Il rapporto tra materie Stem e donne è un tema molto dibattuto negli ultimi anni. Non è certo un mistero il fatto che le studentesse scarseggino nei corsi universitari di materie scientifiche, tecniche e matematiche (Stem è, appunto, l’acronimo di Science, Technology, Engineering and Mathematics) e che esistano pregiudizi di genere tanto potenti da far orientare altrove le scelte delle aspiranti matricole. Il tema è documentato da anni, come testimonia anche un approfondito report di Unesco: nelle scuole secondarie e nelle università le donne sono solo il 35% di chi studia materie Stem. Questo disequilibrio si traduce in differenti opportunità di carriera, perché è nella sfera scientifica (e in particolare in quella informatica) che si concentra molta della domanda inevasa di professionisti. Qui, e non altrove, il lavoro abbonda ed è difficile reperire figure qualificate.
Il dibattito sulle materie Stem e le donne, in Italia, si focalizza molto sulla scelta della facoltà universitaria. Ma l’istruzione universitaria non è l’unica via praticabile, né necessariamente quella più giusta per tutte le giovani donne. Ce ne parla Milena D’Imperio, strategic alliances manager di VMware e già vicepresidente della Provincia di Pavia con delega all’istruzione, alla cultura, all’innovazione e all’inclusione.
Lavoro nel mondo dell’innovazione tecnologica dal 1986, quando l’informatica era solo per pochi, quando non esisteva Internet e la telefonia cellulare era agli albori, sulla scrivania ingombranti catafalchi di Ibm, Olivetti, HP e Compaq. Quel mondo scelse chi aveva frequentato un indirizzo di studi tecnico informatico e anche chi aveva acquisito un’ottima conoscenza della lingua inglese ⎼ all’epoca un differenziante fondamentale ⎼ attraverso gli studi o le esperienze personali. Quel mondo infatti era, e rimane, per gran parte legato a multinazionali americane e a un linguaggio anglosassone, nei termini e nelle espressioni.
Quelle aziende decidevano di investire su giovani diplomati e laureati con mezzi propri, a prescindere dalle loro competenze di base, senza attendere finanziamenti o agevolazioni pubbliche, per farne i pilastri della crescita tecnologica. Non è una novità di oggi il fatto che il capitale umano sia un asset strategico dell’azienda. I giganti dell’informatica hanno sempre accompagnato i neo-assunti in un percorso di crescita, anche a rischio ⎼ se non quasi certezza ⎼ di vederseli sottratti da altri.
È sempre più presente il dibattito sulla necessità di maggior diffusione di skill legati alle materie Stem, soprattutto in chiave di promozione della professionalità femminile, come uno dei motivi che hanno determinato il gap tra uomini e donne nelle posizioni apicali e nelle professionalità che riguardano la tecnologia, in cui i dati ci dicono vi siano anche maggiori opportunità di guadagno. In ogni ordine e grado di istruzione, si organizzano eventi e dibattiti su questo tema, con la partecipazione di testimonial che rappresentano figure di eccellenza non comuni. Di recente, anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha messo a disposizione fondi per le scuole, specifici su questo tema.
Materie Stem (e non solo Stem)
Intravedo, e a volte verifico, alcuni rischi. Innanzitutto, la diffusione di un senso di inadeguatezza nei giovani, che può anche sfociare in un abbandono. I dati ci parlano ancora di una percentuale di giovani nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente l’istruzione e la formazione: la percentuale è stata del 13,5 % nel 2019, pur con un calo rispetto al 14,5 % dell’anno precedente, restando ben al di sopra della media Ue del 10,2 %.
Si deve tener conto delle attitudini sulla base delle quali adottare politiche di orientamento corrette. Non possiamo dare il messaggio che non ci sia un posto al sole per tutti, ma solo per coloro che hanno capacità di apprendere matematica fisica biologia chimica e che possano (per status economico-sociale) accedere a studi universitari e diventare ingegneri, medici e scienziati. Questo amplierebbe la forbice e ci allontanerebbe dal concetto di pari opportunità, che viene spesso ricondotto solo a una questione di genere.
Proprio perché non tutti hanno la possibilità di accedere a studi universitari, esistono alternative valide, di cui si parla poco, proprio in chiave di sviluppo delle professionalità tecnologiche: i percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) e l’offerta di formazione professionale di ottimo livello, in cui mi é capitato personalmente di incontrare ragazz* che intraprendono un corso di programmazione e hanno, magari grazie a studi umanistici, una marcia in più sulla definizione del content management o sulla progettazione di un applicativo. L’interpretazione, la comprensione e la traduzione di un testo, da una lingua classica o straniera, facilitano l’apprendimento di soft skill come capacità organizzativa e di esecuzione.
Punti di forza e debolezza della Z Generation
La generazione Z (come si definiscono i nati dopo il 1997) è imprigionata in un eccesso di informazioni che si accavallano, intrecciano e poco spazio lasciano alla propria elaborazione e interpretazione. Gli strumenti necessari per approcciarsi al problema in modo strutturato possono derivare da materie apprese anche negli indirizzi tecnici industriali, dove si impara come viene costruita una macchina utensile, le sue modalità di funzionamento, gestione e manutenzione. Tempi e metodi. Troppo semplice, poi, accennare alla valorizzazione del patrimonio culturale del nostro meraviglioso Paese, ma dobbiamo pensare che anche chi si prepara a essere un addetto all’edilizia deve avere la consapevolezza del luogo in cui lavora “costruendo”, deve avere delle motivazioni per cui, proprio per preservare quel patrimonio, è fondamentale la scelta di forme, colori e distanze.
La generazione Z é la sustainability generation, in cui qualunque professione destinata, ad esempio, alla gestione del ciclo dei rifiuti, deve essere svolta nella consapevolezza dell’importanza della mansione che si sta svolgendo. Si sia operatori ecologici, operai negli impianti di riciclo, camionisti per il trasporto dei rifiuti, ognuno di loro ha ed avrà diritto a ricevere una formazione che infonda proudness per ogni ruolo in questa lunghissima catena, come avviene per i manager che devono prendere decisioni di business.
Le giuste opportunità
A mio avviso, quindi, giusto creare i presupposti affinché i giovani studenti, e soprattutto le ragazze, si pongano di fronte a una scelta più ampia di quella tradizionale, considerando anche le varie articolazioni dell’’ingegneria, ad esempio. Ma il punto è fare in modo che l’abbandono scolastico sia drasticamente ridotto in ogni territorio e in ogni condizione sociale, offrendo non tanto le medesime opportunità, ma quelle opportunità che sono adeguate alle attitudini di ognuno, per preparare tutti alle professioni di oggi e di domani.
Allenare la mente con ogni strumento messo a disposizione dal mondo dell’apprendimento, sia istruzione che formazione per giovani o per adulti, universitaria o post-universitaria, senza far sentire nessuno inferiore già ai blocchi di partenza: questa è la base della crescita per percorsi di carriera, anche in contesti inaspettati.
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