N. Novembre 2017
a cura di Camilla Bellini
Senior Analyst, The Innovation Group
Molti analisti e opinionisti considerano il 2016 l’anno della svolta a livello globale del mercato della Realtà Aumentata (AR) e della Realtà Virtuale (VR). Questo perché, da un lato, è nel 2016 che hanno cominciato ad essere rilasciati sul mercato i primi visori VR, sia per pc e console (come ad esempio gli Oculus Rift o i Sony Playstation VR), sia per dispositivi mobili (come il Samsung Gear VR), che hanno trovato applicazione per lo più nell’ambito gaming; dall’altro, è l’anno in cui si è cominciato a parlare in modo più strutturato anche di visori AR, sulla spinta del lancio a gennaio 2015 degli HoloLens da parte di Microsoft, che offre ora sul mercato un modello per sviluppatori al prezzo (il “più economico”) di 3 mila dollari.
L’attenzione rivolta a questo mercato in particolare riguarda la componente hardware, quella che più è al centro dell’hype mediatico e delle esperienze “pilota” durante fiere, eventi o simulazioni. È in questo ambito che si susseguono gli annunci e l’interesse di investitori e aziende tech, benchè con il diffondersi di questa tecnologia cominci a crescere anche la rilevanza della componente software e di servizi connessi, dai sistemi operativi e dai software per la creazione di contenuti dedicati fino alle applicazioni specifiche e ai servizi di sviluppo. A questo riguardo, gli analisti di Citi, in un recente rapporto, hanno stimato che nei prossimi cinque anni il mercato del software e dei servizi legati all’AR supererà quello dell’hardware, diventando la principale linea di revenue e di differenziazione per le imprese.
La crescente rilevanza di questo mercato (con l’attuale enfasi sulla componente hardware) ha portato inoltre gli analisti a stimare per il 2017 un mercato dei visori VR a livello globale pari a 10 milioni di unità, in crescita a 30 milioni nel 2020 e a 40 milioni nel 2025: nel lungo periodo prevedono, inoltre, il raggiungimento di una situazione di equilibrio pari a 40 milioni di dispositivi venduti all’anno, con un prezzo medio inferiore ai 200 dollari (in altre parole, approssimando per eccesso, un mercato al massimo di 8 miliardi di dollari). Al contrario, per quanto riguarda il mercato dei visori AR, benché ad oggi questo sia ancora in fase prototipale e quindi difficilmente stimabile, si prevede che entro il 2020 varrà circa 17,8 miliardi di dollari, per arrivare nel 2025 a 120,2 miliardi. D’altra parte, è da notare che gran parte della crescita di questo mercato è prevista avvenire a discapito del mercato degli smartphone, dal momento che i dispositivi AR vengono visti come una estensione ed un’evoluzione dei principali dispositivi mobile oggi in uso (tra cui appunto smartphone e tablet). In questo senso, gli analisti di Citi prevedono l’aggressione del mercato degli smartphone da parte dei visori AR, che diventeranno l’interfaccia di interazione fisico-digitale con il mondo esterno e tra individui.
Ma sarà veramente così? Rinunceremo ai nostri smartphone per dei dispositivi che copriranno il nostro volto e avranno accesso alla nostra realtà fisica? E come cambierà quindi il panorama dei vendor e delle imprese che hanno fondato il loro business e la loro fortuna sui cellulari intelligenti?
Per valutare l’effettivo potenziale di impatto di queste tecnologie iniziamo a considerare i principali use case che oggi le riguardano. Indubbiamente tutto ha avuto inizio dal settore del gaming, che è da considerare il primo e vero driver di questo mercato: oggi i principali visori e applicazioni in ambito VR sono infatti rivolti al mondo dell’intrattenimento, mentre una gaming app come Pokemon Go ha smarcato nell’immaginario collettivo il concetto di realtà aumentata, dove il principale obiettivo del gioco è quello di catturare buffe creature immerse nell’”habitat naturale” del giocatore. Certo che, se il mercato della VR sembra essere per lo più destinato in un prossimo futuro a restare legato all’ambito dell’intrattenimento (o in alcuni casi alla simulazione di esperienze), il mercato della realtà aumentata si apre ad uno scenario più ricco: lo stesso Tim Cook ha infatti recentemente dichiarato di non credere particolarmente nel potenziale della tecnologia VR, mentre vede nella realtà aumentata la possibilità di amplificare le connessioni umane, in linea con quella che è la “mission” tacita della stessa Apple (basti pensare a come l’azienda di Cupertino sia riuscita a modificare negli ultimi 10 anni il concetto stesso di “connessione” grazie agli smartphone).
Oggi realtà nel settore dell’automotive (come ad esempio Ford, Audi, Volkswagen, Saab), nell’ambito dell’industria e delle costruzioni (come ad esempio Thyssenkrupp e Sellen) e nel retail (Lowe’s e IKEA) hanno introdotto la tecnologia AR per migliorare sia le operations (in altre parole, le attività di produzione, di controllo qualità, di ricerca e sviluppo, etc…) sia le attività di marketing e vendita, migliorando o ampliando la customer experience e l’efficacia delle campagne marketing. In questo senso, dunque, la tecnologia si propone come strumento che affianca gli individui e i lavoratori, facilitando lo svolgimento di attività e mansioni così come la comprensione dell’effettiva interazione tra oggetti e realtà circostante. In particolare gli use case più comuni riguardano il supporto nello sviluppo di task complesse, l’interazione e la comunicazione da remoto e la visualizzazione integrata di dati e informazioni relativi ad ambienti ed oggetti specifici.
Queste applicazioni, d’altra parte, non richiedono tutte l’utilizzo di visori dedicati, ma alcune vengono sviluppate per essere fruite tramite smartphone o tablet, integrando o amplificando funzionalità o servizi già esistenti: si pensi ad esempio all’applicazione sviluppata da IKEA che consente letteralmente di calare il catalogo prodotti dell’azienda all’interno dell’abitazione o dell’ufficio del potenziale acquirente, restituendogli una visione d’insieme e integrata di come ciascun prodotto può inserirsi nello spazio designato. In questo caso, ma d’altra parte in tanti altri, è difficile individuare ad oggi un’applicazione così disruptive che giustifichi la previsione che in un prossimo fututo i visori di nuova generazione prenderanno il posto degli smartphone. Inoltre, l’invasività di questi oggetti rispetto ad un elemento (il viso) che ha comunque spesso anche una forte valenza estetica, lascia ulteriormente dubitare sul potenziale di erosione del mercato degli smartphone da parte di questi dispositivi.
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