N. Maggio
a cura di Francesco Manca
Junior Analyst, The Innovation Group
Il settore dell’Artificial Intelligence (AI) comprende tecnologie in fase di sviluppo e con applicazioni concrete ancora limitate: tuttavia in esso si manifesta una grande fiducia a causa delle possibili imminenti potenzialità realizzative.
Le varie tecnologie coinvolte nel settore, la molteplicità di interessi, la già notevole articolazione dell’offerta, allo stato attuale rendono difficile definire gli ambiti del mercato AI.
Al momento, grazie alla numerosità ed alle potenzialità innovative, le startup rappresentano i principali player del mercato, anche se allo stesso tempo non sono assenti altri attori (basti pensare ad IBM con Watson o Microsoft con Cognitive Services). I prodotti e/o le soluzioni di AI in vendita possono poi essere personalizzate, on premise, vendute in piattaforme standard o possono essere realizzate internamente alle imprese.
Il mercato in fase embrionale e la sua complessità, unite alla difficile identificazione dei suoi confini, non consentono quindi un parere univoco sulla sua dimensione effettiva. Le principali ricerche che mirano a stimare le dimensioni del mercato AI sono contrastanti, presentando uno scenario piuttosto confuso: le previsioni entro il 2022 sono tra i 15 e i 48 miliardi di dollari con un CAGR compreso tra il 35% e il 60%.
Nell’ultimo decennio le imprese hanno incrementato gli sforzi investendo sui dati e le loro analisi, individuando i margini di miglioramento strutturale ed operativo a cui possono ambire. La crescente disponibilità di dati ha incentivato lo sviluppo delle tecnologie AI per la loro codifica ed analisi ed ha favorito i maggiori investimenti (e sviluppi) tra le tecnologie di machine learning che, essendo quindi le più mature ed utilizzate, sono state erroneamente identificate (soprattutto da parte della domanda) genericamente come AI, di cui invece sono solo una componente. Questa confusione ha provocato la concentrazione di gran parte degli investimenti e degli sviluppi sulle tecnologie di machine learning, limitando invece lo sviluppo di altre tecnologie intelligenti. Una prova di queste tendenze è l’associazione da parte dell’opinione pubblica del fenomeno AI con le tecnologie machine learning ed i big data, documentato in figura.
Il mercato con le maggiori prospettive è quello del machine learning con finalità di analytics, il quale però (anche se con grandi potenzialità) è ancora a livello di prototipo. Ad oggi invece hanno più successo soluzioni intelligenti che utilizzano tecnologie di machine learning per task di complessità più bassa, rivolti maggiormente all’assistenza al consumatore, come sistemi di chatbot o assistenti virtuali.
Il mercato italiano segue anch’esso questi trend ed alcuni operatori mostrano una generale fiducia nell’affermare che da quest’anno le aziende cominceranno a investire seriamente in ambiti AI. Nello scenario italiano soprattutto banche ed assicurazioni stanno investendo in AI, sia per soluzioni front end (assistenti virtuali) che back end (analytics e codifica/interpretazione di testi). Al contrario, altri settori come il manifatturiero, che per natura sarebbero un bacino potenziale per investimenti in AI (basti pensare alla robotica intelligente) e potrebbero sfruttare l’occasione degli incentivi dell’industria 4.0 per concretizzare tale opportunità, cominciano solo ora a manifestare i primi interessi.
Il maggiore ostacolo nel contesto italiano per l’utilizzo di soluzioni AI è identificabile con la difficoltà di creare un ecosistema florido per startup innovative. Il territorio difatti, a detta degli esperti, produce competenze tecniche-ingegneristiche in ambiti AI, ma è opinione comune che queste competenze preferiscano localizzarsi come startup in aree con la presenza di un ecosistema di conoscenze già ben avviato, come la Silicon Valley o Londra. La principale criticità, è la generale scarsa propensione italiana a fare investimenti in ricerca per soluzioni con tecnologie ancora immature che non garantiscono ritorni finanziari sicuri. Le maggiori imprese italiane preferiscono pertanto fare ricerca a basso costo, elaborando soluzioni già testate ed avviate da terzi, o sviluppando soluzioni “artigianali” internamente. Finché ci saranno tali problemi strutturali nel mercato degli investitori istituzionali verso le startup innovative, o visioni di investimento aziendale a breve termine, è lecito pensare che lo scenario AI italiano sarà in ritardo rispetto a quello degli altri paesi occidentali che farà totale affidamento a soluzioni importate dall’estero.
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