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UNA VISIONE CHE VA OLTRE LA POLITICA

N.  Febbraio 2020
        

a cura di Roberto Masiero 
Presidente, The Innovation Group 

Il Ministro Paola Pisano ha presentato gli obiettivi che guideranno il suo dicastero, con l’ambizioso titolo di “Piano Nazionale dell’Innovazione 2025”. Il commento dell’analista.

ll titolo era ambizioso: parlare di un Piano Nazionale per  l’innovazione addirittura al 2025 (un piano quinquennale di questi  giorni? Un brivido, si affacciano rimembranze lontane del Gosplan sovietico…) è di per sé coraggioso. Parlarne in un momento in cui la stabilità del governo pare una sfida quotidiana è quasi temerario. E tuttavia il Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione Paola Pisano ha accettato la sfida (chapeau). Il 17 dicembre scorso a Roma, dopo il saluto istituzionale del Presidente Conte, Luca Attias, al termine del suo percorso come Commissario Straordinario per l’Agenda Digitale, ha rivendicato il carattere irreversibile delle trasformazioni introdotte nel periodo del Team della Trasformazione Digitale. Paola Pisano ha riassunto invece le attività avviate nei primi tre mesi: apertura del recruiting per cento nuove posizioni, avvio di una cabina di regia con gli altri ministeri, promozione dell’AI Ethical Lab, impegno alla formazione con i partner di “Repubblica Digitale”, avanzamenti sostanziali con Anpr e PagoPa. Ha quindi introdotto il tema del futuro, prendendo il 2025 come riferimento. Tre le sfide: la digitalizzazione della società, l’innovazione del Paese, lo sviluppo della tecnologia etico e sostenibile. “Nel 2025 l’innovazione viene gestita come una manovra strutturale politica”, ha affermato Pisano, prospettando un disegno integrato e un’azione sinergica delle imprese e del governo per vincere queste tre sfide. Il Ministro ha ampiamente sviluppato la visione utopica di un “Paese digitale realizzato” nel 2025, esaltando tutte le possibili sinergie positive necessarie per renderla possibile. Ha quindi descritto un percorso che dovrà essere ampiamente partecipato, con nove obiettivi e le prime venti azioni che sono state identificate. Alcune di queste sono state esemplificate: una sola identità digitale per ogni cittadino (veramente sono più di vent’anni che questo obiettivo è stato proposto, speriamo che sia la volta buona; d’altronde, se in India sono riusciti a fornire in pochi anni un’unica identità digitale a un miliardo di cittadini, forse entro il 2025 potremmo farcela anche noi); garantire il diritto a innovare, favorendo lo sviluppo delle tecnologie disruptive; trasformare i nostri borghi in luoghi di attrazione tecnologica; diffondere la biodiversità naturale; educare all’Intelligenza Artificiale; includere la popolazione over 65 (chi più soffre delle disuguaglianze sono gli anziani, che hanno difficoltà a raccogliere l’informazione in un momento in cui le edicole chiudono e l’informazione cartacea è sempre meno disponibile, quindi  la proposta è portare i tablet agli anziani e aiutarli a usarli attraverso dei volontari). Attraverso quali fondi dovrebbero essere realizzati questi obiettivi? Enrico Resmini, direttore del Fondo Nazionale per l’Innovazione, ha espresso l’esigenza di far compiere un salto al venture capital in Italia e di convincere le aziende ad aprirsi all’Open Innovation, facilitando la “fertilizzazione incrociata” fra startup e aziende. Roberto Viola, direttore generale di Dg Connect, ha infine sottolineato la necessità di accelerare l’innovazione digitale in Italia come condizione per lo sviluppo complessivo dell’Europa, con le sue priorità per il cambiamento climatico (Green Deal) e la trasformazione digitale.

 

Pregi e difetti del Piano Nazionale per l’innovazione

Innanzitutto, non si tratta tecnicamente parlando di un vero e proprio Piano ma di una visione, di una prima definizione di obiettivi e di alcune indicazioni di metodo per raggiungerli. Non ci sono invece obiettivi quantitativi, tempi entro cui dovrebbero essere raggiunti e metriche con cui misurarli. Detto ciò, rispetto all’angustia di visione che caratterizzava la precedente amministrazione, siamo in un altro mondo: Paola Pisano ha avuto il coraggio di gettare il cuore oltre l’ostacolo, di disegnare una visione che sfida la precarietà del Governo in cui si colloca per delineare un sistema di obiettivi a medio-lungo termine con cui il Paese dovrà comunque misurarsi. Un Piano richiede di effettuare scelte di priorità per utilizzare nel modo più efficace risorse comunque scarse. Nove obiettivi e venti azioni vanno bene per mobilitare gli animi ed esortare all’azione, ma sono troppi e soprattutto non si capisce quali investimenti richiedano e quali ritorni ci si attendano.

E allora probabilmente, invece di chiedere di aggiungere altre azioni, si tratta di scavare e di scegliere.

Poi, la prima priorità è quella di uscire dal vago in merito alle risorse, e innanzitutto capire quali mezzi finanziari siano richiesti, come potranno essere resi disponibili e in che tempi. Il Documento afferma che “L’attuazione della strategia si basa anche sull’utilizzo di diversi fondi di finanziamento, in particolare: fondi destinati all’innovazione nella manovra di bilancio; fondi non ancora impegnati, afferenti a programmi nazionali e europei (per esempio Fondi Pon, Pon gov, Fondi di Coesione); fondi già disponibili o di nuova programmazione grazie a una rinnovata collaborazione con il dipartimento della funzione pubblica”. Benissimo: quanti, come e quando, specie parlando di una pianificazione a cinque anni, che dovrà impegnare presumibilmente anche altri successivi governi? Inoltre, nel documento praticamente non si parla di politiche industriali. L’ innovazione digitale e la competitività internazionale del Paese possono essere trainate soltanto dal dinamismo del sistema delle imprese, e questo va favorito attraverso L’auspicio dell’integrazione

Abbiamo già imparato ad apprezzare l’ansia di inclusione con cui il Ministro Pisano intende rompere i silos e i centri di potere che finora hanno bloccato il processo di innovazione della Pubblica Amministrazione nel nostro Paese. Ma continuiamo a mettere in guardia contro il proliferare di comitati trasversali, nei quali l’innovazione rischia di sfarinarsi e riemergono i particolarismi e l’innovazione viene sempre più depotenziata. E poiché il Ministro crede fortemente nella sua visione, agisca con polso fermo come un vero “czar digitale”, promuovendo l’integrazione ma non permettendo che la sua iniziativa rischi di sprofondare nella proliferazione dei comitati e dei tavoli di lavoro. E con questo, i nostri migliori auguri di buon lavoro al Ministro Paola Pisano e al suo team.

 

Questo articolo è uscito anche sul numero 41 di Technopolis, periodico mensile edito da Indigo Communication Srl 

 

 

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