Quella causata dal coronavirus è una situazione di cui non si riesce a prevedere la fine: l’emergenza che sta già duramente mettendo alla prova diversi settori dell’economia globale, avrà delle ricadute non trascurabili anche per l’economia italiana e soprattutto per le eccellenze del Made in Italy.
Qualche giorno fa l’Ocse, nel suo Interim Economic Outlook, ha rivisto a ribasso le stime del Pil italiano nel 2020, registrando una crescita pari a zero (contro il +0,4% stimato inizialmente). L’Organizzazione ha anche ridotto le stime di crescita del Pil globale, portandole a +2,4% (contro il 2,9% di novembre 2019), stimando che il Coronavirus, rispetto alla Saars, avrà un impatto maggiore sull’economia globale poiché oggi la posizione geopolitica della Cina è di gran lunga più rilevante rispetto al 2002 (anno in cui si è manifestato appunto il virus).
Il trend negativo viene confermato anche dalle stime di Standard & Poor’s che ha ridotto a metà le sue previsioni sulla crescita dell’area euro (da +1,0% a +0,5%), affermando che «l’Italia subirà un impatto negativo superiore alla media, pari a circa – 0,7%)».
Per l’Italia, dunque, la recessione sembra essere ormai una certezza. A confermarlo è anche l’Indagine rapida sulla produzione industriale a cura del Centro Studi Confindustria pubblicata lo scorso 3 marzo, secondo cui «l’espandersi dell’emergenza coronavirus interviene in un contesto di estrema debolezza dell’economia italiana, già sull’orlo della recessione. Adesso questo rischio si materializza: il Pil è atteso in calo già nel primo trimestre e vi sono elevate probabilità di una caduta più forte nel secondo».
Del resto, già alcuni dei principali settori del Made in Italy delle principali eccellenze italiane nel mondo stanno iniziando a subirne gli impatti: si pensi, ad esempio, al turismo (secondo Confturismo-Confcommercio nei prossimi tre mesi nelle strutture ricettive ci sarà un calo di oltre 31,6 milioni di presenze con una perdita stimata di 7,4 miliardi) e al settore della moda (secondo la Camera di Commercio di Milano la Cina è l’ottava destinazione dell’export del fashion italiano; si stima, inoltre, un calo dell’export fra -0,5% e -1%).
E per quanto riguarda il mercato digitale cosa dovremmo aspettarci?
Prima dell’emergenza Coronavirus, The Innovation Group aveva stimato per il 2020 una crescita del mercato digitale compresa tra l’1,6% e l’1,2% a fronte di un aumento del Pil tra lo 0,3% (analisi della Commissione Europea) e lo 0,6% (stime Istat e obiettivo del Governo).
Adesso, invece, considerati gli ultimi dati diffusi, è ipotizzabile una revisione al ribasso anche delle stime del mercato digitale. Del resto, secondo le analisi di The Innovation Group, il mercato digitale e il Pil hanno un carattere ciclico tale per cui i tassi di crescita del mercato digitale decrescono più che proporzionalmente al decrescere del Pil e viceversa. Se così fosse nel 2020 il mercato digitale italiano potrebbe crescere al di sotto dei livelli del 2019 (+1,4%).
Al di là delle stime di crescita del mercato, va comunque precisato che l’isolamento di migliaia di persone e il conseguente ricorso allo smart working (piattaforme di video e conference call, gestione di documenti in cloud) e agli acquisti in e-commerce ha senz’altro fatto percepire come indispensabile uno strumento dal potenziale (almeno finora) parzialmente inespresso.