N. Febbraio 2020
a cura di Vincenzo D’Appollonio
Partner, The Innovation Group
Il Fondo Monetario Internazionale, aggiornando il suo Global Economic Outlook, presentato a Davos in occasione del World Economic Forum di gennaio, taglia ancora, rispetto allo scorso ottobre, le prospettive di crescita a livello globale, che salirà dal 2,9% del 2019 al 3,3% nel 2020 e al 3,4% nel 2021. Una correzione al ribasso dello 0,1% per il 2019 e il 2020 e dello 0,2% per il 2021. Le previsioni sull’Italia sono stabili, ma per l’anno che si è appena concluso la correzione è rivista in positivo nel nuovo rapporto: invece di crescita zero, come stimato a ottobre, il Fmi stima che il Pil italiano sia aumentato dello 0,2% nel 2019, contro un aumento dello 0,8% nel 2018, mentre le proiezioni indicano +0,5% per il 2020 e +0,7% nel 2021.
Dati che fanno comunque mantenere al nostro Paese l’ultimo posto per crescita nella Ue in entrambi gli anni, almeno nei confronti di Germania, Francia e Spagna. Un modo per capire le ragioni di questa performance così deludente è quello dell’analisi della produttività, essendo quest’ultima correlata positivamente alla crescita.
La produttività viene scomposta nelle sue componenti principali: produttività del lavoro, produttività del capitale ed “energia del sistema”, nota, in letteratura, come produttività multifattoriale. L’Energia del Sistema misura il contributo alla crescita derivante da pratiche manageriali, digitalizzazione, regolamentazione e ambiente economico, ed è stata individuata come la principale causa di ritardo rispetto alle imprese dei principali paesi europei.
Migliorare la produttività e l’efficienza produttiva in un contesto economico di costante riduzione dei prezzi di vendita è essenziale per tutelare la competitività delle nostre aziende: oggi infatti le aziende devono affrontare mercati altamente competitivi in termini di velocità e dinamica del prezzo, con richieste sempre più frequenti di prodotti nuovi e/o personalizzati che generano crescenti complessità di gestione.
Questo fa sì che la domanda risulti più incerta e meno prevedibile rispetto a quanto avveniva in passato, comportando così una difficile stabilizzazione dei processi produttivi in termini di efficienza e di contenimento dei costi.
È chiaro che la competitività passa prima dalla definizione di una corretta strategia ma è poi necessario lavorare per ottimizzare i processi operativi e la flessibilità, entrambi elementi indispensabili nel contesto attuale. Queste metodologie organizzative sono indipendenti dal livello tecnologico presente in azienda, perché permettono di sfruttare al meglio le risorse produttive coinvolgendo anche e soprattutto il personale aziendale.
La strada della managerializzazione e dello sviluppo dell’Energia del Sistema, nelle sue declinazioni “dei Talenti, della Conoscenza, Digitali, Manageriali”, va assolutamente perseguita per la crescita e il futuro delle imprese. L’innovazione tecnologica non è efficace se manca innovazione nei modelli di gestione operativa dell’Azienda.
Nelle nostre attività di consulenza direzionale per le PMI lombarde stiamo notando come le Piccole e Medie Imprese che hanno già investito in progetti di formazione interna del proprio personale aziendale per lo sviluppo del cosiddetto Management Collaborativo, cioè di “modelli partecipativi per il governo operativo dell’azienda”, stiano oggi raccogliendo i primi frutti in termini di risultati di Business: non smetteremo mai di ribadire che la valorizzazione del capitale umano è il vero motore della competitività.
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