Qualsiasi trasformazione impone dei cambiamenti strutturali. In particolare, la crisi vissuta ha condotto ad una maggiore familiarità con gli strumenti digitali ed i dispositivi mobili, inducendo imprese e cittadini a ripercorrere i comportamenti quotidiani in modalità differenti dalle precedenti e a farlo con una grande facilità di utilizzo. Ben presto si è assistito anche all’introduzione progressiva e crescente di smart working da parte delle imprese, della Pubblica Amministrazione e della didattica digitale.
Tutto ciò è avvenuto dando per scontato il funzionamento della rete che avviene nel momento in cui il layer più basso, ovvero quello infrastrutturale, è in grado di rispondere con efficienza alle sollecitazioni in essere: le attività menzionate hanno comunque imposto crescenti livelli di utilizzo delle risorse di rete che sulla rete fissa hanno registrato, secondo i dati TIM, picchi fino all’80% e sulla mobile del 30-40%.
Tali valori mostrano come il periodo vissuto abbia rappresentato un grande stress test per la rete che nel complesso ha reagito bene alla sfida e ciò soprattutto grazie ad una serie di fattori.. Questa circostanza ha testimoniato che la rete (sia fissa sia mobile) di TIM, distribuita sull’intero territorio nazionale, è riuscita ad assorbire i forti picchi di traffico rilevati sin dal primo momento di emergenza. Inoltre, già da marzo, si è iniziato a lavorare per riuscire a connettere anche chi non disponeva di una rete performante, cercando di ampliare il più possibile l’utilizzo della banda ultralarga, riuscendo, ad aprile 2020, a raggiungere 700 comuni e ad agosto 2.500, portando, dunque, la connessione a circa l’86% delle famiglie italiane. È questo l’elemento strutturale che permette di comprendere l’importanza della strategicità di un’infrastruttura di rete realmente abilitante per questi modelli.
Oggi, tale layer infrastrutturale, che ha risposto bene alle sollecitazioni della fase più acuta dell’emergenza, è pronto anche per supportare lo sviluppo di un nuovo modello di città, intesa come smart city fluida, ovvero come qualcosa che va oltre i confini della città.
Il concetto di smart che si va estendendo ai territori, anche in virtù dei forti cambiamenti che stanno impattando la mobilità e la logistica, sta portando allo sviluppo di un fenomeno che comporta la necessità di integrazione e continuità delle componenti al di fuori dei confini della città. Il fenomeno, dovuto anche all’importante accelerazione verificatasi negli ultimi mesi, rappresenta altresì un’opportunità per ripensare ai modelli di investimento e alle collaborazioni pubblico-privato. Al riguardo, si rilevano esempi virtuosi in alcune regioni come, ad esempio, in Emilia Romagna, in cui sono state rilevate delle attività basate su partnership pubblico-private per la realizzazione di stazioni radio base in aree montane a servizio di pochi cittadini.
Si rileva, altresì, l’esperienza di molte altre città che sono riuscite a ricostruire modelli di smart city efficaci nel momento in cui hanno abilitato e realizzato delle cabine di regia per una governance della città, e ciò perché infrastrutture, dati, settori applicativi sono strutturalmente suddivisi per aree di competenza, dipartimenti e assessorati ma la visione integrata e la possibilità di collaborazione con soggetti privati in grado di abilitare queste funzioni ha generato la differenza.