Supera le aspettative la trimestrale di Netflix, per la prima volta il governo pubblica le stime ufficiali sull’andamento del PIL in Itala, prevedendo un calo dell’8%. E’ polemica sull’app “Immuni” e le Regioni si stanno attrezzando per offrire in maniera autonoma servizi di telemedicina.
[LA TRIMESTRALE]
Quasi sedici milioni di nuovi abbonati al mondo, il doppio del previsto, per un totale di 183 milioni. Netflix nei primi tre mesi dell’anno si conferma tra i business vincenti nell’era della pandemia da coronavirus che costringe a casa le famiglie. Oltre al boom degli utenti, la piattaforma registra, nei tre mesi considerati, utili per azione pari a 1,57 dollari, 709 milioni di dollari in utili netti, ed entrate di 5,77 miliardi (+28% su base annua).
Anche se già in rialzo del 35% da inizio anno, le quotazioni di Netflix sono salite del 10% nel dopo mercato, sull’onda dei risultati, per poi azzerare il guadagno. La società finora ha retto bene anche all’accresciuta concorrenza (le cosiddette “guerre dello streaming”) che ha visto il debutto nei mesi scorsi di Disney+ (i cui utenti ad oggi sono 50 milioni).
L’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), analizzando i primi effetti dell’impatto del coronavirus, si prefigura per la prima metà dell’anno un calo del PIL pari a 15 punti percentuali. Nell’ipotesi di un regresso dell’epidemia «l’attività tornerebbe ad espandersi nel trimestre estivo». Ma serve «massima cautela» nella valutazione delle stime che «risentono di un’incertezza estremamente elevata».
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, l’Upb stima un’esplosione della Cig con un numero di ore autorizzate che potrebbe risultare tre volte maggiore “rispetto ai valori massimi storicamente osservati su base mensile dalla crisi finanziaria del 2009”.
Pil in caduta di 8 punti che potrebbero superare i 10 in caso di “recrudescenza dell’epidemia”, disoccupazione in aumento dal 10 all’11,6%, deficit che schizza al 10,4% del pil come non avveniva dagli anni Ottanta, debito in volo fino al 155% del prodotto interno lordo. Sono le previsioni riportate nel Documento di Economia e Finanza varato dal consiglio dei ministri, la prima fotografia ufficiale dell’impatto dell’epidemia sul nostro Paese.
Cresce il numero di sindaci che hanno firmato le ordinanze per bloccare le antenne per la nuova rete cellulare, superando quota 200.
Alcuni operatori (come Iliad) si sono già rivolti al Tar secondo cui un Comune non può andare contro le leggi statali che regolano e promuovono lo sviluppo delle reti di telecomunicazione.
La battaglia probabilmente andrà avanti a lungo. Da una parte, il Governo ha riconosciuto nel decreto Cura Italia il valore delle reti come servizio essenziale (soprattutto durante l’emergenza) e ha invitato gli operatori a potenziare le reti (considerato, soprattutto, il boom di traffico registrato in questo periodo). Dall’altra, però, non c’è un freno alle ordinanze blocca antenne. Ad ogni modo le preoccupazioni sanitarie avanzate dai sindaci sono state più volte smentite dalle massime autorità scientifiche, tra cui l’Organizzazione mondiale della sanità (che ha ricordato come non ci sono prove della pericolosità del 5G nonostante i numerosi test svolti) e l’Istituto superiore della Sanità.
In tempo di crisi i manager aumentano gli investimenti. È questo il quadro che emerge dall’indagine che Astraricerche sta realizzando con Manageritalia e Cfmt volta a comprendere le modalità con cui i manager italiani stanno affrontando questo periodo di emergenza sanitaria ed economica.
Allo stato attuale il 90% degli oltre mille manager intervistati prevede un calo significativo del fatturato, solo il 7% non si aspetta effetti negativi, mentre un 4% dei dirigenti prevede addirittura un aumento. L’effetto negativo della crisi sta colpendo tutti i settori ma quello impattato in maniera minore è il comparto Ict.
Le misure per affrontare la crisi da coronavirus sono nel 59% dei casi espansive e soprattutto di riconsiderazione e sviluppo del business. C’è chi punta a rivedere alcuni aspetti della catena del valore (42%), sviluppare apposite campagne di marketing (40%), cambiare, anche solo momentaneamente, il modello di business (30%), incrementare le vendite con sconti e promozioni (26%), rivedere alcuni aspetti della catena logistica (24%) e puntare su mercati e Paesi meno toccati dalla crisi (16%). Secondo una parte del campione, tuttavia, la crisi verrà affrontata con un blocco delle assunzioni (33%), interruzione dei contratti a termine (24%). Anche se in minima parte, c’è chi prevede la chiusura dei punti vendita (3%) e licenziamenti (2%).
Gli investimenti da sviluppare post crisi, a conferma di un sentiment proattivo, sono uguali o addirittura in aumento rispetto a quanto previsto prima dello scoppio della pandemia. Tra chi ne prevede un aumento, gli ambiti di maggiore investimento saranno: Ict (52%), comunicazione esterna (44%), comunicazione interna (38%), eventi (37%), formazione (32%) e consulenza (25%).
Nel complesso il mercato del consumer tech ha registrato un calo del 14% rispetto allo stesso periodo del 2019 nei 5 principali mercati europei (Italia, Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna), una diminuzione dovuta principalmente alle perdite verificatesi nei negozi fisici che nemmeno l’impennata dell’e-commerce è riuscita a compensare. A riportarlo è Gfk secondo cui le vendite online avrebbero dovuto quadruplicarsi per compensare le chiusure complete dei negozi, uno scenario ancora molto distante.
Secondo lo studio, inoltre, dalla seconda settimana di marzo, il diffondersi dello smart working ha portato ad un aumento delle vendite online di monitor (+120% a unità), stampanti (+68%), notebook (+62%) e tastiere (+61%) nei cinque Paesi europei considerati. Le webcam sono il prodotto che ha registrato il picco di vendite più elevato (+297%).
Anche il comparto del gaming ha registrato trend positivi: le console sono cresciute del +259% in Gran Bretagna, del +139% in Germania, del +132% in Francia, del +108% in Spagna e del +65% in Italia. In aumento anche le vendite di pc portatili per il gaming: +33% in Italia e +92% in Spagna.
Quasi tutte le regioni italiane (ad esclusione di Friuli Venezia Giulia, Molise e Calabria) si sono attrezzate per utilizzare 89 app per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Lo rileva il rapporto settimanale dell’Alta scuola di economia e management dei servizi sanitari dell’Università Cattolica secondo cui si tratta di soluzioni di telemedicina che hanno l’obiettivo di monitorare e assistere i pazienti anche a distanza che si ritrovano in isolamento domiciliare e possono aver contratto il coronavirus o che soffrono di altre patologie.
Complessivamente, le difficoltà connesse all’emergenza Covid–19 stanno portando ad una proliferazione di applicazioni a livello regionale. La varietà di soluzioni presenti dimostra una frammentazione per ogni singola località o azienda sanitaria: secondo lo studio, nel lungo periodo, l’obiettivo sarà ridefinire le soluzioni da adottare e accelerare ulteriormente l’introduzione di soluzioni innovative, riducendo il numero di app disponibili.
[DATA TRACING]
Fare chiarezza sull’app Immuni. È questo l’obiettivo del Copasir secondo cui ci sono «implicazioni tra la sicurezza della Repubblica e la persistenza dell’emergenza del coronavirus». In proposito il comitato «ha deciso di intensificare le proprie convocazioni e il ciclo delle attività connesse».
Nel dettaglio, ha affermato il presidente Raffaele Volpi, il Comitato per la sicurezza della Repubblica intende approfondire la questione dell’app Immuni «sia per gli aspetti di architettura societaria sia per quanto riguarda la gestione dell’applicazione», ritenendo che si tratti di materia afferente alla «sicurezza nazionale».
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L’app Immuni per il tracciamento dei contatti seguirà un modello più protettivo della privacy (“decentralizzato”) così come hanno voluto Google e Apple (in caso contrario ci sarebbero stati probabilmente dei malfunzionamenti con i rispettivi sistemi operativi).
Nel dettaglio il modello decentralizzato prevede che i cellulari generino al proprio interno un codice identificativo anonimo da scambiare poi ogni volta che entrano in contatto (via bluetooth). Invece, nel modello centralizzato (quello finora adottato da molte app europee e dall’attuale beta di Immuni) i codici sono generati dal server (e non dai dispositivi).
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La tecnologia di tracciamento dei contatti Covid-19 di Apple e Google verrà rilasciata agli sviluppatori il 28 aprile, settimane prima rispetto a quanto dichiarato inizialmente dalle due aziende. Sarà basata su Bluetooth e integrata in iOs e Android, e servirà per tracciare i contatti nel tentativo di fornire ai governi uno strumento utile a ridurre la diffusione del virus. A renderlo noto è stato Tim Cook durante una videoconferenza con il commissario UE per il Mercato Interno Thierry Breton.
Dopo le polemiche e i dubbi sull’app Immuni, è intervenuto il presidente del Garante Privacy Antonello Soro secondo cui «il fondamento di questo sistema dovrà essere la fiducia».
Secondo il Garante, inoltre, perché sia raggiunta una percentuale molto alta di adesione non potrà esserci improvvisazione da parte delle Regioni, dei Comuni o province. Per una mappatura efficace dei contagi sarà necessario che «questa tecnologia sia diffusa nel Paese e che ce ne sia una, gestita in una regia dell’autorità pubblica che sia in grado essere molto trasparente e controllabile».