova al settimo posto come produttore manifatturiero e possiede un patrimonio unico di competenze nel campo dei sistemi di produzione avanzati. La sfida del Paese è consolidare la sua posizione e acquisire un ruolo di rilievo nel contesto europeo e mondiale, puntando sull’innovazione e sull’adozione di tecnologie all’avanguardia.
Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso pone l’accento sulla notevole resilienza delle imprese italiane di fronte a scenari imprevedibili e sull’importanza di abbracciare la digitalizzazione per ottenere un vantaggio competitivo ed essere meglio preparate ad affrontare le sfide e cogliere le opportunità del domani. Nel suo messaggio, il Ministro tiene a precisare che “Il MIMIT è molto impegnato al fine di stimolare e offrire strumenti affinché ogni tipo di azienda possa crescere. Portiamo avanti politiche sia per il rafforzamento dei processi di avanzamento digitale delle imprese, attraverso il Piano Transizione 4.0, sia per lo sviluppo delle reti di ultima generazione prodromiche”.
Il digitale come fattore abilitante
Una raccomandazione che emerge è che l’Italia dovrebbe puntare all’abilitazione tecnologica e dunque a conoscerla, studiarla, governarla e incorporarla nelle competenze del Paese. Tecnologie come l’Intelligenza Artificiale (AI) e il Digital Twin, avranno sicuramente un ruolo importante nell’industria e dovranno essere inglobate all’interno dei processi produttivi, al fine di essere un supporto a processi complessi che necessitano di essere risolti rapidamente. La rapidità nelle risposte e la riduzione delle criticità diventano aspetti sempre più cruciali nello sviluppo di un vantaggio competitivo.
Sostenibilità ed ecosistemi aperti
Il driver per affrontare tutte le tematiche fino ad ora citate è la sostenibilità, considerata nelle sue tre componenti: economica, ambientale e sociale. Relativamente all’aspetto ambientale, l’opportunità delle industrie italiane, per raggiungere e mantenere una indipendenza strategica, sarà puntare sull’utilizzo di materie prime secondarie e non vergini, andando verso un modello di economia circolare. Il cambio di paradigma dovrà necessariamente coinvolgere l’intera filiera. Abbandonare il concetto di filiera a favore di quello di ecosistema appare la direzione giusta da seguire. Le sfide attuali, ma soprattutto quelle future, potranno infatti essere affrontate tramite ecosistemi aperti, ossia reti di ecosistemi in grado di riunire soggetti eterogenei per collaborare verso un unico obiettivo, favorendo l’interdisciplinarietà.
Gli ostacoli da superare
Affrontare la complessità in maniera frammentata risulta un ostacolo al processo: manca una visione di insieme, una regia, che faciliti la costruzione di una strategia solida e a lungo termine. Un ulteriore raccomandazione emersa è di concentrarsi sulla capacità di sviluppare piani di valutazione oggettivi di impatto industriale in grado di fare previsioni sul mondo manufatturiero nel medio-lungo periodo.
Le imprese italiane sono pronte ad avviare questo percorso verso il cambiamento, ma, spesso, lo sono meno dal punto di vista strutturale; in particolar modo, assistiamo a un disequilibrio all’interno della categoria: alcune imprese sono molto avanti sia sui temi di sostenibilità che di digitalizzazione, altre invece sembrano essere ferme a una fase di industrializzazione 3.0.
Il passaggio al 4.0 comporta un innalzamento dei rischi: hackeraggi, furto di dati, ricatti ransomware e DDoS (Distributed Denial-of-Service) sono alcune delle possibilità. Il 2022 ha infatti visto crescere il numero degli attacchi agli ambienti IT e OT in numerosi ambiti del mondo industriale. Sarà quindi fondamentale per le aziende investire e prioritizzare il potenziamento della resilienza cyber.
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