N. Dicembre 2020
a cura di Elena Vaciago
Associate Research Manager, The Innovation Group
Il periodo dell’emergenza Covid ha portato grandi insegnamenti su quelle che sono oggi le priorità e le linee guida principali da seguire nel mondo della gestione delle risorse umane. La trasformazione del lavoro è tuttora in corso, il cambiamento va gestito con grande attenzione ad aspetti come la cultura manageriale e l’attenzione alle nuove esigenze delle persone. Ne parliamo in questa intervista con Silvia Cassano, Responsabile Risorse Umane di ING Italia, che su questi temi è intervenuta lo scorso 21 ottobre nel corso del Tavolo di Lavoro “Smart Working: come sta trasformando il lavoro, le imprese e le organizzazioni pubbliche. Il ruolo della tecnologia”, nell’ambito del DIGITAL ITALY SUMMIT 2020.
Qual è la stata la vostra esperienza durante il recente periodo dell’emergenza Covid19, i valori emersi e quali sono i vostri sviluppi?
ING è una banca che si caratterizza per due elementi: da un lato siamo una banca digitale, che sviluppa il proprio business per oltre il 95% con canali digitali. Dall’altro lato, siamo una banca che si ispira più al tech che non al banking come settore di riferimento. Questo ha portato ING ad essere la prima banca nel mondo e in Italia ad organizzare la propria struttura in base alla metodologia “Agile”, caratterizzata dalla messa in produzione con gestione di processi end-to-end gestiti da team multifunzionali e da forte accountability dei componenti dei team stessi. Come noto, l’Agile è un concetto per cui è chiaro il “cosa”, mentre il “come” è lasciato all’autonomia della squadra. Come azienda, il 30% dell’organizzazione del lavoro era quindi già fortemente improntata all’accountability.
Altro aspetto che ci caratterizza è una cultura delle HR che vede nel “caring autentico” delle persone un ulteriore elemento distintivo. Abbiamo un concetto di benessere a 360 gradi: per noi è fondamentale che i colleghi si sentano soddisfatti in tutte le sfere della propria vita, non solo quella professionale ma anche quella fisica, familiare, sociale: nessuna può essere separata dalle altre, essendo questa l’unica condizione per portare positività anche sul lavoro. Da qui, una politica di benessere ampia, che spazia da tipici benefit “da scaffale”, come la polizza sanitaria o la previdenza complementare integrativa, ad altri aspetti come lo Yoga in azienda o i consigli per una corretta alimentazione ai fini della prevenzione.
In questo contesto si è innestata l’emergenza Covid19: la prima reazione è stata di prendersi cura dei colleghi, con attenzione alla sicurezza. In due settimane, abbiamo consentito a quasi il 100% delle nostre persone di lavorare da casa, ad esclusione delle filiali, per le quali stiamo però studiando, nel momento in cui si scrive, una soluzione ad hoc.
Quali sono state le lezioni apprese in seguito a un’esperienza come quella della pandemia?
In questo periodo abbiamo imparato che la fiducia è la chiave di tutto: abbiamo visto infatti che i colleghi hanno risposto in modo molto positivo al fatto di poter lavorare da casa e con maggiore autonomia: con ingaggio, entusiasmo e senza sacrificare in alcun modo la produttività, anzi. Per questo motivo, anche se avremmo potuto chiedere di rientrare in ufficio a rotazione come altre aziende, abbiamo lasciato ai colleghi la piena facoltà di scelta sul rientro.
Il tema della preparazione manageriale diventa dunque ancora più importante che in passato, perché la fiducia passa attraverso la gestione quotidiana del manager, nella capacità del manager di ascoltare, di entrare in empatia e di organizzare il lavoro per obiettivi. C’è una grande differenza tra pianificazione, offerta di supporto e micro-management e controllo. Non tutti i manager sono pronti.
Parlo poi spesso di autenticità: il management team deve essere molto visibile e farlo con spontaneità, riducendo distanze e gerarchie. Come HR, da aprile, abbiamo fatto partire degli incontri bisettimanali, in video, chiamati “Ask me anything”, aperti a tutti i responsabili di risorse e durante i quali i partecipanti possono fare qualsiasi domanda, anche live, al Comitato Esecutivo della Banca. Oltre a fornire risposte, contiamo che queste azioni possano essere di esempio. Vogliamo dimostrare che è importante “esserci” anche quando non si hanno tutte le risposte. Abbiamo poi esteso queste call anche a tutti gli altri i colleghi, una volta al mese. Questo perché la fase di trasformazione avviata è radicale e non va perso il momentum di ingaggio iniziato con la crisi Covid.
Quindi l’emergenza è stata un momento importante in una trasformazione che prosegue?
Per noi la trasformazione del lavoro era già iniziata, ma con l’emergenza si è vista una decisa accelerazione. Cosa è successo infatti in seguito? Arrivati a luglio, non sapendo quando sarebbe finita l’emergenza, serviva dare alle persone un messaggio chiaro, anche di medio/lungo termine e far sapere che non volevano disperdere ciò che avevamo imparato dall’esperienza in corso. Avevamo visto che la nuova modalità di lavoro funzionava bene e abbiamo fatto una survey per capire quanto i colleghi si ritenessero pronti (loro o il loro manager) ad una modalità di lavoro totalmente flessibile con risultati molto incoraggianti (oltre il 90% dei colleghi si è dichiarato pronto). Quindi abbiamo deciso di buttare il cuore oltre l’ostacolo: ai primi di agosto abbiamo firmato l’accordo con i rappresentanti sindacali che ha reso ING la prima banca ad aver lanciato lo smart working “super flessibile”: ora le nostre persone potranno scegliere ogni giorno dove lavorare. Non diciamo quando devono essere in ufficio, quanti giorni lavorare da casa, ma piuttosto quali sono i momenti chiave dove è importante esserci. Ad esempio: l’on-boarding dei nuovi colleghi (è un momento critico, da gestire bene), la chiusura di fasi di progetto importanti (“sprint” secondo la metodologia Agile), un incontro chiave con i clienti, sessioni di feedback di fine anno o intermedie, pranzi periodici di team. Sull’on-boarding, ad esempio, abbiamo redatto un manuale per i nostri manager.
Tra le lezioni vissute sulla nostra pelle, l’importanza del diritto alla disconnessione, su cui ci siamo impegnati nei confronti del sindacato e dei colleghi: ad esempio introducendo fasce orarie “meeting-free”, durata limitata dei meeting, e la “etiquette” del lavoro in remoto (ad esempio controllare sempre le agende prima di mandare un invito). Offriamo elementi più “sostanziali” quali un contributo da spendere in servizi welfare proporzionato ai giorni lavorati da casa, per bilanciare il fatto che lo smart worker riceve il ticket restaurant solo quando in ufficio, e il rimborso dello “shopping” da smart worker professionista, cioè quello che i colleghi fanno per acquistare strumenti per lavorare al meglio, ad esempio la sedia ergonomica.
Il tutto, accompagnato infine da formazione dedicata sia ai manager, con workshop dedicati ad aspetti critici come la gestione dei principali momenti di vita dei dipendenti e la gestione per obiettivi, sia a tutti i colleghi.
A proposito di trasformazione, stanno evolvendo le richieste dei colleghi, che cominciano a chiederci come cambierà il loro percorso di carriera con il lavoro a distanza. Stiamo quindi realizzando nuovi prodotti digitali HR per far vivere alle persone un ambiente virtuale che sia anche efficace per quanto riguarda la loro crescita professionale.
Abbiamo lanciato ad esempio l’“Experience Marketplace”, cioè una piattaforma virtuale dove manager o project leader possono postare un’esperienza, un progetto a cui chiunque voglia è chiamato a contribuire, anche per pochi giorni alla settimana, e in questo modo apriamo la possibilità alle persone di far crescere il proprio network e di sviluppare nuove competenze.
Organizzeremo ora un “Orientation Week”, una settimana di eventi finalizzati a far riflettere i colleghi su cosa possa voler dire percorso professionale e su come possa prender forma per loro: una settimana piena di eventi con interviste a role model aziendali, panel, interventi di head hunter, condivisione di esperienze di squadre. Come HR, stiamo quindi riprendendo a lavorare su temi che durante l’emergenza avevamo messo in attesa, e che ora vanno reinventati in chiave digitale.
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