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“2018-2019: DAL GRANDE RESET ALLA GRANDE SFIDA.” – 2a parte

N.  Novembre 2018
        

a cura di Roberto Masiero 
Presidente, The Innovation Group 

 

Il Rapporto tra Pubblico e Privato

La capacità diffusa di riconoscere e promuovere l’innovazione, in un approccio intersettoriale che costringa tutti gli attori del sistema socioeconomico a fare i conti con interdipendenze e vantaggi comparati, è cruciale per una governance integrata dell’innovazione digitale del Paese.

L’importanza della dimensione territoriale e dell’operato delle amministrazioni locali per esempio è fondamentale in quanto è nei singoli territori che “accadono” i cambiamenti, è lì che meglio si apprezzano effetti e ricadute delle politiche pubbliche e l’intreccio necessario tra di esse (l’”intersettorialità”), ed è a questo livello che si compongono coalizioni di attori in grado di sviluppare e consolidare processi di innovazione: uno degli scopi fondamentali del governo dell’innovazione è riuscire a fare in modo che i territori si costituiscano in “attori collettivi” delle trasformazioni richieste, scopo che richiede innanzitutto consapevolezza e spazio di manovra.

Le politiche pubbliche basate su metodi tradizionali e calate dall’alto si rivelano spesso inefficienti e non consentono di raggiungere quella trasformazione culturale che sta alla base poi di una trasformazione digitale vera ed integrata.

È per tale ragione che da una parte comunque ci si aspetta che le politiche pubbliche nazionali proseguano nell’investimento infrastrutturale fornendo le basi per il futuro, ma dall’altra è nelle iniziative radicate nel territorio da parte delle amministrazioni locali che si deve ricercare la soluzione agli impedimenti che caratterizzano l’innovazione digitale nel Paese.

Due dati: nel 2016 il 32,3% di coloro che hanno provato ad assumere specialisti ICT ha riscontrato difficoltà o addirittura non è riuscito ad assumere. Nello stesso anno, solamente il 21,6% delle aziende ha investito nelle competenze digitali dei propri dipendenti.

Uno degli strumenti più efficaci ed economici (anche se di soft power) che le amministrazioni possono dispiegare a tal proposito sono campagne di sensibilizzazione, di informazione e di promozione che, elaborate secondo la chiave tematica del digitale, hanno la possibilità di contribuire positivamente alla formazione di una cultura digitale.

Lo sviluppo di relazioni, sinergie e conoscenza all’interno del tessuto locale e specialmente la coltivazione di un network tra imprese, scuole, università e amministrazione, costituirebbe la rivoluzione dal basso necessaria ad integrare e a dare nuovo vigore al processo di trasformazione digitale attualmente in corso.

 

La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione

All’interno stesso del settore pubblico la digitalizzazione si è compiuta in maniera diseguale, a seconda del tasso di resistenza alla trasformazione espressa dai diversi grandi verticali amministrativi. Così verifichiamo isole di eccellenza e diffuse arretratezze, settori efficacemente conquistati dall’ICT e altri che non ne sfruttano le potenzialità a causa di timori con tutta evidenza non infondati, ma alla fin fine governabili attraverso adeguate scelte organizzative, strategiche e perfino regolamentari.

Anche qui occorre fare della leva tecnologica un fattore trasversale di innovazione e reingegnerizzazione di tutte le principali funzioni pubbliche, evitando le disarmonie ancora evidenti.

Al contrario, troppo spesso la tecnologia è stata utilizzata in chiave di adeguamento alla tecnologia di processi, organizzazioni e logiche che sono rimasti quelli preesistenti; laddove la caratteristica principale che ha segnato, ormai da un decennio, il passaggio dall’e-government alla PA smart sta proprio nella capacità di interconnessione, nella forza disruptive degli strumenti a disposizione, nella potenzialità multiscopo della gran parte delle applicazioni anche più semplici che sarebbe possibile applicare a un vasto (e profondo) ripensamento dei processi amministrativi: come dimostrano alcuni casi internazionali che sono esposti nell’ultima parte di questo rapporto.

Di fronte al rischio di una divaricazione crescente tra isole di eccellenza digitale che vanno per conto loro e il “ventre molle” che caratterizza la maggioranza delle situazioni della Pubblica Amministrazione nel nostro Paese occorre uno sforzo di reale radicamento dell’innovazione e dell’orientamento al digitale sul territorio, sino ad oggi colpevolmente troppo a lungo rimandato.

E allora occorre procedere all’ implementazione del Piano Strategico Triennale e a finalizzare gli accordi di collaborazione con le Regioni come hub per il dispiegamento delle strategie di digitalizzazione sui territori.

E occorre iniziare da subito a insediare tavoli trasversali tra Ministeri per verificare l’opportunità di riposizionamento di funzioni e l’integrazione di processi, sfruttando appieno il potenziale di connessione e interazione delle tecnologie di ultima generazione; mappare le mille funzioni ancora refrattarie alla tecnologia o ferme a modelli di office automation da anni ’70.

Ma soprattutto occorre affrontare di petto il problema delle competenze digitali.

L’aumento dell’età media dei dipendenti della PA, che oggi supera i 50 anni, impone di affrontare con priorità il tema di immettere nel sistema risorse giovani con adeguata attitudine alle nuove tecnologie, all’interno di una strategia inclusiva che preveda anche la rigenerazione delle competenze di base delle persone più anziane.

Non si tratta di procedere ad assunzioni lineari generalizzate, ma di inserimenti mirati di persone qualificate. E nello stesso senso va la recente Circolare del Ministro Giulia Bongiorno per sollecitare la nomina dei Responsabili della Transizione al Digitale nelle PA (RTD), che assume una valenza strategica in vista della trasformazione digitale della PA, in considerazione della  “volontà del legislatore di ricondurre immediatamente al vertice dell’amministrazione la governance – intesa come attività di indirizzo, coordinamento e correlata responsabilità – della transizione del Paese al digitale, attraverso la realizzazione di servizi pubblici rivisitati in un’ottica che ne preveda la piena integrazione con le nuove tecnologie e non più la giustapposizione di queste ultime alle esistenti forme di organizzazione.” 

A questo proposito il “DDL Concretezza” prevede l’istituzione, presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, del “Nucleo delle azioni concrete di miglioramento dell’efficienza amministrativa”, una task force che agirà in supporto delle pubbliche amministrazioni per verificare l’applicazione delle disposizioni organizzative e per il miglioramento dei processi.

Infine il DDL prevede che si possa procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite di una spesa pari al 100% di quella relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente, con particolare attenzione all’assunzione di personale dotato di adeguati skill tecnologici.

 

Una PA che ponga il Cittadino al centro dei processi di Governance.

Come mettere il cittadino al centro dei processi di governance? Come utilizzare al meglio le tecnologie che abbiamo oggi a disposizione per raggiungere questo obiettivo e fare quindi di queste tecnologie un vero driver di cambiamento e innovazione per amministrazioni e governi?

Il punto di partenza  è il “governo con la rete” quindi un’amministrazione, un governo locale che sappia attivare e mettere a frutto l’interazione con i cittadini, che basandosi sull’open communication riesca a impostare priorità, decisioni e interventi recependo e mettendo in collegamento le informazioni che arrivano da una  un’infrastruttura  di rete , un vettore di comunicazione diffuso  (in una visione in cui i cittadini stessi diventano sensori, in quanto produttori di dati e informazioni).

Oggi le tecnologie sono tante e pervasive, ma non sempre ne vengono sfruttate le potenzialità in ottica di governance. Le tecnologie vanno avanti, i governi e le amministrazioni sono spesso bloccati su modelli e visioni superate, di tipo burocratico, che non possono rispondere alle attuali esigenze di cittadini e imprese. In un mondo in cui abbiamo sempre più a che fare con assistenti virtuali, realtà aumentata, intelligenza artificiale, blockchain, sistemi di informazione geografica, sistemi per l’analisi predittiva, governare e amministrare non può più ridursi al concetto di rispetto della norma e delle regole, ma deve andare oltre verso un sistema che mette al centro il cittadino. In questa visione il funzionario passa dal fare un lavoro di routine a svolgere un ruolo di problem solver, in grado di prendere decisioni rapidamente a fronte di una molteplicità di informazioni che arrivano da diverse fonti interne ed esterne. Informazioni che, incrociate e analizzate correttamente, consentono di prevenire i problemi piuttosto che reagire dopo che si sono verificati.

Questa piattaforma non può fare a meno di un uso pervasivo ed intelligente delle tecnologie che comporta un potenziamento e una razionalizzazione dell’infrastruttura tecnologica che permetta una trasformazione digitale basata su dati, informazioni e conoscenza condivisa. La piattaforma digitale è anche l’unica base su cui si possono credibilmente innestare la filiera di tutte le rifome.

La trasformazione digitale non è di per sé garanzia di openness né di collaborazione, ma ne è comunque fattore necessario perché, se correttamente intesa, abbatte i silos, appiana le asimmetrie informative, rende possibile l’accountability e la partecipazione consapevole alle decisioni, orienta trasparentemente le scelte, rende possibile la collaborazione orizzontale e una efficace comunicazione.

Per raggiungere questi obiettivi il ruolo dell’amministrazione pubblica è fondamentale, ma serve una  nuova PA, aperta al paradigma della open governance. Una PA fondata su un diverso ruolo rispetto al solo fornire servizi e autorizzazioni. Un ruolo che la porti ad essere piattaforma abilitante per una nuova collaborazione tra le diverse componenti della società complessa in cui viviamo.

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