Durante l’ultima seduta di borsa di novembre, seppur solamente per qualche minuto, Microsoft ha superato Apple come azienda più valutata al mondo per capitalizzazione di mercato. In un’era caratterizzata da rapidi cambiamenti e da frequenti imprevisti, il verificarsi di ciò che non avveniva dal 2002 testimonia l’importanza della resilienza, della diversificazione e della visione di lungo periodo nei grandi gruppi quotati.
Come già affrontato in un precedente articolo, infatti, oltre il 60% dei ricavi di Apple deriva da un solo prodotto, l’iPhone, un bene la cui performance è strettamente dipendente dalla fiducia del consumatore finale. Al posto che puntare tutto su un brand e su un prodotto materiale, Microsoft ha invece da tempo ha concentrato i propri sforzi su molteplici fronti e soprattutto sui servizi B2B: la composizione dei ricavi è appunto fortemente diversificata tra Office, Cloud, Windows, XBOX, Surface e Advertising e ciò garantisce una maggiore resilienza, specialmente in un periodo in cui la vendita di dispositivi hardware sembra avvicinarsi al punto di saturazione e l’advertising sta rallentando per evidenti motivi. Proprio a tal proposito, il CEO di Microsoft Satya Nadella ha recentemente criticato il modello di business di Facebook e Google perché incentrato sull’esclusiva monetizzazione della privacy dei clienti.
Al giorno d’oggi, un’offerta basata principalmente sulla fiducia dei consumatori o sull’eccessiva invasione della loro privacy non può costituire una garanza, mentre l’offerta basata sulle vere necessità dei propri clienti si qualifica come fonte di ricavi più sicura anche in ottica di lungo periodo. Il cloud per esempio è un mercato che cresce in doppia cifra ogni anno grazie alle esigenze concrete di tutte le imprese che vogliono ridurre i costi dell’IT, renderlo più sicuro e più facilmente gestibile. Microsoft, che già detiene circa un terzo della quota di mercato con Azure, non può che aspettarsi un futuro roseo da questo punto di vista.
A questo punto diventa di fondamentale importanza la visione del mondo che questi colossi propongono, che necessariamente viene poi tradotta in ciò che offrono sul mercato. Sicuramente la pretesa di creare un monopolio globale dell’advertising basato sul numero di utenti, sul tempo da essi speso online e sulla loro profilazione (Google e Facebook) è una visione che oggi viene messa in discussione non solo dai media o dalla società civile, ma anche dal mercato. Allo stesso modo il modello Amazon sta registrando alcune prime resistenze a livello delle comunità locali e tra i grandi regolatori, mettendo quindi in guardia gli investitori.
Anche Microsoft per certi versi è contraddittorio nel suo operato, spaziando tra la vendita di occhiali a realtà aumentata per l’esercito americano e l’investimento in intelligenza artificiale per scopi umanitari, per la gestione delle emergenze, la difesa di bambini, rifugiati e sfollati, e la promozione dei diritti umani. Tuttavia, l’avere i piedi in più scarpe consente a Microsoft di non essere considerata come quell’azienda che vuole imporre la propria visione del mondo e che, anzi, costruisce la propria identità in base alle varie iniziative che mette in campo e ai servizi che sviluppa nel corso del tempo.
Nonostante gli ultimi due mesi possano essere stati solo una deviazione per i big player che smentirebbe la riflessione qui prodotta, ciò dovrebbe quantomeno far riflettere sull’importanza della visione di lungo periodo anche in chiave strategica. Quel che è certo è che, per il momento, l’esperienza del player da più tempo sul mercato si sta rivelando vincente.