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Scenari di trasformazione ed evoluzioni in corso nell’Automotive

N.  Aprile 2018
        

a cura di Elena Vaciago 
Associate Research Manager, The Innovation Group

 

Intervista a con Josef Nierling, Amministratore Delegato di Porsche Consulting.
L’innovazione nel mondo Automotive parte oggi dal presupposto che il veicolo è connesso. Alcuni car maker stanno accelerando su questi temi e stanno quindi sviluppando nuovi servizi legati al veicolo o con altri partner dell’ecosistema. Come cambiano i modelli di business e quali saranno le trasformazioni nell’industria Automotive? Ne parliamo in questa Intervista con Josef Nierling, Amministratore Delegato di Porsche Consulting, società del Gruppo Porsche che, capitalizzando l’esperienza interna al Gruppo, conduce progetti di trasformazione digitale in settori diversi.

 

Connected Car, Autonomous Car: oggi l’industria automotive si pone obiettivi di innovazione molto sfidanti. Quali sono i principali trend che come Porsche Consulting osservate sul mercato internazionale?

Il settore automotive ha 3 macro tendenze globali da affrontare: la prima è quella della motorizzazione elettrica, di una nuova generazione di prodotti full electric che avranno ampia autonomia e tempi di carica paragonabili all´attuale rifornimento di carburante. Porsche, ad esempio, ha annunciato di recente un piano da 6 miliardi di euro da qui al 2022 per nuovi veicoli elettrici e ibridi plug-in, raddoppiando i precedenti investimenti. Il secondo trend è quello dell´offerta di servizi aggiuntivi consentiti dalla connettività dei nuovi prodotti: per abilitarli, Porsche ha di recente testato e sta ora introducendo sulle macchine Porsche Panamera la tecnologia blockchain, che consente l´accessibilità ai veicoli, anche temporanea a terzi, in tutta sicurezza. Il terzo macro trend fondamentale a cui dobbiamo fare riferimento è quello della forte urbanizzazione e delle esigenze di sostenibilità ambientale, che porta alla diffusione dei nuovi modelli di shared mobility.

Oggi l’innovazione nel mondo Automotive parte dal presupposto che il veicolo è connesso. Alcuni car maker stanno accelerando su questi temi e stanno quindi sviluppando nuovi servizi legati al veicolo o con altri partner dell’ecosistema. Altro esempio, Audi collabora con Amazon e DHL per permettere a questi di accedere al cofano delle auto dei clienti, per un delivery dei pacchi direttamente nell’auto. In generale, c’è il proposito di fare diventare l´automobile il prossimo oggetto intelligente dopo lo smartphone, abilitarlo a nuovi servizi, sia di mobilità intelligente, come servizi di booking del parcheggio o di ricerca del miglior prezzo della benzina, o anche di concezione slegata dalla mobilità, come l’accesso alla casa e agli elettrodomestici.

In questo percorso, le case automobilistiche puntano a fare del veicolo sempre di più un oggetto che si affianca alla persona e permette di fare nuove cose, per cui diventa prioritario conoscere il cliente, gestire l’id cliente invece della targa dell’auto, per offrirgli nuovi servizi, puntare alla migliore customer experience e legarlo a un nuovo ecosistema. Insomma, noi ci focalizziamo sulla generazione di valore per il cliente durante lo spostamento, e ci siamo accorti nel nostro lavoro di consulenza in altri settori che questo approccio è di grande ispirazione, ad esempio per le aziende che offrono servizi legati alla “smart home”, quindi al valore per la persona durante la permanenza in casa.

 

Qual è oggi lo stato del mercato della Connected Car e degli scenari di mobilità?

Nella nostra analisi del mercato c’è oggi un’accelerazione sul tema della mobilità a guida autonoma: ad esempio il Gruppo Volkswagen ha dichiarato che nel 2020 avrà il primo modello di auto con elevata autonomia. È un percorso che le varie case automobilistiche in Europa stanno facendo per mantenere la competitività nei confronti dei nuovi player USA, per cui a breve saranno introdotti nuovi modelli. Il tutto in modo sinergico con gli altri obiettivi: ad esempio sempre il Gruppo Volkswagen ha lanciato un nuovo brand, MOIA, che propone un servizio di mobilità in modalità shared. In questo modo si risponde alle nuove esigenze legate all’urbanizzazione, mettendo a disposizione un servizio di mobilità simile a un taxi, che all’inizio sarà guidato da una persona ma in futuro sarà a guida autonoma.

La strategia del Gruppo Volkswagen prevede la trasformazione della società da produttore di automobili verso servizi di mobilità con varie configurazioni. I modelli  di mobility che oggi emergono sono quelli in sharing con veicoli guidati da personale (esempio: Uber) o il deposito del veicolo in strada, reso tracciabile e ricercabile dalle persone tramite connettività (esempio: Enjoy). Ma c’è un terzo scenario che emerge dalle nostre analisi di settore: flotta del car maker sempre in movimento con guida autonoma. Una possibilità che offre anche maggiore sinergia ed efficienza nella gestione del parco veicoli ed un ruolo primario del car maker.

Tra l’altro, negli sviluppi intermodali del futuro si potrà comprendere anche la mobilità verticale. A Dubai è già in corso un esperimento di mobilità verticale con droni a guida autonoma che si sta dimostrando interessante, per cui diversi player automotive lo stanno già studiando. Sembra uno scenario futuristico ma in realtà le case automobilistiche hanno intenzioni reali verso questa direzione. La mobilità verticale può funzionare con 2 logiche:

  1. Spostamento delle persone
  2. Facilitare la gestione logistica dei veicoli: se voglio essere un service provider di mobilità, devo gestire il parco veicoli, ricarica delle batterie, manutenzione, il tutto può essere agevolato da sistemi integrati terra-aria.

Il gruppo Volkswagen ha avviato una collaborazione con Airbus per studiare concetti di mobilità di questo tipo.

 

Considerando le numerose trasformazioni in corso, le sfide dell’urbanizzazione, della digitalizzazione e connettività, quale deve essere la strategia di cooperazione delle case automobilistiche all’interno di un più ampio ecosistema di attori che si affacciano al settore?

Prima di tutto, quando un car maker punta ad offrire al suo cliente servizi, siano essi legati alla mobilità o slegati (come può essere la delivery di un pacco), deve esser capace di creare e guidare un ecosistema di aziende cross-settoriale. Poi servono collaborazione di tipo tecnologico, e qui le possibilità sono principalmente due:

  • Avere degli incubatori presso le case automobilistiche dedicati ai nuovi sviluppi tecnologici che sfruttano anche l´open innovation per acquisire competenze di software, AI e di altre tecnologie abilitanti i nuovi servizi
  • Fare attività di M&A, ossia acquisire startup o anche aziende solide, in tutto o in parte, per accedere al loro know how tecnologico.

Fondamentale è capire per ogni azienda automotive quando ha più senso avere una collaborazione di tipo commerciale con un partner, quando invece possedere quote di controllo o quanto ancora sviluppare internamente la tecnologia. In altre parole, quale grado di integrazione serve per avere d’un canto tecnologie cutting edge, e dall’altro offrire soluzioni che rafforzino una unique value proposition nei confronti dei competitor. Alcune tecnologie saranno commodity, quindi poco differenzianti. Altre sono molto rilevanti per l´esperienza del cliente con il prodotto: ad esempio nel futuro sarà molto rilevante poter parlare facilmente con il “veicolo intelligente” per attingere a tutti i servizi offerti, quindi le tecnologie di riconoscimento del linguaggio naturale sono strategiche.

Partnership, open innovation, sono assolutamente fondamentali, ma il grado di integrazione dipende dal valore unico che voglio offrire sul mercato. Porsche per qualsiasi scelta parte sempre dalla brand proposition, ossia quali sono le caratteristiche differenzianti che contraddistinguono il brand. Quello che consigliamo è quindi di partire sempre dalla comprensione della propria proposizione strategica rendendola unica, e in coerenza con questa offrire i servizi e scegliere le tecnologie di supporto. Infine, non dobbiamo trascurare la collaborazione e l´evoluzione di tutto l´indotto di fornitura automotive. In Italia è un settore economico molto rilevante e, per rimanere competitivo, deve innovare accompagnando la trasformazione dei car maker di cui stiamo parlando.

 

Quali vedete essere i nuovi modelli di monetizzazione dei Big Data prodotti dalle auto digitalizzate e connesse?

La nostra prospettiva è che uno dei vantaggi competitivi dei car maker attuali è quella di avere già un patrimonio enorme da capitalizzare, che è la propria base clienti, oggi molto concentrata su pochi player. Adesso è il momento di sfruttarla per creare loyalty e mantenere il cliente legato al brand, come riescono i produttori di smart phone di successo. La proprietà del dato in sé rimane all’utente finale, che decide con chi eventualmente condividerlo, ad esempio con la compagnia assicurativa. Conoscendo interessi ed esigenze, i car maker potranno utilizzare l’interfaccia verso il cliente per offrirgli servizi personalizzati e fare del marketing individuale. Già oggi i veicoli raccolgono moltissime informazioni con cui è possibile migliorare la qualità del veicolo, capire il livello di usura di certe parti e offrire servizi aggiuntivi come la manutenzione.

 

Quali accorgimenti nel set up di questi nuovi servizi basati sui Big Data?

Il nostro suggerimento per qualunque player nel settore automotive è che ci sia un revenue management ben strutturato: servirà dotarsi di capacità di analisi dei dati per massimizzare i risultati, e un buon controlling della performance economica dei nuovi servizi, per intercettare e capire quanto fatturato aggiuntivo e quanta marginalità aggiuntiva questi servizi possono offrire, nonché adattare il modello di pricing nel tempo.

 

A livello internazionali quali sono i mercati più recettivi sul fronte di nuovi prodotti e nuovi servizi rivolti all’auto connessa?

I tre mercati che guidano la trasformazione sono gli Stati Uniti, il Nord Europa e la Germania in particolare, la Cina. In questi paesi si sta spingendo molto su tutti e 3 i driver di trasformazione dell’industria automotive. In Cina ci sono già 10 case automobilistiche che offrono macchine elettriche.

 

In Italia la diffusione dell’auto elettrica soffre un pò il problema del ritardo nella realizzazione di infrastruttura di ricarica necessaria: quali sono le priorità per il mercato italiano, per stare al passo su questi temi?

Siamo partiti lentamente, e tuttora sussiste un dubbio velato sul fatto che l’auto elettrica sia la scelta giusta o se carburanti alternativi come il metano possano essere la via. Ma oramai le case automobilistiche hanno virato sull’elettrico, il Gruppo Volkswagen entro due anni porterà 10 modelli sul mercato. Se tutto il mercato automotive va verso la mobilità elettrica, sarà difficile contrastarla con concetti alternativi in Italia. Sarebbe bene, anche per migliorare il parco auto esistente e i relativi impatti ambientali, agevolare l’introduzione della motorizzazione elettrica, come fanno altri Paesi europei: in Norvegia si sta spingendo molto le macchine elettriche con gli incentivi statali. Quindi servirebbe investire sia nella ristrutturazione della rete di distribuzione dei carburanti, sia avere un piano solido per la distribuzione della ricarica elettrica. Tenendo presente che ci sono tecnologie nuove che permettono di avere tempi di ricarica molto stretti, sotto i 15 minuti, con un’autonomia di 500 km.

 

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