02.02.2018

MIFID II: una ventata di trasparenza che rivoluzionera’ il mercato?

Il Caffè Digitale

N.  Febbraio 2018
        

a cura di Eleonora Porazzi
Junior Analyst, The Innovation Group  

 

Il 3 gennaio 2018 è entrata in vigore MIFID II, la tanto attesa direttiva europea relativa al mercato della consulenza sugli strumenti finanziari volta a garantire una maggiore tutela dei risparmiatori e degli investitori; tanta è stata l’attesa generata da questa nuova regolamentazione che modifica e ampia la sua versione precedente (MIFID I) e che alcuni vedono capace di rivoluzionare il panorama della consulenza finanziaria sotto molteplici punti di vista.

Per quanto riguarda i punti principali affrontati dalla normativa, dal lato dei costi, vi sarà più chiarezza e più dettaglio sui costi che l’investitore deve sostenere in quanto la direttiva impone l’obbligo di comunicare in maniera separata – il cosidetto “decoupling” – le varie voci dei costi del servizio di consulenza quali le commissioni di sottoscrizione, i costi di transazione e custodia, etc. e quelle dei costi del prodotto quali quelli di gestione, intermediazione, etc. Inoltre, la normativa prevede che venga spiegato per ogni voce di costo cosa si intende esattamente, in termini sia di valori assoluti che di valori percentuali.

Un’altra importante modifica riguarda quella che viene chiamata “product governance”: con questo termine si intende l’obbligo da parte dei consulenti di costruire un target market “positivo”, cioè il profilo del tipo di cliente per cui lo strumento finanziario è appropriato, e anche un target market “negativo”, cioè il tipo di cliente a cui lo strumento non va proposto. Questo è fortemente legato al processo di profilazione, che deve essere fatto ex ante sul cliente, il quale avviene tramite un questionario di profilazione indirizzato soprattutto a capire, oltre ai bisogni, agli obiettivi di investimento e alla conoscenza ed esperienza del cliente in materia di investimenti finanziari, la sua adeguatezza, propensione e tolleranza al rischio. I consulenti dovranno inoltre informare con report periodici a cadenza minima annuale i loro clienti sull’andamento dei costi degli strumenti e del loro portafoglio di investimenti in generale. Tutto questo viene effettuato al fine di formulare una proposta di investimento che sia più ottimale ed adeguata possibile al profilo del cliente.

La MIFID II stabilisce anche la “product intervention”, ossia la possibilità per le autorità nazionali (Consob e Banca d’Italia) e sovranazionali (ESMA, European Securities and Markets Authority) investite del compito di vigilanza del mercato finanziario di interrompere e/o limitare la distribuzione di particolari prodotti finanziari o depositi strutturati perché pericolosi per i risparmiatori o per tutelare il sistema mercato.

MIFID II prevede anche più sicurezza per i consumatori tramite modifiche in tema di formazione: per quanto riguarda i consulenti finanziari in materia di investimenti, le imprese si faranno carico di garantire che le persone preposte a queste attività siano in possesso delle competenze e conoscenze necessarie e cioè che abbiano svolto un percorso di formazione obbligatoria, rendendo così la qualificazione professionale ancora più alta. L’adeguamento a questo punto ha già causato nel nostro paese diversi ricollocamenti di personale e/o sessioni extra di formazione: questo è quello che è successo, ad esempio, a novembre 2017 in Poste Italiane dopo aver accertato che il 5% del personale non possedeva i requisiti formativi abilitanti all’esercizio previsti da MIFID II.

In termini di impatti “negativi” immediati, vi è quello dei costi di adeguamento della compliance alla normativa, stimati da Excellent Consulting in 0,7-0,8 Miliardi di Euro: questo processo, che è già iniziato l’anno scorso, procede lentamente in quanto le modalità da utilizzare per attuare i principi della normativa non sono ancora chiare, cosa che fa sì che molti istituti tengano un atteggiamento attendista in attesa dello sviluppo di best practices provenienti dal mercato. In aggiunta, per i motivi sopra illustrati, si è spesso parlato di un’alta pressione sui margini per l’industria data dall’aumento della concorrenza che si genera come risultato di una maggiore comparabilità dei prezzi dei servizi con una stima di diminuzione dei margini di circa 2,7-4,2 Miliardi. È da prevedere anche un possibile consolidamento del mercato, generato dalla necessità di far leva sull’economia di scala; l’industria dell’asset management sta cercando di far fronte a questa maggior competizione tramite una maggior efficienza e sempificazione dei prodotti di investimento, attuabile grazie ad un processo di razionalizzazione ed ottimizzazione dei cataloghi dei prodotti. A questo proposito, Excellence Consulting stima anche che la MIFID II, se opportunamente declinata, genererà nell’arco dei prossimi 5 anni fino a tra i 7-8,5 miliardi di ricavi aggiuntivi all’anno portando ad un saldo netto per il settore di circa 3,5 Miliardi. Nell’arrivare a questa stima, è stato considerato il caso analogo di UK e in Olanda. In UK in particolare nel 2013 una normativa molto simile chiamata Retail Distribution Review (RDR) ha visto il prezzo dei prodotti a risparmio gestito diminuire del 20%, mentre in Italia tale riduzione è stimata intorno  al 10-15%. Inoltre, alcuni esperti suggeriscono come, tramite una più accurata assegnazione del prodotto ed una sua maggiore comprensione e consapevolezza da parte del cliente, verrà in maggior misura percepito il valore aggiunto rappresentato dal servizio di consulenza, favorendo così una miglior relazione tra investitore e consulente e rendendo l’industria più “di qualità”. Un altro impatto positivo è la possibilità prevista dalla normativa di effettuare servizi di consulenza finanziaria che, in aggiunta ai ricavi ottenuti tramite il servizio di consulenza su base non indipendente, se ritenuti di valore dal cliente vengono remunerati: un esempio di tale servizio è un assessment dettagliato e altamente strutturato dei bisogni e degli obiettivi del cliente, con conseguenti sistemi di allarmistica congrui alle caratteristiche del cliente. In questo senso, molte realtà italiane, quali Fineco, MPS, Fideuram, Azimut e Credit Suisse, hanno già cominciato ad effettuare questi servizi di consulenza finanziaria a pagamento. Questa parte dovrebbe portare al mercato un gettito positivo di 4,5/5 miliardi di Euro all’anno (i quali si andranno a bilanciare con i gettiti positivi e negativi generati dalla normativa).

Un altro risvolto che viene segnalato come possibile dall’applicazione di MIFID II è quello verificatosi in UK con l’RDR, ovvero il cosidetto advice gap. L’advice gap consiste nell’incremento della differenza di fruizione dei servizi di consulenza finanziari a sfavore di clienti meno “affluent” dato dall’effetto combinato di due fattori: da un lato, una minore redditività che spinge i consulenti finanziari a non voler prestare i propri servizi a clienti con risorse limitate; dall’altro, il fatto che i clienti stessi sono meno disponibili a pagare. Queste considerazioni preoccupano ancor di più alla luce di dati che indicano come in Italia il tasso di famiglie che non si avvale di alcun tipo di consulenza finanziaria sia passato dal 26% nel 2009 al 40% nel 2014. Emerge dunque la necessità da parte delle autorità di gestire questo fenomeno e di prevenire potenziali effetti negativi tramite, ad esempio, una maggior educazione finanziaria dei cittadini.

Quello che invece la MIFID II farà con altissime probabilità è aprire la strada verso l’innovazione: questo perché molte realtà, alla luce dell’accresciuto livello di competizione e della pressione sui margini, si troveranno di fronte all’opportunità di innovare, cosa che può favorire la diffusione di nuovi strumenti e nuove tecnologie quali il robo-advisory e il robo-for-advisor.

Vi sono tuttavia degli aspetti che non sono ancora stati adeguatamente trattati né dalla normativa né in generale dal mercato: in primis vi sono i fenomeni dei big data, dei predictive analytics e dei nuovi servizi digitali per i clienti. In termini di esempi virtuosi per l’utilizzo dei Big Data, questi vanno ricercati soprattutto nel panorama finanziario anglosassone: ne sono un esempio Fidelity International e BlackRock. Ancora più importante, vi è la questione di più ampio respiro di come, facendo leva sul digitale, si possa arrivare a cambiare il modello di business sia degli asset manager (lato produzione) sia delle banche e società di risparmio gestito (lato consumo).

Questi temi ed altri ancora saranno al centro della Digital Investment Management Conference che The Innovation Group organizza il 22 febbraio 2018 al Fintech District di Milano.

 

 

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