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Gig economy, nuovo “trend” dell’Industria 4.0

Lavoro 4.0, smart working e quarta rivoluzione industriale sono solo alcuni dei cambiamenti in atto resi possibili dalla digital trasformation e che stanno portando a un nuovo modo di “concepire” il lavoro. L’ultima novità è la gig economy, il “nuovo” lavoro occasionale.

Il termine “gig economy” viene utilizzato per definire alcune tipologie di lavoro, diverse da quelle tradizionalmente intese, svolte dai cosiddetti “giggers”, lavoratori autonomi che operano per aziende operanti nel mercato digitale. Dal momento che molto spesso questa “nuova” economia rappresenta lavoratori freelance o con contratti a breve termine, l’espressione viene identificata con il termine “lavoretti” (gig) o “economia dei lavoretti”.

Fanno parte della categoria anche i “riders”, i fattorini che si occupano della consegna a domicilio da parte di piattaforme di food delivery come Deliveroo e Foodora, veri e propri giganti digitali che attraverso sito internet o app permettono l’incontro tra ristoranti e clienti.

La gig economy è, ormai, un fenomeno in ascesa, a tal punto che proprio di recente il Ministro del Lavoro Luigi Di Maio, con il Decreto Dignità, ha manifestato l’intenzione di introdurre tutele e diritti anche per i giggers.

C’è, tuttavia, da chiedersi fino a che punto sia conveniente “legittimare” un fenomeno che, oltre a comportare cambiamenti socio-culturali significativi, potrebbe del tutto modificare i meccanismi di funzionamento del tradizionale modello lavorativo.

Oltre al fatto che nell’era della gig economy si lavora on demand, su richiesta, il tema pone una serie di questioni rilevanti che riguardano innanzitutto la protezione dei lavorati, privi di qualsiasi tutela di tipo sanitario, retributivo, della sicurezza o circa gli orari di lavoro. C’è da considerare, inoltre, anche valutazioni di tipo etico: molto spesso, infatti, i fattorini sono costantemente monitorati, così che la piattaforma di riferimento possa seguirli in ogni loro mossa.

Se da una parte, dunque, l’economia del lavoretto rappresenta un nuovo modo, innovativo, di pensare al lavoro, dall’altra sta sollevando una serie di domande circa il futuro: c’è, infatti, chi ritiene che questa nuova “era” possa comportare la cancellazione di numerosi posti di lavoro, nonché la “svalorizzazione” di molte tipologie di lavoratori. Altri, invece, guardano ai cambiamenti in modo positivo, ritenendo che la gig economy sia una nuova chance per tutti i lavoratori del futuro e in quanto tale è importante che vi sia una regolamentazione giuridica appropriata; in questo senso alcune città italiane come Roma, Milano e Bologna hanno promosso dei tavoli di lavoro per discutere su diritti, tutele e sicurezza dei riders. A Bologna, in particolare, è stata firmata la “Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano”, mentre nel Lazio la giunta regionale ha approvato la prima norma italiana a tutela di lavoratori giggers.

Insomma, un tema controverso che vede molte posizioni contrapposte: è il solito dibattito tra chi è a favore dell’innovazione tecnologica, ritenendo che questa crei nuove opportunità, specialmente in ambito lavorativo, e chi, invece, parla di disoccupazione tecnologica.

Che l’innovazione tecnologica avesse ridefinito l’organizzazione lavorativa era abbastanza noto, bisognerà, tuttavia, comprendere quali saranno gli sviluppi futuri. Per il momento bisogna solo abbracciare il cambiamento.